Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81
Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.
(GU
n. 101 del 30-4-2008 - Suppl. Ordinario n.108)
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Vista la legge 3 agosto 2007, n. 123, recante: misure in tema di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la
riforma della normativa in materia;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164,
recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, recante
norme generali per l'igiene del lavoro;
Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, recante: attuazione delle
direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n.
88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti
da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma
dell'articolo 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante: attuazione
delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE,
99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti
il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il
lavoro;
Visto il decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, recante: modificazioni
alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, recante attuazione della
direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di
sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, recante attuazione della
direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute
da attuare nei cantieri temporanei o mobili;
Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle
associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11
della legge 29 settembre 2000, n. 300;
Visto il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge
14 febbraio 2003, n. 30;
Vista la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi
elettromagnetici);
Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187, recante attuazione della
direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute
relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni
meccaniche;
Vista la direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5
aprile 2006, concernente le prescrizioni minime di sicurezza e salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici
(radiazioni ottiche);
Vista la legge comunitaria 2006 del 6 febbraio 2007, n. 13 recante disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunita' europee;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257, recante attuazione della
direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute
relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici
(campi elettromagnetici);
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 6 marzo 2008;
Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori
e dei datori di lavoro;
Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, espresso nella riunione
del 12 marzo 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati
e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
1° aprile 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri del
lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle infrastrutture, dello
sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le politiche europee, della
giustizia, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'interno, della
difesa, della pubblica istruzione, della solidarieta' sociale, dell'universita'
e della ricerca, per gli affari regionali e le autonomie locali e
dell'economia e delle finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1.
Finalita'
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo
costituiscono attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, per
il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza
delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e
il coordinamento delle medesime in un unico testo normativo. Il presente
decreto legislativo persegue le finalita' di cui al presente comma nel rispetto
delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia,
nonche' in conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e
alle relative norme di attuazione, garantendo l'uniformita' della tutela delle
lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di eta' e alla
condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
2. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della
Costituzione e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11,
le disposizioni del presente decreto legislativo, riguardanti
ambiti di competenza legislativa delle regioni e province autonome, si
applicano, nell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato e con carattere di
cedevolezza, nelle regioni e nelle province autonome nelle quali ancora non sia
stata adottata la normativa regionale e provinciale e perdono comunque efficacia
dalla data di entrata in vigore di quest'ultima, fermi restando i principi
fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma , della Costituzione.
3. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi del presente decreto
sono effettuati nel rispetto dei principi del decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione
competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico
delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti
del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della
Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle diposizioni di legge modificate o alle
quali e' operante il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- Il testo dell'art. 76 della Costituzione e' il seguente:
«Art.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, al Presidente della Repubblica il
potere di promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi valore di legge e i
regolamenti.
- Il testo dell'art. 117 della Costituzione e' il seguente:
«Art. 117. La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle Regioni
nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha
legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato
con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di
Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato;
armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza;
sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione
delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione
del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa
locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia
amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Citta' metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informatico
statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e
locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a:
rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con
l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle
istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione
professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno
all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione;
ordinamento sportivo; protezione civile; Governo del territorio; porti e
aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della
comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;
previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione
dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita'
culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere
regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potesta'
legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,
riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potesta' legislativa in
riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello
Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro
competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti
normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi
internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di
procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalita' di
esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salva delega alle Regioni. La potesta' regolamentare spetta alle
Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Citta' metropolitane
hanno potesta' regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parita' degli
uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la
parita' di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il
migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi
comuni.
Nelle materie di sua competenza
- Il testo della legge 3 agosto 2007, n. 123 (Misure in tema di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la
riforma della normativa in materia), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10
agosto 2007, n. 185.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547
(Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), e' pubblicato nel
Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio 1955, n. 158.
- Il testo del decreto del Presedente delle Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164
(Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 1956, n. 78, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303
(Norme generali per l'igiene del lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 30 aprile 1956, n. 105, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (Attuazione delle
direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n.
88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti
da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma
dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 27 agosto 1991, n. 200, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle
direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE,
99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti
il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il
lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1994, n. 265,
supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla
disciplina sanzionatoria in materia di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 26 gennaio 1995, n. 21, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493 (Attuazione della
direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di
sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (Attuazione della
direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute
da attuare nei cantieri temporanei o mobili), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle
associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'art. 11 della
legge 29 settembre 2000, n. 300), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 19
giugno 2001, n. 140.
- Il testo dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300 (Ratifica ed
esecuzione dei seguenti Atti internazionali elaborati in base all'art. K. 3 del
Trattato sull'Unione europea: Convenzione sulla tutela degli interessi
finanziari delle Comunita' europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del
suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo
concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di
giustizia delle Comunita' europee, di detta Convenzione, con annessa
dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre 1996, nonche' della Convenzione
relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari
delle Comunita' europee o degli Stati membri dell'Unione europea, fatta a
Bruxelles il 26 maggio 1997 e della Convenzione OCSE sulla lotta alla
corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche
internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17
dicembre 1997. Delega al Governo per la disciplina della responsabilita' amministrativa
delle persone giuridiche e degli enti privi di personalita' giuridica), e' il
seguente:
«Art. 11 (Delega al Governo per la disciplina della responsabilita'
amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalita'
giuridica). - 1. Il Governo della Repubblica e' delegato ad emanare, entro otto
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto
legislativo avente ad oggetto la disciplina della responsabilita'
amministrativa delle persone giuridiche e delle societa', associazioni od enti
privi di personalita' giuridica che non svolgono funzioni di rilievo
costituzionale, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati di cui
agli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322,
322-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter, secondo comma, con
esclusione dell'ipotesi in cui il fatto e' commesso con abuso della qualita' di
operatore del sistema, del codice penale;
b) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati
relativi alla tutela dell'incolumita' pubblica previsti dal titolo sesto del
libro secondo del codice penale;
c) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati
previsti dagli articoli 589 e 590 del codice penale che siano stati commessi
con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o
relative alla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro;
d) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati in
materia di tutela dell'ambiente e del territorio, che siano punibili con pena
detentiva non inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla pena
pecuniaria, previsti dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1860, dalla legge 14
luglio 1965, n. 963, dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979, dalla legge 28
febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, dal decreto-legge 27 giugno
1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431,
dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, dalla legge
6 dicembre 1991, n. 394, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, dal
decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, dal decreto legislativo 17 marzo
1995, n. 230, dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive
modificazioni, dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, dal decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
372, e dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni
culturali e ambientali, approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.
490;
e) prevedere che i soggetti di cui all'alinea del presente comma sono
responsabili in relazione ai reati commessi, a loro vantaggio o nel loro
interesse, da chi svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione o di
direzione, ovvero da chi esercita, anche di fatto,
poteri di gestione e di controllo ovvero ancora da chi e' sottoposto alla
direzione o alla vigilanza delle persone fisiche menzionate, quando la
commissione del reato e' stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi
connessi a tali funzioni; prevedere l'esclusione della responsabilita' dei
soggetti di cui all'alinea del presente comma nei casi in cui l'autore abbia
commesso il reato nell'esclusivo interesse proprio o di terzi;
f) prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e dissuasive nei
confronti dei soggetti indicati nell'alinea del presente comma;
g) prevedere una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a lire
cinquanta milioni e non superiore a lire tre miliardi stabilendo che, ai fini
della determinazione in concreto della sanzione, si tenga conto anche
dell'ammontare dei proventi del reato e delle condizioni economiche e
patrimoniali dell'ente, prevedendo altresi' che, nei casi di particolare
tenuita' del fatto, la sanzione da applicare non sia inferiore a lire venti
milioni e non sia superiore a lire duecento milioni; prevedere inoltre
l'esclusione del pagamento in misura ridotta;
h) prevedere che gli enti rispondono del pagamento della sanzione pecuniaria
entro i limiti del fondo comune o del patrimonio sociale;
i) prevedere la confisca del profitto o del prezzo del reato, anche nella forma
per equivalente;
l) prevedere, nei casi di particolare gravita', l'applicazione di una o piu'
delle seguenti sanzioni in aggiunta alle sanzioni pecuniarie:
1) chiusura anche temporanea dello stabilimento o della sede commerciale;
2) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali
alla commissione dell'illecito;
3) interdizione anche temporanea dall'esercizio dell'attivita' ed eventuale
nomina di altro soggetto per l'esercizio vicario della medesima quando la
prosecuzione dell'attivita' e' necessaria per evitare pregiudizi ai terzi;
4) divieto anche temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione;
5) esclusione temporanea da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi,
ed eventuale revoca di quelli gia' concessi;
6) divieto anche temporaneo di pubblicizzare beni e servizi;
7) pubblicazione della sentenza;
m) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e l) si
applicano soltanto nei casi e per i tempi espressamente considerati e in
relazione ai reati di cui alle lettere a), b) c) e d) commessi successivamente
alla data di entrata in vigore del decreto legislativo previsto dal presente
articolo;
n) prevedere che la sanzione amministrativa pecuniaria di cui alla lettera g)
e' diminuita da un terzo alla meta' ed escludere l'applicabilita' di una o piu'
delle sanzioni di cui alla lettera l) in conseguenza dell'adozione da parte dei
soggetti di cui all'alinea del presente comma di comportamenti idonei ad
assicurare un'efficace riparazione o reintegrazione rispetto all'offesa
realizzata;
o) prevedere che le sanzioni di cui alla lettera l) sono applicabili anche in
sede cautelare, con adeguata tipizzazione dei requisiti richiesti;
p) prevedere, nel caso di violazione degli obblighi e dei divieti inerenti alle
sanzioni di cui alla lettera l), la pena della reclusione da sei mesi a tre
anni nei confronti della persona fisica responsabile della violazione, e
prevedere inoltre l'applicazione delle sanzioni di cui alle lettere g) e i) e,
nei casi piu' gravi, l'applicazione di una o piu' delle sanzioni di cui alla
lettera l) diverse da quelle gia' irrogate, nei confronti dell'ente
nell'interesse o a vantaggio del quale e' stata commessa la violazione;
prevedere altresi' che le disposizioni di cui alla presente lettera si
applicano anche nell'ipotesi in cui le sanzioni di cui alla lettera l) sono
state applicate in sede cautelare ai sensi della lettera o);
q) prevedere che le sanzioni amministrative a carico degli enti sono applicate
dal giudice competente a conoscere del reato e che per il procedimento di
accertamento della responsabilita' si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni del codice di procedura penale, assicurando l'effettiva
partecipazione e difesa degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale;
r) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e l) si
prescrivono decorsi cinque anni dalla consumazione dei reati indicati nelle
lettere a), b) c) e d) e che l'interruzione della prescrizione e' regolata
dalle norme del codice civile;
s) prevedere l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio
dello Stato, di un'Anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative irrogate
nei confronti dei soggetti di cui all'alinea del presente comma;
t) prevedere, salvo che gli stessi siano stati consenzienti ovvero abbiano
svolto, anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di controllo o
di amministrazione, che sia assicurato il diritto dell'azionista, del socio o
dell'associato ai soggetti di cui all'alinea del presente comma, nei confronti
dei quali sia accertata la responsabilita' amministrativa con riferimento a
quanto previsto nelle lettere da a) a q), di recedere dalla societa' o
dall'associazione o dall'ente, con particolari modalita' di liquidazione della
quota posseduta, ferma restando l'azione di risarcimento di cui alle lettere v)
e z); disciplinare i termini e le forme con cui tale
diritto puo' essere esercitato e prevedere che la liquidazione della quota sia
fatta in base al suo valore al momento del recesso determinato a norma degli
articoli 2289, secondo comma, e 2437 del codice civile; prevedere altresi' che
la liquidazione della quota possa aver luogo anche con onere a carico dei
predetti soggetti, e prevedere che in tal caso il recedente, ove non ricorra
l'ipotesi prevista dalla lettera l), numero 3), debba richiedere al Presidente
del tribunale del luogo in cui i soggetti hanno la sede legale la nomina di un
curatore speciale cui devono essere delegati tutti i poteri gestionali comunque
inerenti alle attivita' necessarie per la liquidazione della quota, compresa la
capacita' di stare in giudizio; agli oneri per la finanza pubblica derivanti
dall'attuazione della presente lettera si provvede mediante gli ordinari
stanziamenti di bilancio per liti ed arbitraggi previsti nello stato di
previsione del Ministero della giustizia;
u) prevedere che l'azione sociale di responsabilita' nei confronti degli
amministratori delle persone giuridiche e delle societa', di cui sia stata
accertata la responsabilita' amministrativa con riferimento a quanto previsto
nelle lettere da a) a q), sia deliberata dall'assemblea con voto favorevole di
almeno un ventesimo del capitale sociale nel caso in cui questo sia inferiore a
lire cinquecento milioni e di almeno di un quarantesimo negli altri casi;
disciplinare coerentemente le ipotesi di rinuncia o di transazione dell'azione
sociale di responsabilita';
v) prevedere che il riconoscimento del danno a seguito dell'azione di
risarcimento spettante al singolo socio o al terzo nei confronti degli
amministratori dei soggetti di cui all'alinea del presente comma, di cui sia
stata accertata la responsabilita' amministrativa con riferimento a quanto
previsto nelle lettere da a) a q), non sia vincolato dalla dimostrazione della
sussistenza di nesso di causalita' diretto tra il fatto che ha determinato
l'accertamento della responsabilita' del soggetto ed il danno subito; prevedere
che la disposizione non operi nel caso in cui il reato e' stato commesso da chi
e' sottoposto alla direzione o alla vigilanza di chi svolge funzioni di
rappresentanza o di amministrazione o di direzione, ovvero esercita, anche di
fatto, poteri di gestione e di controllo, quando la commissione del reato e'
stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi connessi a tali funzioni;
z) prevedere che le disposizioni di cui alla lettera v) si applicano anche
nell'ipotesi in cui l'azione di risarcimento del danno e' proposta contro
l'azionista, il socio o l'associato ai soggetti di cui all'alinea del presente
comma che sia stato consenziente o abbia svolto, anche indirettamente o di
fatto, funzioni di gestione, di controllo o di amministrazione, anteriormente
alla commissione del fatto che ha determinato l'accertamento della
responsabilita' dell'ente.
2. Ai fini del comma 1, per «persone giuridiche» si intendono gli enti forniti
di personalita' giuridica, eccettuati lo Stato e gli altri enti pubblici che
esercitano pubblici poteri.
3. Il Governo e' altresi' delegato ad emanare, con il decreto legislativo di
cui al comma 1, le norme di coordinamento con tutte le altre leggi dello Stato,
nonche' le norme di carattere transitorio.».
- Il testo del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle
deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14
febbraio 2003, n. 30), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 ottobre 2003,
n. 235, supplemento ordinario.
- Il testo della direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi
elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'art. 16,
paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), e'. pubblicato
nella G.U.U.E. 30 aprile 2004, n. L 159. Entrata in vigore il 30 aprile 2004.
- Il testo del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187 (Rettifica di errori
materiali contenuti nella Del.Aut.en.el. e gas 4 agosto 2005, n. 177/05. (Deliberazione n. 187/05)), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 2005, n. 222.
- Attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza
e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da
vibrazioni meccaniche), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 settembre
2005, n. 220.
- Il testo della direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 5 aprile 2006, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici
(radiazioni ottiche artificiali) (diciannovesima direttiva particolare ai sensi
dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), e' pubblicato nella
G.U.U.E. 27 aprile 2006, n. L 114. Entrata in vigore il 27 aprile 2006.
- Il testo della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (Disposizioni per l'adempimento
di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee -
legge comunitaria 2006), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 17 febbraio
2007, n. 40, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257 (Attuazione della
direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute
relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici
(campi elettromagnetici)), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 11 gennaio 2008, n. 9.
Note all'art. 1:
- Il testo dell'art. 1 della citata legge n. 123 del 2007, e' il seguente:
«Art. 1 (Delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in
materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro). - 1. Il Governo
e' delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il
riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformita' all'art. 117
della Costituzione e agli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione,
e garantendo l'uniformita' della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale
attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla
condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
2. I decreti di cui al comma 1 sono adottati, realizzando il necessario
coordinamento con le disposizioni vigenti, nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi generali:
a) riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle
normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, in
ottemperanza a quanto disposto dall'art. 117 della Costituzione;
b) applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro a
tutti i settori di attivita' e a tutte le tipologie di rischio, anche tenendo
conto delle peculiarita' o della particolare pericolosita' degli stessi e della
specificita' di settori ed ambiti lavorativi, quali quelli presenti nella
pubblica amministrazione, come gia' indicati nell'art. 1, comma 2, e nell'art.
2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni, nel rispetto delle competenze in
materia di sicurezza antincendio come definite dal decreto legislativo 8 marzo
2006, n. 139, e del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 18 dicembre 2006, nonche' assicurando il coordinamento, ove
necessario, con la normativa in materia ambientale;
c) applicazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza
sul lavoro a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e subordinati, nonche'
ai soggetti ad essi equiparati prevedendo:
1) misure di particolare tutela per determinate categorie di lavoratori e
lavoratrici e per specifiche tipologie di lavoro o settori di attivita';
2) adeguate e specifiche misure di tutela per i lavoratori autonomi, in
relazione ai rischi propri delle attivita' svolte e secondo i principi della
raccomandazione 2003/134/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2003;
d) semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, nel pieno rispetto dei livelli
di tutela, con particolare riguardo alle piccole, medie e micro imprese;
previsione di forme di unificazione documentale;
e) riordino della normativa in materia di macchine, impianti, attrezzature di
lavoro, opere provvisionali e dispositivi di protezione individuale, al fine di
operare il necessario coordinamento tra le direttive di prodotto e quelle di
utilizzo concernenti la tutela della salute e la sicurezza sul lavoro e di
razionalizzare il sistema pubblico di controllo;
f) riformulazione e razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio,
amministrativo e penale, per la violazione delle norme vigenti e per le
infrazioni alle disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati in
attuazione della presente legge, tenendo conto della responsabilita' e delle
funzioni svolte da ciascun soggetto obbligato, con riguardo in particolare alla
responsabilita' del preposto, nonche' della natura sostanziale o formale della
violazione, attraverso:
1) la modulazione delle sanzioni in funzione del rischio e l'utilizzazione di
strumenti che favoriscano la regolarizzazione e l'eliminazione del pericolo da
parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, confermando e
valorizzando il sistema del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758;
2) determinazione delle sanzioni penali dell'arresto e dell'ammenda, previste
solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali dell'ordinamento,
individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34 e 35 della legge 24
novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, da comminare in via
esclusiva ovvero alternativa, con previsione della pena dell'ammenda fino a
euro ventimila per le infrazioni formali, della pena dell'arresto fino a tre
anni per le infrazioni di particolare gravita', della pena dell'arresto fino a
tre anni ovvero dell'ammenda fino a euro centomila negli altri casi;
3) previsione della sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una
somma di denaro fino ad euro centomila per le infrazioni non punite con
sanzione penale;
4) la graduazione delle misure interdittive in dipendenza della particolare
gravita' delle disposizioni violate;
5) il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed associazioni dei familiari
delle vittime della possibilita' di esercitare, ai sensi e per gli effetti di
cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, i diritti e le
facolta' attribuiti alla persona offesa, con riferimento ai reati commessi con
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale;
6) previsione della destinazione degli introiti delle sanzioni pecuniarie per
interventi mirati alla prevenzione, a campagne di informazione e alle attivita'
dei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali;
g) revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni
dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale, compreso il medico
competente, anche attraverso idonei percorsi formativi, con particolare
riferimento al rafforzamento del ruolo del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza territoriale; introduzione della figura del rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza di sito produttivo;
h) rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici,
anche quali strumento di aiuto alle imprese nell'individuazione di soluzioni
tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute
e sicurezza sul lavoro;
i) realizzazione di un coordinamento su tutto il territorio nazionale delle
attivita' e delle politiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
finalizzato all'emanazione di indirizzi generali uniformi e alla promozione
dello scambio di informazioni anche sulle disposizioni italiane e comunitarie
in corso di approvazione, nonche' ridefinizione dei compiti e della
composizione, da prevedere su base tripartita e di norma paritetica e nel
rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di cui
all'art. 117 della Costituzione, della commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro e dei comitati regionali di
coordinamento;
l) valorizzazione, anche mediante rinvio legislativo, di accordi aziendali,
territoriali e nazionali, nonche', su base volontaria, dei codici di condotta
ed etici e delle buone prassi che orientino i comportamenti dei datori di
lavoro, anche secondo i principi della responsabilita' sociale, dei lavoratori
e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di
tutela definiti legislativamente;
m) previsione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori
autonomi, fondato sulla specifica esperienza, ovvero sulle competenze e
conoscenze in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, acquisite
attraverso percorsi formativi mirati;
n) definizione di un assetto istituzionale fondato sull'organizzazione e
circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone pratiche utili
a favorire la promozione e la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, anche
attraverso il sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di
lavoro, che valorizzi le competenze esistenti ed elimini ogni sovrapposizione o
duplicazione di interventi;
o) previsione della partecipazione delle parti sociali
al sistema informativo, costituito da Ministeri, regioni e province autonome,
Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL),
Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e Istituto superiore
per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), con il contributo del
Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), e del concorso allo
sviluppo del medesimo da parte degli organismi paritetici e delle associazioni
e degli istituti di settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si
occupano della salute delle donne;
p) promozione della cultura e delle azioni di prevenzione attraverso:
1) la realizzazione di un sistema di governo per la definizione, tramite forme
di partecipazione tripartita, di progetti formativi, con particolare
riferimento alle piccole, medie e micro imprese, da indirizzare, anche
attraverso il sistema della bilateralita', nei confronti di tutti i soggetti
del sistema di prevenzione aziendale;
2) il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul
lavoro delle piccole, medie e micro imprese, i cui oneri siano sostenuti
dall'INAIL, nell'ambito e nei limiti delle spese istituzionali dell'Istituto.
Per tali finanziamenti deve essere garantita la semplicita' delle procedure;
3) la promozione e la divulgazione della cultura della salute e della sicurezza
sul lavoro all'interno dell'attivita' scolastica ed universitaria e nei
percorsi di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in
considerazione dei relativi principi di autonomia didattica e finanziaria;
q) razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di
vigilanza nel rispetto dei principi di cui all'art. 19 del decreto legislativo
19 dicembre 1994, n. 758, e dell'art. 23, comma 4, del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, al fine di rendere piu'
efficaci gli interventi di pianificazione, programmazione, promozione della
salute, vigilanza, nel rispetto dei risultati verificati, per evitare
sovrapposizioni, duplicazioni e carenze negli interventi e valorizzando le
specifiche competenze, anche riordinando il sistema delle amministrazioni e
degli enti statali aventi compiti di prevenzione, formazione e controllo in
materia e prevedendo criteri uniformi ed idonei strumenti di coordinamento;
r) esclusione di qualsiasi onere finanziario per il lavoratore e la lavoratrice
subordinati e per i soggetti ad essi equiparati in
relazione all'adozione delle misure relative alla sicurezza e alla salute dei
lavoratori e delle lavoratrici;
s) revisione della normativa in materia di appalti prevedendo misure dirette a:
1) migliorare l'efficacia della responsabilita' solidale tra appaltante ed
appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, con
particolare riferimento ai subappalti, anche attraverso l'adozione di
meccanismi che consentano di valutare l'idoneita' tecnico-professionale delle
imprese pubbliche e private, considerando il rispetto delle norme relative alla
salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro quale elemento
vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti
pubblici e per l'accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico
della finanza pubblica;
2) modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo
ribasso, al fine di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione
del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;
3) modificare la disciplina del codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.
163, prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere
specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui rispetto
all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture
oggetto di appalto;
t) rivisitazione delle modalita' di attuazione della sorveglianza sanitaria,
adeguandola alle differenti modalita' organizzative del lavoro, ai particolari
tipi di lavorazioni ed esposizioni, nonche' ai criteri ed alle linee guida
scientifici piu' avanzati, anche con riferimento al prevedibile momento di
insorgenza della malattia;
u) rafforzare e garantire le tutele previste dall'art. 8 del decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
v) introduzione dello strumento dell'interpello previsto dall'art. 9 del
decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, e successive modificazioni,
relativamente a quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa
sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro,individuando il soggetto titolare
competente a fornire tempestivamente la risposta.
3. I decreti di cui al presente articolo non possono disporre un abbassamento
dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela o una riduzione dei diritti
e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze.
4. I decreti di cui al presente articoli sono adottati nel rispetto della
procedura di cui all'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle
infrastrutture, limitatamente a quanto previsto dalla lettera s) del comma 2,
dello sviluppo economico, limitatamente a quanto previsto dalla lettera e) del
comma 2, di concerto con il Ministro per le politiche europee, il Ministro
della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro della
solidarieta' sociale, limitatamente a quanto previsto dalla lettera l) del
comma 2, nonche' gli altri Ministri competenti per materia, acquisito il parere
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.
5. Gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di deliberazione preliminare
del Consiglio dei Ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati ed al
Senato della Repubblica perche' su di essi siano espressi, entro quaranta giorni
dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni competenti per materia e
per i profili finanziari. Decorso tale termine i decreti sono emanati anche in
mancanza dei pareri. Qualora il termine per l'espressione dei pareri
parlamentari di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la
scadenza dei termini previsti ai commi 1 e 6 o successivamente, questi ultimi
sono prorogati di tre mesi.
6. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al
comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dal presente
articolo, il Governo puo' adottare, attraverso la
procedura di cui ai commi 4 e 5, disposizioni integrative e correttive dei
decreti medesimi.
7. Dall'attuazione dei criteri di delega recati dal presente articolo, con
esclusione di quelli di cui al comma 2, lettera p), numeri 1) e 2), non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine,
per gli adempimenti dei decreti attuativi della presente delega le
amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle
ordinarie risorse, umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione
alle medesime amministrazioni.
7-bis. Per l'attuazione del principio di delega di cui al comma 2, lettera p),
e' previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro a decorrere dal 1° gennaio
2008.».
- Per il testo dell'art. 117 della Costituzione, si veda nota alle premesse.
- Il testo dell'art. 16, comma 3, della legge 4
febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al
processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli
obblighi comunitari), e' il seguente:
«Art. 16 (Attuazione delle direttive comunitarie da parte delle regioni e delle
province autonome). - 1.-2. (Omissis).
3. Ai fini di cui all'art. 117, quinto comma, della Costituzione, le
disposizioni legislative adottate dallo Stato per l'adempimento degli obblighi
comunitari, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle
province autonome, si applicano, per le regioni e le province autonome, alle
condizioni e secondo la procedura di cui all'art. 11, comma 8, secondo
periodo.».
- Il testo del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di
protezione dei dati personali), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29
luglio 2003, n. 174, supplemento ordinario.
Art. 2.
Definizioni
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al
presente decreto legislativo si intende per:
a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale,
svolge un'attivita' lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di
lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di
apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai
servizi domestici e familiari. Al lavoratore cosi' definito
e' equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di societa', anche di
fatto, che presta la sua attivita' per conto delle societa' e dell'ente stesso;
l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice
civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di
orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di
cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di
realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte
professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo
degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di
formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di
lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le
apparecchiature fornite di videoterminali
limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alla
strumentazioni o ai laboratori in questione; il volontario, come definito dalla
legge 1° agosto 1991, n. 266; i volontari del Corpo nazionale dei vigili del
fuoco e della protezione civile; il volontario che effettua il servizio civile;
il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e
successive modificazioni;
b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il
lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto
dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attivita',
ha la responsabilita' dell'organizzazione stessa o dell'unita' produttiva in
quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale
spettano i poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale,
individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto
dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attivita', e dotato di autonomi poteri
decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione
non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con
l'organo di vertice medesimo;
c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore di lavoro
pubblico o privato;
d) «dirigente»: persona che, in ragione delle competenze professionali e di
poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli,
attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attivita' lavorativa e
vigilando su di essa;
e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei
limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico
conferitogli, sovrintende alla attivita' lavorativa e garantisce l'attuazione
delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei
lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;
f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso
delle capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 designata
dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione
e protezione dai rischi;
g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle
capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, facente parte
del servizio di cui alla lettera l);
h) «medico competente»: medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti
formativi e professionali di cui all'articolo 38, che collabora, secondo quanto
previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della
valutazione dei rischi ed e' nominato dallo stesso per effettuare la
sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente
decreto;
i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: persona eletta o designata
per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e
della sicurezza durante il lavoro;
l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle persone,
sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attivita' di
prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;
m) «sorveglianza sanitaria»: insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela
dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di
lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalita' di svolgimento
dell'attivita' lavorativa;
n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche
secondo la particolarita' del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o
diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e
dell'integrita' dell'ambiente esterno;
o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non
consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermita';
p) «sistema di promozione della salute e sicurezza»: complesso dei soggetti istituzionali
che concorrono, con la partecipazione delle parti sociali, alla realizzazione
dei programmi di intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute e
sicurezza dei lavoratori;
q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti i
rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito
dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attivita', finalizzata ad
individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il
programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli
di salute e sicurezza;
r) «pericolo»: proprieta' o qualita' intrinseca di un determinato fattore
avente il potenziale di causare danni;
s) «rischio»: probabilita' di raggiungimento del livello potenziale di danno
nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente
oppure alla loro combinazione;
t) «unita' produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di
beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico
funzionale;
u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da
un'organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un organismo
nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria;
v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la
normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e
finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso
la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro,
elaborate e raccolte dalle regioni, dall'Istituto superiore per la prevenzione
e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui
all'articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui
all'articolo 6, previa istruttoria tecnica dell'ISPESL, che provvede a
assicurarne la piu' ampia diffusione;
z) «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per l'applicazione della
normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai Ministeri, dalle
regioni, dall'ISPESL e dall'INAIL e approvati in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano;
aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire ai
lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione
aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo
svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla
identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;
bb) «informazione»: complesso delle attivita' dirette a fornire conoscenze
utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente
di lavoro;
cc) «addestramento»: complesso delle attivita' dirette a fare apprendere ai
lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze,
dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro;
dd) «modello di organizzazione e di gestione»: modello organizzativo e
gestionale per la definizione e l'attuazione di una politica aziendale per la
salute e sicurezza, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli
articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione
delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro;
ee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di una o piu'
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la
programmazione di attivita' formative e l'elaborazione e la raccolta di buone
prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e
alla sicurezza sul lavoro; l'assistenza alle imprese finalizzata all'attuazione
degli adempimenti in materia; ogni altra attivita' o funzione assegnata loro
dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento;
ff) «responsabilita' sociale delle imprese»: integrazione volontaria delle
preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle loro
attivita' commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate.
Note all'art. 2:
- Il testo dell'art. 2549 del codice civile, e' il seguente:
«Art. 2549 (Nozione). - Con il contratto di associazione in partecipazione
l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua
impresa o di uno o piu' affari verso il corrispettivo
di un determinato apporto».
- Il testo dell'art. 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196 (Norme in materia di
promozione dell'occupazione), e' il seguente:
«Art. 18 (Tirocini formativi e di orientamento). - 1. Al fine di realizzare
momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte
professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso
iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno gia'
assolto l'obbligo scolastico ai sensi della legge 31 dicembre 1962, n. 1859,
con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
il Ministro della pubblica istruzione, dell'universita' e della ricerca
scientifica e tecnologica, da adottarsi ai sensi dell'art. 17 della legge 23
agosto 1988, n. 400, sono emanate, entro nove mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, disposizioni nel rispetto dei seguenti principi e
criteri generali:
a) possibilita' di promozione delle iniziative, nei limiti delle risorse rese
disponibili dalla vigente legislazione, anche su
proposta degli enti bilaterali e delle associazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei lavoratori, da parte di soggetti pubblici o a partecipazione
pubblica e di soggetti privati non aventi scopo di lucro, in possesso degli
specifici requisiti preventivamente determinati in funzione di idonee garanzie
all'espletamento delle iniziative medesime e in particolare: agenzie regionali
per l'impiego e uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale; universita'; provveditorati agli studi; istituzioni scolastiche non
statali che rilascino titoli di studio con valore legale; centri pubblici di
formazione e/o orientamento, ovvero a partecipazione pubblica o operanti in
regime di convenzione ai sensi dell'art. 5 della legge 21 dicembre 1978, n.
845; comunita' terapeutiche enti ausiliari e cooperative sociali, purche'
iscritti negli specifici albi regionali, ove esistenti; servizi di inserimento
lavorativo per disabili gestiti da enti pubblici delegati dalla regione;
b) attuazione delle iniziative nell'ambito di progetti di orientamento e di
formazione, con priorita' per quelli definiti all'interno di programmi
operativi quadro predisposti dalle regioni, sentite le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello nazionale;
c) svolgimento dei tirocini sulla base di apposite convenzioni intervenute tra
i soggetti di cui alla lettera a) e i datori di lavoro pubblici e privati;
d) previsione della durata dei rapporti non costituenti rapporti di lavoro, in
misura non superiore a dodici mesi, ovvero a ventiquattro mesi in caso di
soggetti portatori di handicap, da modulare in funzione della specificita' dei
diversi tipi di utenti;
e) obbligo da parte dei soggetti promotori di assicurare i tirocinanti mediante
specifica convenzione con l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e per la responsabilita' civile e di garantire la
presenza di un tutore come responsabile didattico-organizzativo delle
attivita'; nel caso in cui i soggetti promotori siano le agenzie regionali per
l'impiego e gli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, il datore di lavoro ospitante puo' stipulare la predetta convenzione
con l'INAIL direttamente e a proprio carico;
f) attribuzione del valore di crediti formativi alle attivita' svolte nel corso
degli stages e delle iniziative di tirocinio pratico di cui al comma 1 da
utilizzare, ove debitamente certificati, per l'accensione di un rapporto di
lavoro;
g) possibilita' di ammissione, secondo modalita' e criteri stabiliti con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, e nei limiti delle
risorse finanziarie preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui
all'art. 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, al rimborso totale o
parziale degli oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di
tirocinio di cui al presente articoli a favore dei giovani del Mezzogiorno
presso imprese di regioni diverse da quelle operanti nella predetta area, ivi
compresi, nel caso in cui i progetti lo prevedano, gli oneri relativi alla
spesa sostenuta dall'impresa per il vitto e l'alloggio del tirocinante;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti;
i) computabilita' dei soggetti portatori di handicap impiegati nei tirocini ai
fini della legge 2 aprile 1968, n. 482, e successive modificazioni, purche' gli
stessi tirocini siano oggetto di convenzione ai sensi degli articoli 5 e 17
della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e siano finalizzati all'occupazione.».
- Il testo della legge 1° agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 agosto 1991, n. 196.
- Il testo del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (Revisione della
disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'art. 22 della legge 24
giugno 1997, n. 196), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1998, n.
5.
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), e' il seguente:
«Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione). - 1. (Omissis).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello
Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le
istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita' montane, e loro
consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi
case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e
locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300.».
- Il testo dell'art. 6, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone
giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita'
giuridica, a norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300), e' il
seguente:
«Art. 6 (Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente).
- 1. Se il reato e' stato commesso dalle persone indicate nell'art. 5, comma 1,
lettera a), l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della
commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a
prevenire reati della specie di quello verificatosi;».
- Il testo degli articoli 589 e 590, terzo comma del codice penale, e' il
seguente:
«Art. 589 (Omicidio colposo). - Chiunque cagiona per colpa la morte di una
persona e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto e' commesso con violazione delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
la pena e' della reclusione da due a cinque anni.
Nel caso di morte di piu' persone, ovvero di morte di
una o piu' persone e di lesioni di una o piu' persone, si applica la pena che
dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni commesse aumentata fino
al triplo, ma la pena non puo' superare gli anni dodici.
«Art. 590 (Lesioni personali colpose). - (Omissis).
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da
tre mesi a un anno o della multa da euro
Art. 3.
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di
attivita', privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei vigili
del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di
protezione civile, nonche' nell'ambito delle strutture giudiziarie,
penitenziarie, di quelle destinate per finalita' istituzionali alle attivita'
degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle
universita', degli istituti di istruzione universitaria, delle istituzioni
dell'alta formazione artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, delle organizzazioni
di volontariato di cui alla legge 1° agosto 1991, n. 266, e dei mezzi di trasporto
aerei e marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono
applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al
servizio espletato o alle peculiarita' organizzative, individuate entro e non
oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto
legislativo con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i
Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e
le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale nonche',
relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate, compresa
l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza, gli organismi a
livello nazionale rappresentativi del personale militare; analogamente si
provvede per quanto riguarda gli archivi, le biblioteche e i musei solo nel
caso siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artistici
storici e culturali. Con i successivi decreti, da emanare entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su
proposta dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le
disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata
dal presente decreto della normativa relativa alle attivita' lavorative a bordo
delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, sono fatte salve le
disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, nonche' le disposizioni di cui al decreto legislativo
27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e le disposizioni tecniche del
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto
del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge
26 aprile 1974, n. 191, e dai relativi decreti di attuazione; decorso
inutilmente tale termine, trovano applicazione le disposizioni di cui al
presente decreto.
4. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e
lavoratrici, subordinati e autonomi, nonche' ai soggetti ad essi equiparati,
fermo restando quanto previsto dai commi successivi del presente articolo.
5. Nell'ipotesi di prestatori di lavoro nell'ambito di un contratto di
somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, fermo
restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell'articolo 23 del citato
decreto legislativo n. 276 del 2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione
di cui al presente decreto sono a carico dell'utilizzatore.
6. Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30 del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, tutti gli
obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto
salvo l'obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore
sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le
quali egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche amministrazioni
di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre
amministrazioni pubbliche, organi o autorita' nazionali, gli obblighi di cui al
presente decreto sono a carico del datore di lavoro designato
dall'amministrazione, organo o autorita' ospitante.
7. Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61, e seguenti,
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni,
e dei collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, primo
comma, n. 3, del codice di procedura civile, le disposizioni di cui al presente
decreto si applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di
lavoro del committente.
8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo
accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni, il presente
decreto legislativo e tutte le altre norme speciali vigenti in materia di
sicurezza e tutela della salute si applicano con esclusione dei piccoli lavori
domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato
supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli
ammalati e ai disabili.
9. Nei confronti dei lavoratori a domicilio di cui alla legge 18 dicembre 1973,
n. 877, e dei lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto
collettivo dei proprietari di fabbricati trovano applicazione gli obblighi di
informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi
devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali
in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di
lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite
di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al
titolo III.
10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione
continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e
telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8
marzo 1999, n. 70, e di cui all'accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso
il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al titolo VII,
indipendentemente dall'ambito in cui si svolge la prestazione stessa.
Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca
attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono
essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III. I lavoratori a distanza
sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di
salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative
ai videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di sicurezza.
Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di
tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore
di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorita' competenti hanno
accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei
limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale
accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la
prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza puo' chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce
l'adozione di misure dirette a prevenire l'isolamento del lavoratore a distanza
rispetto agli altri lavoratori interni all'azienda, permettendogli di
incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell'azienda, nel
rispetto di regolamenti o accordi aziendali.
11. Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice
civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26.
12. Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo
230-bis del codice civile, dei piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083
del codice civile e dei soci delle societa' semplici operanti nel settore
agricolo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21.
13. In considerazione della specificita' dell'attivita' esercitata dalle
imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo, il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della salute e delle
politiche agricole, alimentari e forestali, entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto dei livelli generali di
tutela di cui alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di
lavoro, e limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali
ciascuno dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative e per un numero
complessivo di lavoratori compatibile con gli ordinamenti colturali aziendali,
provvede ad emanare disposizioni per semplificare gli adempimenti relativi
all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria
previsti dal presente decreto, sentite le organizzazioni sindacali e
datoriali comparativamente piu' rappresentative del settore sul piano
nazionale. I contratti collettivi stipulati dalle predette
organizzazioni definiscono specifiche modalita' di attuazione delle previsioni
del presente
decreto legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza nel caso le imprese utilizzino esclusivamente la tipologia di
lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.
Note all'art. 3:
- Per i riferimenti della legge n. 266 del 1991, si veda nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 17, commi 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri), e' il seguente:
«Art. 17 (Regolamenti). - 1. (Omissis).
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i
regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di
legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica,
autorizzando l'esercizio della potesta' regolamentare del Governo, determinano
le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle
norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie
di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate al Ministro, quando la
legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di
competenza di piu' Ministri, possono essere adottati con decreti
interministeriali, ferma restando la necessita' di apposita autorizzazione da
parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi
debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della
loro emanazione.».
- Il testo del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271 (Adeguamento della
normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi
mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999, n. 185, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272 (Adeguamento della
normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di
operazioni e servizi portuali, nonche' di operazioni di manutenzione,
riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge
31 dicembre 1998, n. 485), e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999,
n. 185, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298 (Attuazione
della direttiva 93/103/CE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza
e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1999, n. 201.
- Il testo della legge 26 aprile 1974, n. 191 (Prevenzione degli infortuni sul
lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle
ferrovie dello Stato), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 24 maggio 1974,
n. 134.
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del citato decreto legislativo n. 626 del
1994, e' il seguente:
«Art. 1 (Campo di applicazione). - 1. (Omissis).
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione
civile, nonche' nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di
quelle destinate per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi con
compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle universita', degli
istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed
educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei
e delle aree archeologiche dello Stato delle rappresentanze diplomatiche e
consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente
decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al
servizio espletato, individuate con decreto del Ministro competente di concerto
con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanita' e della
funzione pubblica.».
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547
(Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), e' pubblicato nel
Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio 1955, n. 158.
- Per i riferimenti del citato decreto del Presidente delle Repubblica n. 164
del 1956, si veda nota alle premesse.
- Gli articoli da
- Il testo dell'art. 23, comma 5 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, e' il seguente:
«Art. 23 (Tutela del prestatore di lavoro esercizio del potere disciplinare e
regime della solidarieta). - 1.-4. (Omissis).
5. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la
salute connessi alle attivita' produttive in generale e li forma e addestra
all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della
attivita' lavorativa per la quale essi vengono assunti in conformita' alle
disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni ed integrazioni. Il contratto di somministrazione puo' prevedere che tale obbligo sia adempiuto
dall'utilizzatore; in tale caso ne va fatta indicazione nel contratto con il
lavoratore. Nel caso in cui le mansioni cui e' adibito il prestatore di lavoro richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino
rischi specifici, l'utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a
quanto previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni ed integrazioni. L'utilizzatore osserva altresi', nei confronti
del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei
confronti dei propri dipendenti ed e' responsabile per la violazione degli
obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi.».
- Il testo dell'art. 30 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, e' il
seguente:
«Art. 30 (Distacco). -
2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento
economico e normativo a favore del lavoratore.
3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il
consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unita' produttiva sita a piu' di
4. Resta ferma la disciplina prevista dall'art. 8, comma 3, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1993, n. 236.
4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1,
il lavoratore interessato puo' chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma
dell'art. 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al
soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di
lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'art. 27, comma 2.».
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del citato decreto legislativo n. 165 del
2001, e' il seguente:
«Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione). - 1. (Omissis).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello
Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le
istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita' montane, e loro
consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi
case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e
locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300.».
- Gli articoli da
- Il testo dell'art. 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, e'
il seguente:
«Art. 409 (Controversie individuali di lavoro). Si osservano le disposizioni
del presente capo nelle controversie relative a:
1)-2) (Omissis).
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di
collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e
coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;».
- Gli articoli da
- Il testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove norme per la tutela del
lavoro a domicilio), e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 gennaio 1974, n.
5.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70
(Regolamento recante disciplina del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni,
a norma dell'art. 4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n. 191), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1999, n. 70.
- Il testo dell'art. 2222 del codice civile e' il seguente:
«Art. 2222 (Contratto d'opera). - Quando una persona si obbliga a compiere
verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente
proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si
applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina
particolare nel libro IV.».
- Il testo dell'art. 230-bis del codice civile e' il seguente:
«Art. 230-bis (Impresa familiare). - Salvo che sia configurabile un diverso
rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attivita' di
lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento
secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa
familiare ed ai beni acquistati con essi nonche' agli
incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla
quantita' e qualita' del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego
degli utili e degli incrementi nonche' quelle inerenti
alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione
dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano
all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena
capacita' di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potesta' su
di essi.
Il lavoro della donna e' considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il
coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per
impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo
grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma e intrasferibile, salvo che
il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente
col consenso di tutti i partecipi. Esso puo' essere liquidato in danaro alla
cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresi' in
caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento puo' avvenire
in piu' annualita', determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di
cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei
limiti in cui e' compatibile, la disposizione dell'art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura sono regolate
dagli usi che non contrastino con le precedenti
norme.».
- Il testo dell'art. 2083 del codice civile e' il seguente:
«Art. 2083 (Piccoli imprenditori). - Sono piccoli imprenditori i coltivatori
diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che
esercitano un'attivita' professionale organizzata prevalentemente con il lavoro
proprio e dei componenti della famiglia.».
Art. 4.
Computo dei lavoratori
1. Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il
presente decreto legislativo fa discendere particolari obblighi non sono
computati:
a) i collaboratori familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile;
b) i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di
orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di
cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di
realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte
professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro;
c) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai
corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature
di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le
attrezzature munite di videoterminali;
d) i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi
dell'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.
e) i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio ai
sensi degli articoli 70, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276, e successive modificazioni, nonche' prestazioni
che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell'articolo 74 del medesimo
decreto.
f) i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ove la loro
attivita' non sia svolta in forma esclusiva a favore del datore di lavoro
committente;
g) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, i volontari
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile e i
volontari che effettuano il servizio civile;
h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di cui al decreto
legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;
i) i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile, fatto
salvo quanto previsto dalla successiva lettera l);
l) i collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, primo
comma, n. 3, del codice di procedura civile, nonche' i lavoratori a progetto di
cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, e successive modificazioni, ove la loro attivita' non sia svolta in forma
esclusiva a favore del committente.
2. I lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai sensi degli
articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e
successive modificazioni, e i lavoratori assunti a tempo parziale ai sensi del
decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, si
computano sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato
nell'arco di un semestre.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, nell'ambito delle attivita'
stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963,
n. 1525 e successive modificazioni, nonche' di quelle individuate dai contratti
collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori
di lavoro comparativamente piu' rappresentative, il personale in forza si
computa a prescindere dalla durata del contratto e dall'orario di lavoro
effettuato.
4. Il numero dei lavoratori impiegati per l'intensificazione dell'attivita' in
determinati periodi dell'anno nel settore agricolo e nell'ambito di attivita'
diverse da quelle indicate nel comma 3, corrispondono a frazioni di
unita-lavorative-anno (ULA) come individuate sulla base della normativa comunitaria.
Note all'art. 4:
- Per il testo dell'art. 230-bis del Codice civile, si veda nota all'art. 3.
- Per il testo dell'art. 18 della citata legge n. 196 del 1997, si veda nota
all'art. 2.
- Il testo dell'art. 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
(Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a
tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), e' il seguente:
«Art. 1 (Apposizione del termine). - 01. Il contratto di lavoro subordinato e'
stipulato di regola a tempo indeterminato.
1. E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di
lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo.
2. L'apposizione del termine e' priva di effetto se non risulta, direttamente o
indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al
comma 1.
3. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al
lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione.
4. La scrittura non e' tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di
lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni.».
- Il testo dell'art. 74 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, e' il
seguente:
«Art. 74 (Prestazioni che esulano dal mercato del lavoro). - 1. Con specifico
riguardo alle attivita' agricole non integrano in ogni caso un rapporto di
lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da
parenti e affini sino al terzo grado in modo meramente occasionale o ricorrente
di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza
corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei
lavori.».
- Il testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove norme per la tutela del
lavoro a domicilio), e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio 1974,
n. 5.
- Per i riferimenti della citata legge n. 266 del 1991, del decreto legislativo
n. 468 del 1997, si veda nota all'art. 2.
- Per il testo dell'art. 2222 del codice civile, dell'art. 409,
primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, si veda nota all'art.
3.
- Per i riferimenti agli articoli da
- Il testo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, (Attuazione della
direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale
concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 20 marzo 2000, n. 66.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525,
(Elenco che determina le attivita' a carattere stagionale di cui all'art. 1,
comma secondo, lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina
del contratto di lavoro a tempo determinato), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 26 novembre 1963, n. 307.
Capo II
Sistema istituzionale
Art. 5.
Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il
coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza in materia di salute e
sicurezza sul lavoro
1. Presso il Ministero della salute, il Comitato per l'indirizzo e la
valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle
attivita' di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il Comitato
e' presieduto dal Ministro della salute ed e' composto da:
a) due rappresentanti del Ministero della salute;
b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
c) un rappresentante del Ministero dell'interno;
d) cinque rappresentanti delle regioni e province autonome di Trento e di
Bolzano.
2. Al Comitato partecipano, con funzione consultiva, un rappresentante
dell'INAIL, uno dell'ISPESL e uno dell'Istituto di previdenza per il settore
marittimo (IPSEMA).
3. Il Comitato di cui al comma 1, al fine di garantire la piu' completa
attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, ha il
compito di:
a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia di salute e
sicurezza sul lavoro;
b) individuare obiettivi e programmi dell'azione pubblica di miglioramento
delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
c) definire la programmazione annuale in ordine ai settori prioritari di
intervento dell'azione di vigilanza, i piani di attivita' e i progetti
operativi a livello nazionale, tenendo conto delle indicazioni provenienti dai
comitati regionali di coordinamento e dai programmi di azione individuati in
sede comunitaria;
d) programmare il coordinamento della vigilanza a livello nazionale in materia
di salute e sicurezza sul lavoro;
e) garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti istituzionali al fine di
promuovere l'uniformita' dell'applicazione della normativa vigente;
f) individuare le priorita' della ricerca in tema di prevenzione dei rischi per
la salute e sicurezza dei lavoratori.
4. Ai fini delle definizioni degli obbiettivi di cui al comma 2, lettere a),
b), e), f), le parti sociali sono consultate preventivamente. Sull'attuazione
delle azioni intraprese e' effettuata una verifica con cadenza almeno annuale.
5. Le modalita' di funzionamento del comitato sono fissate con regolamento
interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al numero dei
componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da personale del Ministero
della salute appositamente assegnato.
6. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare ai sensi
del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di
missione.
Art. 6.
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita
a) un rappresentante del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la
presiede;
b) un rappresentante del Ministero della salute;
c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
d) un rappresentante del Ministero dell'interno;
e) un rappresentante del Ministero della difesa;
f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture;
g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;
h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali;
i) un rappresentante del Ministero della solidarieta' sociale;
l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento
della funzione pubblica;
m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale;
o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro,
anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, comparativamente piu'
rappresentative a livello nazionale.
2. Per ciascun componente puo' essere nominato un supplente, il quale
interviene unicamente in caso di assenza del titolare. Ai lavori della
Commissione possono altresi' partecipare rappresentanti di altre
amministrazioni centrali dello Stato in ragione di specifiche tematiche
inerenti le relative competenze, con particolare
riferimento a quelle relative alla materia dell'istruzione per le problematiche
di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c).
3. All'inizio di ogni mandato
4.
5. I componenti della Commissione e i segretari sono nominati con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su designazione degli organismi
competenti e durano in carica cinque anni.
6. Le modalita' di funzionamento della commissione sono fissate con regolamento
interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al numero dei
componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da personale del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale appositamente assegnato.
7. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare ai sensi
del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di missione.
8.
a) esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e sicurezza sul
lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione
vigente;
b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal Comitato di cui
all'articolo 5;
c) definire le attivita' di promozione e le azioni di prevenzione di cui
all'articolo 11;
d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) redigere annualmente, sulla base dei dati forniti dal sistema informativo di
cui all'articolo 8, una relazione sullo stato di applicazione della normativa
di salute e sicurezza e sul suo possibile sviluppo, da trasmettere alle
commissioni parlamentari competenti e ai presidenti delle regioni;
f) elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure
standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 29, comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e degli indici
infortunistici di settore. Tali procedure vengono
recepite con decreto dei Ministeri del lavoro e della previdenza sociale, della
salute e dell'interno acquisito il parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano;
g) definire criteri finalizzati alla definizione del sistema di qualificazione
delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 27. Il sistema di qualificazione delle imprese e' disciplinato con
decreto del Presidente della Repubblica, acquisito il parere della Conferenza
per i rapporti permanenti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, da emanarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto;
h) valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di condotta ed etici,
adottati su base volontaria, che, in considerazione delle specificita' dei
settori produttivi di riferimento, orientino i comportamenti dei datori di
lavoro, anche secondo i principi della
responsabilita' sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai
fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti legislativamente;
i) valutare le problematiche connesse all'attuazione delle direttive
comunitarie e delle convenzioni internazionali stipulate in materia di salute e
sicurezza del lavoro;
l) promuovere la considerazione della differenza di genere in relazione alla
valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure di prevenzione;
m) indicare modelli di organizzazione e gestione aziendale ai fini di cui
all'articolo 30.
Art. 7.
Comitati regionali di coordinamento
1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di
interventi, nonche' uniformita' degli stessi ed il necessario raccordo con il
Comitato di cui all'articolo 5 e con
Art. 8.
Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro
1. E' istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP)
nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per orientare, programmare,
pianificare e valutare l'efficacia della attivita' di prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti
e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attivita'
di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili
negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici
archivi e la creazione di banche dati unificate.
2. Il Sistema informativo di cui al comma 1 e' costituito dal Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della salute, dal Ministero
dell'interno, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano,
dall'INAIL, dall'IPSEMA e dall'ISPESL, con il contributo del Consiglio
nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL). Allo sviluppo del medesimo
concorrono gli organismi paritetici e gli istituti di settore a carattere
scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle donne.
3. L'INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a tale
fine, e' titolare del trattamento dei dati, secondo quanto previsto dal decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
salute, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella
pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, da adottarsi entro 180 giorni dalla data dell'entrata in vigore del
presente decreto legislativo, vengono definite le
regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del SINP, nonche' le
regole per il trattamento dei dati. Tali regole sono definite nel rispetto di
quanto previsto dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, cosi'
come modificato ed integrato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n.
159, e dei contenuti del Protocollo di intesa sul Sistema informativo nazionale
integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Con il medesimo decreto sono
disciplinate le speciali modalita' con le quali le forze armate e le forze di
polizia partecipano al sistema informativo relativamente alle attivita'
operative e addestrative. Per tale finalita' e' acquisita
l'intesa dei Ministri della difesa, dell'interno e dell'economia e delle
finanze.
5. La partecipazione delle parti sociali al Sistema informativo avviene
attraverso la periodica consultazione in ordine ai flussi informativi di cui
alle lettere a), b), c) e d) del comma 6.
6. I contenuti dei flussi informativi devono almeno riguardare:
a) il quadro produttivo ed occupazionale;
b) il quadro dei rischi;
c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori;
d) il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni preposte;
e) il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni preposte.
7. La diffusione delle informazioni specifiche e' finalizzata al raggiungimento
di obiettivi di conoscenza utili per le attivita' dei soggetti destinatari e
degli enti utilizzatori. I dati sono resi disponibili ai diversi
destinatari e resi pubblici nel rispetto della normativa di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
8. Le attivita' di cui al presente articolo sono realizzate dalle
amministrazioni di cui al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse personali,
economiche e strumentali in dotazione.
Note all'art. 8:
- Per i riferimenti del citato decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda
nota all'art. 1.
- Il testo del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice
dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16
maggio 2005, n. 112, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159 (Disposizioni
integrative e correttive al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante
codice dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
29 aprile 2006, n. 99, supplemento ordinario.
Art. 9.
Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro
1. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA sono enti pubblici nazionali con competenze
in materia di salute e sicurezza sul lavoro che esercitano le proprie
attivita', anche di consulenza, in una logica di sistema con il Ministero della
salute, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano.
2. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA operano in funzione delle attribuzioni loro
assegnate dalla normativa vigente, svolgendo in forma coordinata, per una
maggiore sinergia e complementarieta', le seguenti attivita':
a) elaborazione e applicazione dei rispettivi piani triennali di attivita';
b) interazione, per i rispettivi ruoli e competenze, in logiche di conferenza
permanente di servizio, per assicurare apporti conoscitivi al sistema di
sostegno ai programmi di intervento in materia di sicurezza e salute sul lavoro
di cui all'articolo 2, comma 1, lettera p), per verificare l'adeguatezza dei
sistemi di prevenzione e assicurativi e per studiare e proporre soluzioni
normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle
malattie professionali;
c) consulenza alle aziende, in particolare alle medie, piccole e micro imprese,
anche attraverso forme di sostegno tecnico e specialistico finalizzate sia al
suggerimento dei piu' adatti mezzi, strumenti e metodi operativi, efficaci alla
riduzione dei livelli di rischiosita' in materia di salute e sicurezza sul
lavoro, sia all'individuazione degli elementi di innovazione tecnologica in
materia con finalita' prevenzionali, raccordandosi con le altre istituzioni
pubbliche operanti nel settore e con le parti sociali;
d) progettazione ed erogazione di percorsi formativi in materia di salute e
sicurezza sul lavoro tenuto conto ed in conformita' ai criteri e alle modalita' elaborati ai sensi degli articoli 6 e 11;
e) formazione per i responsabili e gli addetti ai servizi di prevenzione e
protezione di cui all'articolo 32;
f) promozione e divulgazione, della cultura della salute e della sicurezza del
lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari e delle istituzioni
dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, previa stipula di
apposite convenzioni con le istituzioni interessate;
g) partecipazione, con funzioni consultive, al Comitato per l'indirizzo e la
valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle
attivita' di vigilanza in materia di salute e sicurezza del lavoro di cui
all'articolo 5;
h) consulenza alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza
del lavoro di cui all'articolo 6;
i) elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi di cui all'articolo
2, comma 1, lettera v);
l) predisposizione delle linee guida di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
z);
m) contributo al Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di
lavoro secondo quanto previsto dall'articolo 8.
3. L'attivita' di consulenza di cui alla lettera c) del comma
2, non puo' essere svolta dai funzionari degli istituti di cui al
presente articolo che svolgono attivita' di controllo e verifica degli obblighi
nelle materie di competenza degli istituti medesimi. I soggetti che prestano
tale attivita' non possono, per un periodo di tre anni dalla cessazione
dell'incarico, esercitare attivita' di controllo e verifica degli obblighi
nelle materie di competenza degli istituti medesimi. Nell'esercizio
dell'attivita' di consulenza non vi e' l'obbligo di denuncia di
cui all'articolo 331 del codice di procedura penale o di comunicazione
ad altre Autorita' competenti delle contravvenzioni rilevate ove si riscontrino
violazioni alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro; in ogni
caso, l'esercizio dell'attivita' di consulenza non esclude o limita la
possibilita' per l'ente di svolgere l'attivita' di controllo e verifica degli
obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. Con successivo decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro della salute per la parte concernente i
funzionari dell'ISPESL, e' disciplinato lo svolgimento dell'attivita' di
consulenza e dei relativi proventi, fermo restando che i compensi percepiti per
lo svolgimento dell'attivita' di consulenza sono devoluti in ragione della
meta' all'ente di appartenenza e nel resto al Fondo di cui all'articolo 52,
comma 1.
4. L'INAIL fermo restando quanto previsto dall'articolo 12 della legge 11 marzo
1988, n. 67, dall'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e
dall'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonche' da
ogni altra disposizione previgente, svolge, con la finalita' di ridurre il
fenomeno infortunistico e ad integrazione delle proprie competenze quale
gestore dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, i seguenti compiti oltre a quanto previsto negli altri
articoli del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli
infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno,
escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli infortuni e sulle
malattie correlate al lavoro, coordinandosi con il Ministero della salute e con
l'ISPESL;
c) partecipa alla elaborazione, formulando pareri e proposte, della normazione
tecnica in materia;
d) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni del Fondo di cui
all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n.
5. L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro - ISPESL
e' ente di diritto pubblico, nel settore della ricerca, dotato di autonomia
scientifica, organizzativa, patrimoniale, gestionale e tecnica. L'ISPESL e'
organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale di ricerca,
sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione,
informazione e documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle
malattie professionali, sicurezza sul lavoro e di promozione e tutela della
salute negli ambienti di vita e di lavoro, del quale si avvalgono gli organi
centrali dello Stato preposti ai settori della salute, dell'ambiente, del
lavoro e della produzione e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. L'ISPESL, nell'ambito delle sue attribuzioni istituzionali, opera
avvalendosi delle proprie strutture centrali e territoriali, garantendo
unitarieta' della azione di prevenzione nei suoi aspetti interdisciplinari e
svolge le seguenti attivita':
a) svolge e promuove programmi di studio e ricerca scientifica e programmi di
interesse nazionale nel campo della prevenzione degli infortuni, e delle
malattie professionali, della sicurezza sul lavoro e della promozione e tutela
della salute negli ambienti di vita e di
lavoro;
b) interviene nelle materie di competenza dell'Istituto, su
richiesta degli organi centrali dello Stato e delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dei controlli che richiedono
un'elevata competenza scientifica. Ai fini della presente lettera, esegue,
accedendo nei luoghi di lavoro, accertamenti e indagini in materia di salute e
sicurezza del lavoro;
c) e' organo tecnico-scientifico delle Autorita' nazionali preposte alla
sorveglianza del mercato ai fini del controllo della conformita' ai requisiti
di sicurezza e salute di prodotti messi a disposizione dei lavoratori;
d) svolge attivita' di organismo notificato per attestazioni di conformita'
relative alle Direttive per le quali non svolge
compiti relativi alla sorveglianza del mercato;
e) e' titolare di prime verifiche e verifiche di primo impianto di attrezzature
di lavoro sottoposte a tale regime;
f) fornisce consulenza al Ministero della salute, agli altri Ministeri e alle
regioni e alle province autonome in materia salute e sicurezza del lavoro;
g) fornisce assistenza al Ministero della salute e alle regioni e alle province
autonome per l'elaborazione del Piano sanitario nazionale, dei piani sanitari
regionali e dei piani nazionali e regionali della prevenzione, per il
monitoraggio delle azioni poste in essere nel campo salute e sicurezza del
lavoro e per la verifica del raggiungimento dei livelli essenziali di
assistenza in materia;
h) supporta il Servizio sanitario nazionale, fornendo informazioni, formazione,
consulenza e assistenza alle strutture operative per la promozione della
salute, prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro;
i) svolge, congiuntamente ai servizi di prevenzione e sicurezza nei luoghi di
lavoro delle ASL, l'attivita' di vigilanza sulle strutture sanitarie del
Servizio sanitario nazionale;
l) effettua il raccordo e la divulgazione dei risultati derivanti dalle
attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro svolte dalle strutture del
Servizio sanitario nazionale;
m) partecipa alla elaborazione di norme di carattere generale e formula, pareri
e proposte circa la congruita' della norma tecnica non armonizzata ai requisiti
di sicurezza previsti dalla legislazione nazionale vigente;
n) assicura la standardizzazione tecnico-scientifica delle metodiche e delle
procedure per la valutazione e la gestione dei rischi e per l'accertamento
dello stato di salute dei lavoratori in relazione a specifiche condizioni di
rischio e contribuisce alla definizione dei limiti di esposizione;
o) diffonde, previa istruttoria tecnica, le buone prassi di cui all'articolo 2,
comma 1, lettera v);
p) coordina il network nazionale in materia di salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro, in qualita' di focal point italiano nel network informativo
dell'Agenzia europea per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
q) supporta l'attivita' di monitoraggio del Ministero della salute sulla
applicazione dei livelli essenziali di assistenza relativi alla sicurezza nei
luoghi di lavoro.
7. L'IPSEMA svolge, con la finalita' di ridurre il fenomeno infortunistico ed
ad integrazione delle proprie competenze quale gestore dell'assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del
settore marittimo, i seguenti compiti oltre a quanto previsto negli altri
articoli del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici ed informativi, i dati relativi agli
infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno,
escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli infortuni e sulle
malattie correlate al lavoro, raccordandosi con il Ministero della salute e con
l'ISPESL;
c) finanzia, nell'ambito e nei limiti delle proprie spese istituzionali,
progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul
lavoro;
d) supporta, in raccordo con le amministrazioni competenti in materia di salute
per il settore marittimo, anche mediante convenzioni con l'INAIL, le
prestazioni di assistenza sanitaria riabilitativa per i lavoratori marittimi
anche al fine di assicurare il loro reinserimento lavorativo;
e) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni del Fondo di cui
all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con
riferimento agli infortuni del settore marittimo.
In sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono
fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal 1° gennaio
2007.
Note all'art. 9:
- il testo dell'art. 331 del codice di procedura penale e' il seguente:
«Art. 331 (Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati
di un pubblico servizio). - 1. Salvo quanto stabilito dall'art. 347, i pubblici
ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a
causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di reato
perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato e'
attribuito.
2. La denuncia e' presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o
a un ufficiale di polizia giudiziaria.
3. Quando piu' persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse
possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.
4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto
nel quale si puo' configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorita' che
procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.».
- Il testo dell'art. 12 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria
1988)), e' il seguente:
«Art. 12 -
2. Al fine di garantire agli infortunati sul lavoro e ai tecnopatici la
maggiore tempestivita' delle prestazioni da parte dell'INAIL, le regioni
stipulano convenzioni con detto Istituto secondo uno schema-tipo approvato dal
Ministro della sanita', di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, per disciplinare l'erogazione da parte dell'Istituto stesso,
congiuntamente agli accertamenti medico-legali, delle prime cure ambulatoriali
necessarie in caso di infortunio sul lavoro e di malattia professionale, e per
stabilire gli opportuni coordinamenti con le unita' sanitarie
locali.».
- Il testo dell'art. 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure
di razionalizzazione della finanza pubblica), e' il seguente:
«6. L'INAIL puo' destinare in via prioritaria una
quota fino al 15 per cento dei fondi disponibili, su delibera del consiglio di
amministrazione, per la realizzazione o per l'acquisto di immobili, anche
tramite accensione di mutui da destinare a strutture da locare al servizio
sanitario nazionale ovvero a centri per la riabilitazione, da destinare in via
prioritaria agli infortunati sul lavoro e da gestire, previa intesa con le
regioni, nei limiti dello standard di 5,5 posti letto per mille abitanti, di
cui l'1 per mille riservato alla riabilitazione ed alla lungodegenza post-acuzie.».
- Il testo dell'art. 2, comma 130, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure
di razionalizzazione della finanza pubblica), e' il seguente:
«130. Restano ferme le disposizioni previste per l'INAIL dall'art. 2, comma 6,
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per l'attuazione degli interventi da
realizzare nell'ambito degli indirizzi di programma del Ministero della sanita'
e d'intesa con questo.».
- Il testo dell'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2007)), e' il seguente:
«1187. Istituzione del Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime degli
infortuni sul lavoro. Al fine di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno
ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro, anche per i casi in
cui le vittime medesime risultino prive della copertura assicurativa
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui
al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno
1965, n. 1124, e' istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni
sul lavoro, di seguito denominato Fondo. Al Fondo e' conferita la somma di 2,5
milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da adottare entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le
tipologie dei benefici concessi, ivi comprese anticipazioni sulle prestazioni
erogate dall'INAIL, nonche' i requisiti e le modalita' di accesso agli
stessi.».
Art. 10.
Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tramite le
AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell'interno tramite
le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per
la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, il Ministero dello sviluppo economico per il settore
estrattivo, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (INAIL), l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), gli
organismi paritetici e gli enti di patronato svolgono, anche mediante
convenzioni, attivita' di informazione, assistenza, consulenza, formazione,
promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in
particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle imprese agricole e
delle piccole e medie imprese e delle rispettive associazioni dei datori di
lavoro.
Art. 11.
Attivita' promozionali
1. Nell'ambito della Commissione consultiva di cui
all'articolo 6 sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal
Comitato di cui all'articolo 5, le attivita' promozionali della cultura e delle
azioni di prevenzione con riguardo in particolare a:
a) finanziamento di progetti di investimento in materia di salute e sicurezza
sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese; per l'accesso a tali
finanziamenti deve essere garantita la semplicita' delle procedure;
b) finanziamento di progetti formativi specificamente dedicati alle piccole,
medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui all'articolo 52, comma 1,
lettera b);
c) finanziamento delle attivita' degli istituti scolastici, universitari e di
formazione professionale finalizzata all'inserimento in ogni attivita'
scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e
coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale di specifici
percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a
favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel
rispetto delle autonomie didattiche.
2. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri a carico delle
risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123,
come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n.
244. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'istruzione e
dell'universita' e della ricerca, acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, si provvede al riparto annuale delle risorse tra le
attivita' di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e dell'articolo
52, comma 2, lettera d).
3. Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di Trento e di
Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze, concorrono alla programmazione
e realizzazione di progetti formativi in materia di salute e sicurezza sul
lavoro, attraverso modalita' operative da definirsi in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo. Alla realizzazione e allo sviluppo di quanto
previsto nel periodo precedente possono altresi' concorrere le parti sociali,
anche mediante i fondi interprofessionali.
4. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura della salute e
sicurezza sul lavoro e' facolta' degli istituti scolastici, universitari e di
formazione professionale inserire in ogni attivita' scolastica ed universitaria
nelle istituzioni dell'alta formazione
artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale,
percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche ulteriori
rispetto a quelli disciplinati dal comma 1, lettera c)
e volti alle medesime finalita'. Tale attivita' e' svolta nell'ambito e nei
limiti delle risorse disponibili degli istituti.
5. Nell'ambito e nei limiti delle risorse di cui al comma 2 trasferite dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, l'INAIL finanzia progetti di
investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti
in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a
sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e
gestionale ispirati ai principi di responsabilita' sociale delle imprese.
Costituisce criterio di priorita' per l'accesso al finanziamento l'adozione da
parte delle imprese delle buone passi di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera v).
6. Nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le amministrazioni
pubbliche promuovono attivita' specificamente destinate ai lavoratori immigrati
o alle lavoratrici, finalizzate a migliorare i livelli di tutela dei medesimi
negli ambienti di lavoro.
7. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall'entrata in vigore del
presente decreto, le risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3
agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24
dicembre 2007, n. 244, sono utilizzate, secondo le priorita', ivi compresa una
campagna straordinaria di formazione, stabilite, entro sei mesi dall'entrata in
vigore del presente decreto, con accordo adottato, previa consultazione delle
parti sociali, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e la province autonome di Trento e di Bolzano.
Nota all'art. 11:
- Per il testo dell'art. 1, comma 7-bis. Della citata legge n. 123 del 2007, si
veda nota all'art. 1.
Art. 12.
Interpello
1.
Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti
territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonche', di propria iniziativa o su
segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano
nazionale e i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, possono
inoltrare alla Commissione per gli interpelli di cui al comma 2, esclusivamente
tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale sull'applicazione della
normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.
2. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1
costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle
attivita' di vigilanza.
Art. 13.
Vigilanza
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro e' svolta dalla azienda sanitaria locale
competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, nonche' per il settore minerario, fino
all'effettiva attuazione del trasferimento di competenze da adottarsi ai sensi
del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, dal
Ministero dello sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda
categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di
Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono
alle finalita' del presente articolo, nell'ambito delle proprie competenze,
secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla
legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, lo stesso personale puo' esercitare
l'attivita' di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attivita', informandone
preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria
locale competente per territorio:
a) attivita' nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e piu' in
particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione
e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento
armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio
di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti
l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attivita' lavorative comportanti rischi particolarmente elevati,
individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, e della salute, adottato
sentito il comitato di cui all'articolo 5 e previa intesa con
3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza
sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui
luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia di salute e sicurezza
dei lavoratori attribuite alle autorita' marittime a bordo delle navi ed in
ambito portuale, agli uffici di sanita' aerea e marittima, alle autorita'
portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a
bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonche' ai
servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di
polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono competenti altresi'
per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze
da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalita' di attuazione, con
decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della salute. L'Amministrazione della giustizia puo' avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e
di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonche' dei
servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie. 4. La vigilanza
di cui al presente articolo e' esercitata nel rispetto del coordinamento di cui
agli articoli 5 e 7.
5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che
svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo e in alcuna
parte del territorio nazionale, attivita' di consulenza.
6. L'importo delle somme che l'ASL, in qualita' di organo di vigilanza, ammette
a pagare in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 21, comma 2, primo
periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, integra l'apposito
capitolo regionale per finanziare l'attivita' di prevenzione nei luoghi di
lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
7. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del
decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento
agli organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente decreto.
Note all'art. 13:
- Il testo del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma
dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo
1997, n. 59), e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1999, n. 203,
supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 21, comma 2, primo periodo, del citato decreto legislativo
n. 758 del 1994, e' il seguente:
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. (Omissis).
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza
ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di
trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa.».
- Il Testo dell'art. 64 del citato decreto del Presidente delle Repubblica n.
303 del 1956, e' il seguente:
«Art. 64 (Ispezioni). - Gli ispettori del lavoro hanno facolta' di visitare, in
qualsiasi momento ed in ogni parte, i luoghi di lavoro e le relative
dipendenze, di sottoporre a visita medica il personale occupato, di prelevare
campioni di materiali o prodotti ritenuti nocivi, e altresi' di chiedere al
datore di lavoro, ai dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni
che ritengano necessarie per l'adempimento del loro compito, in esse comprese quelle sui processi di lavorazione. Gli
ispettori del lavoro hanno facolta' di prendere visione, presso gli ospedali ed
eventualmente di chiedere copia, della documentazione clinica dei lavoratori
per malattie dovute a cause lavorative o presunte tali. Gli ispettori del
lavoro devoo mantenere il segreto sopra i processi di lavorazione e sulle
notizie e documenti
dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.».
Art. 14.
Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della
salute e sicurezza dei lavoratori
1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei
lavoratori, nonche' di contrastare il fenomeno del lavoro
sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore
per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 92, comma 1, lettera e), gli
organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche
su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive
competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di un'attivita'
imprenditoriale qualora riscontrino l'impiego di personale non risultante dalle
scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al
20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero in
caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei
tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7
e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni,
considerando le specifiche gravita' di esposizione al rischio di infortunio,
nonche' in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, adottato sentita
partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonche'
per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della
durata della sospensione e comunque non superiore a due anni. Le disposizioni
del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito dei
cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli organi di
vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento all'accertamento
della reiterazione delle violazioni della disciplina in materia di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro di cui al comma
3. Il provvedimento di sospensione puo' essere
revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
4. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di
vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma
1:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle
ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei
tempi di lavoro, riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, o di gravi e
reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro;
c) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500 rispetto a
quelle di cui al comma 6.
5. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di
vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2:
a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle
ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in materia di tutela
della salute e della sicurezza sul lavoro;
b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500 rispetto a
quelle di cui al comma 6.
6. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e
amministrative vigenti.
7. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c), integra la
dotazione del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 luglio 1993, n. 236, ed e' destinato al finanziamento degli interventi
di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare individuati con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 1, comma
1156, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
8. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5,
lettera b), integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di
prevenzione nei luoghi di lavoro.
9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 e' ammesso
ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro
territorialmente competente e al presidente della Giunta regionale, i quali si
pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di
sospensione perde efficacia.
10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di
cui al presente articolo e' punito con l'arresto fino a sei mesi.
11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro
di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo si applicano nel
rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia.
Note all'art. 14:
- Il testo degli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66
(Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti
taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro), e' il seguente:
«Art. 4 (Durata massima dell'orario di lavoro). - 1. I contratti
collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dell'orario di
lavoro.
2. La durata media dell'orario di lavoro non puo' in ogni caso superare, per
ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese
le ore di lavoro straordinario.
3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di
lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a
quattro mesi.
4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di
cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni
obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli
stessi contratti collettivi.
5. In caso di superamento delle quarantotto ore di lavoro settimanale,
attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unita' produttive che
occupano piu' di dieci dipendenti il datore di lavoro e' tenuto a informare,
entro trenta giorni dalla scadenza del periodo di riferimento di cui ai
precedenti commi 3 e 4,
«Art. 7 (Riposo giornaliero). - 1. Ferma restando la durata normale dell'orario
settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni
ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo
fatte salve le attivita' caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante
la giornata».
«Art. 9 (Riposi settimanali). - 1. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a
un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in
coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di
cui all'art. 7.
2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a) le attivita' di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi squadra e
non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di
quello della squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o
settimanale;
b) le attivita' caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la
giornata;
c) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le
attivita' discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attivita'
connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuita'
e la regolarita' del traffico ferroviario;
d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto
delle condizioni previste dall'art. 17, comma 4.
3. Il riposo di ventiquattro ore consecutive puo' essere fissato in un giorno
diverso dalla domenica e puo' essere attuato mediante turni per il personale
interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero
addetto alle attivita' aventi le seguenti caratteristiche:
a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a combustione o
a energia elettrica per l'esercizio di processi caratterizzati dalla
continuita' della combustione ed operazioni collegate, nonche' attivita' industriali ad alto assorbimento di energia
elettrica ed operazioni collegate;
b) attivita' industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo
svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo
alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e
della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di
facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non piu' di 3
mesi all'anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si
compiano alcune delle suddette attivita' con un decorso complessivo di
lavorazione superiore a tre mesi;
d) i servizi ed attivita' il cui funzionamento domenicale corrisponda ed
esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettivita'
ovvero sia di pubblica utilita';
e) attivita' che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta
intensita' di capitali o ad alta tecnologia;
f) attivita' di cui all'art. 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;
g) attivita' indicate agli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 114, e di cui all'art. 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.
4. Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del
riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonche' le deroghe
previste dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i
pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite
le organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente piu'
rappresentative, nonche' le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro,
saranno individuate le attivita' aventi le caratteristiche di cui al comma 3,
che non siano gia' ricomprese nel decreto ministeriale
22 giugno 1935, e successive modifiche e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 161 del 12 luglio 1935, nonche' quelle di cui al comma 2, lettera
d), salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c). Con le stesse modalita'
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero per i pubblici
dipendenti il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, provvede all'aggiornamento e alla
integrazione delle predette attivita'. Nel caso di cui al comma 2, lettera d),
e salve le eccezioni di cui alle lettere a), b), e c) l'integrazione avra'
senz'altro luogo decorsi trenta giorni dal deposito dell'accordo presso il
Ministero stesso.».
- Il testo dell'art. 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice
dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), e' il
seguente:
«Art. 6 (Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture). (art. 81.2, direttiva 2004/18; art. 72.2,
direttiva 2004/17; art. 4, legge n. 109/1994; art. 25, comma 1, lettera c),
legge n. 62/2005). -
2. L'Autorita' e' organo collegiale costituito da sette membri nominati con
determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica. I membri dell'Autorita', al fine di garantire la
pluralita' delle esperienze e delle conoscenze, sono scelti tra personalita'
che operano in settori tecnici, economici e giuridici con riconosciuta
professionalita'. L'Autorita' sceglie il presidente tra i propri componenti e
stabilisce le norme sul proprio funzionamento.
3. I membri dell'Autorita' durano in carica cinque anni e non possono essere
confermati. Essi non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attivita'
professionale o di consulenza, non possono essere amministratori o dipendenti
di enti pubblici o privati ne' ricoprire altri uffici
pubblici di qualsiasi natura o rivestire cariche pubbliche elettive o cariche
nei partiti politici. I dipendenti pubblici, secondo gli ordinamenti di
appartenenza, sono collocati fuori ruolo o in aspettativa per l'intera durata
del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, e'
determinato il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorita'.
4. L'Autorita' e' connotata da indipendenza funzionale, di giudizio e di
valutazione e da autonomia organizzativa.
5. L'Autorita' vigila sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di
lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali,
nonche', nei limiti stabiliti dal presente codice, sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito di applicazione del presente
codice, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'art. 2 e,
segnatamente, il rispetto dei principi di correttezza e trasparenza delle
procedure di scelta del contraente, e di economica ed efficiente esecuzione dei
contratti, nonche' il rispetto delle regole della concorrenza nelle singole
procedure di gara.
6. Sono fatte salve le competenze delle altre Autorita' amministrative
indipendenti.
7. Oltre a svolgere i compiti espressamente previsti da altre norme,
l'Autorita':
a) vigila sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare vigente,
verificando, anche con indagini campionarie, la regolarita' delle procedure di
affidamento;
b) vigila sui contratti di lavori, servizi, forniture, esclusi in tutto o in
parte dall'ambito di applicazione del presente codice, verificando, con
riferimento alle concrete fattispecie contrattuali, la legittimita' della
sottrazione al presente codice e il rispetto dei principi relativi ai contratti
esclusi; non sono soggetti a obblighi di comunicazione all'Osservatorio ne' a
vigilanza dell'Autorita' i contratti di cui agli articoli 16, 17, 18;
c) vigila affinche' sia assicurata l'economicita' di esecuzione dei contratti
pubblici;
d) accerta che dall'esecuzione dei contratti non sia derivato pregiudizio per
il pubblico erario;
e) segnala al Governo e al Parlamento, con apposita comunicazione, fenomeni
particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della
normativa sui contratti pubblici;
f) formula al Governo proposte in ordine alle modifiche occorrenti in relazione
alla legislazione che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi,
forniture;
g) formula al Ministro delle infrastrutture proposte per la revisione del
regolamento;
h) predispone e invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale nella
quale si evidenziano le disfunzioni riscontrate nel settore dei contratti
pubblici con particolare riferimento:
h.1) alla frequenza del ricorso a procedure non concorsuali;
h.2) alla inadeguatezza della pubblicita' degli atti;
h.3) allo scostamento dai costi standardizzati di cui all'art. 7;
h.4) alla frequenza del ricorso a sospensioni dell'esecuzione o a varianti in
corso di esecuzione;
h.5) al mancato o tardivo adempimento degli obblighi nei confronti dei
concessionari e degli appaltatori;
h.6) allo sviluppo anomalo del contenzioso;
i) sovrintende all'attivita' dell'Osservatorio di cui all'art. 7;
l) esercita i poteri sanzionatori ad essa attribuiti;
m) vigila sul sistema di qualificazione, con le modalita' stabilite dal
regolamento di cui all'art. 5; nell'esercizio di tale vigilanza l'Autorita'
puo' annullare, in caso di constatata inerzia degli organismi di attestazione,
le attestazioni rilasciate in difetto dei presupposti stabiliti dalle norme
vigenti, nonche' sospendere, in via cautelare, dette attestazioni;
n) su iniziativa della stazione appaltante e di una o piu' delle altre parti,
esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo
svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di
soluzione; si applica l'art. 1, comma 67, terzo periodo, della legge 23
dicembre 2005, n. 266;
o) svolge i compiti previsti dall'art. 1, comma 67, legge 23 dicembre 2005, n.
266.
8. Quando all'Autorita' e' attribuita la competenza ad irrogare sanzioni
pecuniarie, le stesse, nei limiti edittali, sono commisurate al valore del
contratto pubblico cui le violazioni si riferiscono. Sono fatte salve le
diverse sanzioni previste dalle norme vigenti. I provvedimenti dell'Autorita'
devono prevedere il termine di pagamento della sanzione. La riscossione della
sanzione avviene mediante iscrizione a ruolo.
9. Nell'ambito della propria attivita' l'Autorita' puo':
a) richiedere alle stazioni appaltanti, agli operatori economici esecutori dei
contratti, nonche' ad ogni altra pubblica amministrazione e ad ogni ente, anche
regionale, operatore economico o persona fisica che ne sia in possesso,
documenti, informazioni e chiarimenti relativamente ai lavori, servizi e
forniture pubblici, in corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di
progettazione, agli affidamenti;
b) disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di
chiunque ne abbia interesse, avvalendosi anche della collaborazione di altri
organi dello Stato;
c) disporre perizie e analisi economiche e statistiche nonche' la consultazione
di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria;
d) avvalersi del Corpo della Guardia di Finanza, che esegue le verifiche e gli
accertamenti richiesti agendo con i poteri di indagine ad esso attribuiti ai
fini degli accertamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto e alle imposte
sui redditi. Tutte le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dalla Guardia
di Finanza nello svolgimento di tali attivita' sono comunicati all'Autorita'.
10. Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti gli
operatori economici oggetto di istruttoria da parte dell'Autorita' sono
tutelati, sino alla conclusione dell'istruttoria medesima, dal segreto di
ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.
I funzionari dell'Autorita', nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici
ufficiali. Essi sono vincolati dal segreto d'ufficio.
11. Con provvedimento dell'Autorita', i soggetti ai quali e' richiesto di
fornire gli elementi di cui al comma 9 sono sottoposti alla sanzione
amministrativa pecuniaria fino a euro 25.822,00 se rifiutano od omettono, senza
giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti,
ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 51.545,00 se
forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri. Le stesse
sanzioni si applicano agli operatori economici che non ottemperano alla
richiesta della stazione appaltante o dell'ente aggiudicatore di comprovare il
possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, nonche'
agli operatori economici che forniscono dati o documenti non veritieri, circa il
possesso dei requisiti di qualificazione, alle stazioni appaltanti o agli enti
aggiudicatori a agli organismi di attestazione.
12. Qualora i soggetti ai quali e' richiesto di fornire gli elementi di cui al
comma 9 appartengano alle pubbliche amministrazioni, si applicano le sanzioni
disciplinari previste dai rispettivi ordinamenti. Il procedimento disciplinare
e' instaurato dall'amministrazione competente su segnalazione dell'Autorita' e
il relativo esito va comunicato all'Autorita' medesima.
13. Qualora accerti l'esistenza di irregolarita', l'Autorita' trasmette gli
atti e i propri rilievi agli organi di controllo e, se le irregolarita' hanno
rilevanza penale, agli organi giurisdizionali competenti. Qualora l'Autorita'
accerti che dalla esecuzione dei contratti pubblici derivi pregiudizio per il
pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti
interessati e alla procura generale della Corte dei conti.».
- Il testo della legge 7 agosto 1990, n. 241, (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1990, n. 192.
- Il testo degli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.
139 (Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'art. 11 della legge 29
luglio 2003, n. 229), e' il seguente:
«Art. 16 (Certificato di prevenzione incendi). (art.
4, legge 26 luglio 1965, n. 966; art. 1, legge 7 dicembre 1984, n. 818; art. 3,
decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37; articoli 13, 14
e 17, decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577). - 1. Il
certificato di prevenzione incendi attesta il rispetto delle prescrizioni previste
dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di
sicurezza antincendio nei locali, attivita', depositi, impianti ed industrie
pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed all'impiego di
prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di
incendio gravi pericoli per l'incolumita' della vita e dei beni ed in relazione
alle esigenze tecniche di sicurezza, con decreto del Presidente della
Repubblica, da emanare a norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto
1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno,
sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi.
Con lo stesso decreto e' fissato il periodo di validita' del certificato per le
attivita' ivi individuate.
2. Il certificato di prevenzione incendi e' rilasciato dal competente Comando
provinciale dei vigili del fuoco, su istanza dei soggetti responsabili delle
attivita' interessate, a conclusione di un procedimento che comprende il
preventivo esame ed il parere di conformita' sui progetti, finalizzati
all'accertamento della rispondenza dei progetti stessi alla normativa di
prevenzione incendi, e l'effettuazione di visite tecniche, finalizzate a
valutare direttamente i fattori di rischio ed a verificare la rispondenza delle
attivita' alla normativa di prevenzione incendi e l'attuazione delle
prescrizioni e degli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle
attivita' medesime. Resta fermo quanto previsto dalle prescrizioni in materia
di prevenzione incendi a carico dei soggetti responsabili delle attivita' ed a
carico dei soggetti responsabili dei progetti e della documentazione tecnica
richiesta.
3. In relazione ad insediamenti industriali ed attivita' di
tipo complesso, il Comando provinciale dei vigili del fuoco puo' acquisire, ai
fini del parere di conformita' sui progetti, le valutazioni del Comitato
tecnico regionale per la prevenzione incendi, avvalersi, per le visite
tecniche, di esperti in materia designati dal Comitato stesso, nonche'
richiedere il parere del Comitato centrale tecnico scientifico di cui all'art.
21.
4. Ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi, il Comando
provinciale dei vigili del fuoco, oltre ad eseguire direttamente accertamenti e
valutazioni, acquisisce dai soggetti responsabili delle attivita' di cui al
comma 1 le certificazioni e le dichiarazioni attestanti la conformita' delle
attivita' alla normativa di prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori
o professionisti, iscritti in albi professionali, autorizzati ed iscritti, a
domanda, in appositi elenchi del Ministero dell'interno. Il rilascio delle
autorizzazioni e l'iscrizione nei predetti elenchi sono subordinati al possesso
dei requisiti stabiliti con decreto del Ministro dell'interno.
5. Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza dei requisiti previsti
dalle norme tecniche di prevenzione incendi, il Comando provinciale non
provvede al rilascio del certificato, dandone comunicazione all'interessato, al
sindaco, al prefetto e alle altre autorita' competenti ai fini dei
provvedimenti da adottare nei rispettivi ambiti. Le determinazioni assunte dal
Comando provinciale sono atti definitivi.
6. Indipendentemente dal periodo di validita' del certificato di prevenzione
incendi stabilito con il regolamento di cui al comma
7. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato a norma dell'art. 17,
comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro
dell'interno, sono dettate le disposizioni attuative relative al procedimento
per il rilascio del certificato di prevenzione incendi. Esso disciplina
inoltre: il procedimento per il rinnovo del certificato medesimo; il
procedimento per il rilascio del provvedimento di deroga all'osservanza della
normativa di prevenzione incendi, in relazione agli insediamenti, agli impianti
e alle attivita' in essi svolte che presentino
caratteristiche tali da non consentire l'integrale osservanza della normativa
medesima; gli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attivita'.
8. Resta fermo quanto previsto al punto 28 dell'allegato A della legge 24
novembre 2000, n. 340.».
«Art. 19 (Vigilanza). (art. 23, decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626). - 1. Il Corpo nazionale esercita, con i poteri di
polizia amministrativa e giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della
normativa di prevenzione incendi in relazione alle attivita', costruzioni,
impianti, apparecchiature e prodotti ad essa assoggettati.
La vigilanza si realizza attraverso visite tecniche, verifiche e controlli
disposti di iniziativa dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in
base a programmi settoriali per categorie di attivita' o prodotti, ovvero nelle
ipotesi di situazioni di potenziale pericolo segnalate o comunque rilevate. Nell'esercizio dell'attivita' di vigilanza, il Corpo nazionale puo'
avvalersi di amministrazioni, enti, istituti, laboratori e organismi aventi
specifica competenza.
2. Al personale incaricato delle visite tecniche, delle verifiche e dei
controlli e' consentito: l'accesso alle attivita', costruzioni ed impianti
interessati, anche durante l'esercizio; l'accesso ai luoghi di fabbricazione,
immagazzinamento e uso di apparecchiature e prodotti; l'acquisizione delle
informazioni e dei documenti necessari; il prelievo di campioni per
l'esecuzione di esami e prove e ogni altra attivita' necessaria all'esercizio
della vigilanza.
3. Qualora nell'esercizio dell'attivita' di vigilanza siano rilevate condizioni
di rischio, l'inosservanza della normativa di prevenzione incendi ovvero
l'inadempimento di prescrizioni e obblighi a carico dei soggetti responsabili
delle attivita', il Corpo nazionale adotta, attraverso i propri organi, i
provvedimenti di urgenza per la messa in sicurezza delle opere e da'
comunicazione dell'esito degli accertamenti effettuati ai soggetti interessati,
al sindaco, al prefetto e alle altre autorita' competenti, ai fini degli atti e
delle determinazioni da assumere nei rispettivi ambiti di competenza.».
«Art. 20 (Sanzioni penali e sospensione dell'attivita). (articoli 1, 5, commi 1 e 2, legge 7 dicembre 1984, n. 818;
art. 2, legge 26 luglio 1965, n. 966). - 1. Chiunque, in qualita' di titolare
di una delle attivita' soggette al rilascio del certificato di prevenzione
incendi, ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo
e' punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda da 258 euro a 2.582
euro, quando si tratta di attivita' che comportano la detenzione e l'impiego di
prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di
incendio gravi pericoli per l'incolumita' della vita e dei beni, da individuare
con il decreto del Presidente della Repubblica. previsto
dall'art. 16, comma 1.
2. Chiunque, nelle certificazioni e dichiarazioni rese ai fini del rilascio o
del rinnovo del certificato di prevenzione incendi, attesti fatti non
rispondenti al vero e' punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la
multa da 103 euro a 516 euro. La stessa pena si applica a chi falsifica o
altera le certificazioni e dichiarazioni medesime.
3. Ferme restando le sanzioni penali previste dalle disposizioni vigenti, il
prefetto puo' disporre la sospensione dell'attivita'
nelle ipotesi in cui i soggetti responsabili omettano di richiedere: il
rilascio ovvero il rinnovo del certificato di prevenzione incendi; i servizi di
vigilanza nei locali di pubblico spettacolo ed intrattenimento e nelle
strutture caratterizzate da notevole presenza di pubblico per i quali i servizi
medesimi sono obbligatori. La sospensione e' disposta fino all'adempimento
dell'obbligo.».
- Il testo del citato decreto legislativo n. 66 del 2003 e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003, n. 87, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 1, comma 7, del decreto-legge 20
maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione),
convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e' il
seguente:
«Art. 1 (Fondo per l'occupazione). - 1. - 6. (Omissis). 7. Per le finalita' di
cui al presente art. e' istituito presso il Ministero del lavoro e della
previdenza sociale il Fondo per l'occupazione, alimentato dalle risorse di cui
all'autorizzazione di spesa stabilita al comma 8, nel quale confluiscono anche
i contributi comunitari destinati al finanziamento delle iniziative di cui al
presente articolo, su richiesta del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale. A tale ultimo fine i contributi affluiscono
all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al predetto Fondo:».
- Il testo dell'art. 1, comma 1156, lettera g), della citata legge n. 296 del
2006, e' il seguente:
«g) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto,
dispone annualmente di una quota del Fondo per l'occupazione, nei limiti delle
risorse disponibili del Fondo medesimo, per interventi strutturali ed
innovativi volti a migliorare e riqualificare la capacita' di azione
istituzionale e l'informazione dei lavoratori e delle lavoratrici in materia di
lotta al lavoro sommerso ed irregolare, promozione di nuova occupazione, tutela
della salute e della sicurezza dei lavoratori, iniziative in materia di
protezione sociale ed in ogni altro settore di competenza del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale;».
Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI
Art. 15.
Misure generali di tutela
1. Le
misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in
modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda nonche' l'influenza dei fattori dell'ambiente e
dell'organizzazione del lavoro;
c) l'eliminazione dei rischi e, ove cio' non sia possibile, la loro riduzione
al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella
concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella
definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di
ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di cio' che e' pericoloso con cio' che non lo e', o e' meno
pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono
essere, esposti al rischio;
h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di
lavoro;
i) la priorita' delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di
protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per motivi
sanitari inerenti la sua persona e l'adibizione, ove possibile, ad altra
mansione;
n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;
p) l'informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza;
q) l'istruzioni adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza;
t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione
di codici di condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;
v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con
particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita' alla
indicazione dei fabbricanti.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il
lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Art. 16.
Delega di funzioni
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente
esclusa, e' ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalita' ed esperienza
richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di
organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle
funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo
svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva
pubblicita'.
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore
di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle
funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di
verifica e controllo di cui all'articolo 30,comma 4.
Art. 17.
Obblighi del datore di lavoro non delegabili
1. Il datore di lavoro non puo' delegare le seguenti attivita':
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del
documento previsto dall'articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi.
Art. 18.
Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attivita' di cui all'articolo 3, e
i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attivita' secondo le
attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza
sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo.
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle
misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di
lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso
e, comunque, di gestione dell'emergenza;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacita' e delle
condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione
individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e
il medico competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinche' soltanto i lavoratori che hanno
ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che
li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti,
nonche' delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del
lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di
protezione individuali messi a loro disposizione;
g) richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo
carico nel presente decreto;
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di
emergenza e dare istruzioni affinche' i lavoratori, in caso di pericolo grave,
immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un
pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da
prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui
agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della
salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro
attivita' in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e
immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di
protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione,
copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), nonche'
consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di cui alla lettera
r);
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, e, su richiesta di
questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne tempestivamente
copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche
adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare
l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;
r) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze,
a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che
comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello
dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul
lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi
di cui all'articolo 50;
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e
dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonche' per il caso di pericolo grave e
immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure devono
essere adeguate alla natura dell'attivita', alle dimensioni dell'azienda o
dell'unita' produttiva, e al numero delle persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto e di
subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento,
corredata di fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e
l'indicazione del datore di lavoro;
v) nelle unita' produttive con piu' di 15 lavoratori, convocare la riunione
periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi
e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o
in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della
protezione;
aa) comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
bb) vigilare affinche' i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza
sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il
prescritto giudizio di idoneita'.
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al
medico competente informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure
preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie
professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione
necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la
sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche
amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta,
per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale
caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari
preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento
all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
Art. 19.
Obblighi del preposto
1. In riferimento alle attivita' indicate
all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori
dei loro obblighi di legge, nonche' delle disposizioni aziendali in materia di
salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di
persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinche' soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate
istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di
rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinche' i lavoratori, in caso
di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la
zona pericolosa;
d) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un
pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da
prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai
lavoratori di riprendere la loro attivita' in una situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le
deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di
protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi
durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione
ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto
dall'articolo 37.
Art. 20.
Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria
salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di
lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente
alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti,
all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui
luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro,
dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed
individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i
preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonche' i dispositivi di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro
disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le
deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonche'
qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza,
adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie
competenze e possibilita' e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per
eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone
notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o
di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro
competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri
lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal
datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o
comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attivita' in regime di appalto o
subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata di
fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e l'indicazione del datore
di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che
esercitano direttamente la propria attivita' nel medesimo luogo di lavoro, i
quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
Art. 21.
Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo
230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi
1. I componenti dell'impresa familiare di cui
all'articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono
opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i piccoli
imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile e i soci delle societa'
semplici operanti nel settore agricolo devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformita' alle disposizioni di cui al
titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli
conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia,
contenente le proprie generalita', qualora effettuino la loro prestazione in un
luogo di lavoro nel quale si svolgano attivita' in regime di appalto o
subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attivita'
svolte e con oneri a proprio carico hanno facolta' di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui
all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza
sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attivita' svolte, secondo le
previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da
norme speciali.
Nota all'art. 21:
- Per il testo degli articoli 230-bis, 2083 e 2222 del codice civile, si veda
nota all'art. 3.
Art. 22.
Obblighi dei progettisti
1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti
rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza
sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono
attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle
disposizioni legislative e regolamentari in materia.
Art. 23.
Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori
1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione
in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed
impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti
in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di
attestazione alla conformita', gli stessi debbono essere accompagnati, a cura
del concedente, dalla relativa documentazione.
Art. 24.
Obblighi degli installatori
1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri
mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono attenersi alle norme di
salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alle istruzioni fornite dai rispettivi
fabbricanti.
Art. 25.
Obblighi del medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e
protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove
necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione
delle misure per la tutela della salute e della integrita' psico-fisica dei
lavoratori, all'attivita' di formazione e informazione nei confronti dei
lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di
primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e
le peculiari modalita' organizzative del lavoro. Collabora
inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di «promozione
della salute», secondo i principi della responsabilita' sociale;
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41
attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e
tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici piu' avanzati;
c) istituisce, anche tramite l'accesso alle cartelle sanitarie e di rischio, di
cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilita',
una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria. Nelle aziende o unita'
produttive con piu' di 15 lavoratori il medico competente concorda con il
datore di lavoro il luogo di custodia;
d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, la
documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di
cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con salvaguardia del
segreto professionale;
e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, la
documentazione sanitaria in suo possesso e gli fornisce le informazioni
riguardo la necessita' di conservazione;
f) invia all'ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle sanitarie e
di rischio nei casi previsti dal presente decreto legislativo, alla cessazione
del rapporto di lavoro, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Il lavoratore interessato puo'
chiedere copia delle predette cartelle all'ISPESL anche attraverso il proprio
medico di medicina generale;
g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza
sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione
ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessita' di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attivita' che comporta
l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresi', a richiesta, informazioni
analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza
sanitaria di cui all'articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia
copia della documentazione sanitaria;
i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni
di cui all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di
prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria
effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini
della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrita'
psico-fisica dei lavoratori;
l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa
che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una
periodicita' diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai
fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;
m) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori
i cui risultati gli sono forniti con tempestivita' ai fini della valutazione
del rischio e della sorveglianza sanitaria;
n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di
cui all'articolo 38 al Ministero della salute entro il termine di sei mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Nota all'art. 25:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda nota
all'art. 1.
Art. 26.
Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'impresa
appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di
una singola unita' produttiva della stessa, nonche' nell'ambito dell'intero
ciclo produttivo dell'azienda medesima:
a) verifica, con le modalita' previste dal decreto di cui all'articolo
6, comma 8, lettera g), l'idoneita' tecnico professionale delle imprese
appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto
o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla
data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la
verifica e' eseguita attraverso le seguenti modalita':
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio,
industria e artigianato;
2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei
lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneita' tecnico
professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici
esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di
prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attivita'.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i
subappaltatori:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi
sul lavoro incidenti sull'attivita' lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono
esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi
dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte
nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento
di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che
indichi le misure adottate per eliminare o, ove cio' non e' possibile, ridurre
al minimo i rischi da interferenze. Tale documento e' allegato al
contratto di appalto o di opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25
agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di
cui al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le
disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri
dell'attivita' delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di
responsabilita' solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei
contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in
solido con l'appaltatore, nonche' con ciascuno degli eventuali subappaltatori,
per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal
subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera
dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le
disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei
rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche
qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente
decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di
somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice
civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullita' ai sensi
dell'articolo 1418 del codice civile i costi relativi alla sicurezza del lavoro
con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto.
Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del
25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro
il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data.
A tali dati possono accedere, su richiesta, il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle
organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative a
livello nazionale.
6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione
dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori
pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a
valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo
del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere
specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entita' e alle
caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente
comma il costo del lavoro e' determinato periodicamente, in apposite tabelle,
dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori
economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati
comparativamente piu' rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed
assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree
territoriali. In mancanza di contratto collettivo
applicabile, il costo del lavoro e' determinato in relazione al contratto
collettivo del settore merceologico piu' vicino a quello preso in
considerazione.
7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8, comma 1, della legge 3
agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le
disposizioni del presente decreto.
8. Nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto o
subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice
deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di
fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e l'indicazione del datore
di lavoro.
Note all'art. 26:
- Il testo dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di documentazione amministrativa (Testo A), e' il seguente:
«Art. 47 (Dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorieta). -
2. La dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante puo' riguardare anche stati, qualita' personali e fatti
relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.
3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con
la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti
gli stati, le qualita' personali e i fatti non espressamente indicati nell'art.
46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di
atto di notorieta'.
4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia
all'Autorita' di Polizia Giudiziaria e' presupposto necessario per attivare il
procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di
riconoscimento o comunque attestanti stati e qualita' personali
dell'interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi e' comprovato da chi ne
richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva.».
- Il testo degli articoli 1418, 1559, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, e'
il seguente:
«Art. 1418 (Cause di nullita' del contratto). - Il contratto e' nullo quando e' contrario a norme imperative salvo che la
legge disponga diversamente. Producono nullita' del contratto la mancanza di
uno dei requisiti indicati dall'art.
Il contratto e' altresi' nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.».
«Art. 1559 (Nozione). - La somministrazione e' il contratto con il quale una
parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore
dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.».
«Art. 1655 (Nozione). - L'appalto e' il contratto col quale una parte assume,
con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il
compimento di una opera o di un servizio verso un
corrispettivo in danaro.».
«Art. 1656 (Subappalto). - L'appaltatore non puo' dare in subappalto
l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non e' stato autorizzato dal
committente.».
«Art. 1677 (Prestazione continuativa o periodica di servizi). - Se l'appalto ha
per oggetto prestazioni continuative o periodiche di
servizi, si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo capo e quelle
relative al contratto di somministrazione.».
- Il testo del citato decreto legislativo n. 163 del 2006, e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2006, n. 100, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 8, comma 1, della citata legge 123 del 2007, e' il
seguente:
«Art. 8 (Modifiche all'art. 86 del codice di cui al decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163). - 1. All'art. 86 del codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163, il comma 3-bis e' sostituito dai seguenti:
"3-bis. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione
dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori
pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a
valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo
del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere
specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entita' e alle
caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente
comma il costo del lavoro e' determinato periodicamente, in apposite tabelle,
dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori
economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati
comparativamente piu' rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed
assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree
territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del
lavoro e' determinato in relazione al contratto collettivo del settore
merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione.
3-ter. Il costo relativo alla sicurezza non puo' essere comunque soggetto a
ribasso d'asta.».
Art. 27.
Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi
1. Nell'ambito della Commissione di cui all'articolo 6, anche tenendo conto
delle indicazioni provenienti da organismi paritetici, vengono
individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di un sistema di
qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con riferimento alla
tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica
esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi
formativi mirati.
2. Il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione di cui al comma 1
costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli
appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad agevolazioni, finanziamenti e
contributi a carico della finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi
appalti o subappalti.
Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Art. 28.
Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o
dei preparati chimici impiegati, nonche' nella sistemazione dei luoghi di lavoro,
deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi
compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari,
tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i
contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le
lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonche' quelli connessi alle differenze di
genere, all'eta', alla provenienza da altri Paesi.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a
conclusione della valutazione, deve avere data certa e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la
salute durante l'attivita' lavorativa, nella quale siano specificati i criteri
adottati per la valutazione stessa;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei
dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di
cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento
nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da
realizzare, nonche' dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono
provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente
soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello
territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del
rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a
rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacita' professionale,
specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresi' rispettare le
indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi
contenute nei successivi titoli del presente decreto.
Nota all'art. 28:
- Il testo del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e
della paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2001, n. 96, supplemento ordinario.
Art. 29.
Modalita' di effettuazione della valutazione dei rischi
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di
cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in
collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e
il medico competente, nei casi di cui all'articolo 41.
2. Le attivita' di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere rielaborati,
nel rispetto delle modalita' di cui ai commi 1 e
4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), e quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi
presso l'unita' produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.
5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la
valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure
standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza
del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto
interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8,
lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di
lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi.
Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle attivita' di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche g).
6. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la
valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui
all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more
dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di cui
ai commi 1, 2, 3, e 4.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle attivita' svolte
nelle seguenti aziende:
a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e g);
b) aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i lavoratori a rischi
chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi
all'esposizione ad amianto;
c) aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV del presente
decreto.
Art. 30.
Modelli di organizzazione e di gestione
1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere
efficacia esimente della responsabilita' amministrativa delle persone
giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita'
giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere
adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per
l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di
legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici,
fisici e biologici;
b) alle attivita' di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure
di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attivita' di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso,
gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attivita' di sorveglianza sanitaria;
e) alle attivita' di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attivita' di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e
delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure
adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere
idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attivita' di
cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto
dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attivita' svolta,
un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri
necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio,
nonche' un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle
misure indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresi' prevedere un idoneo sistema di
controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo
delle condizioni di idoneita' delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale
modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative
alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione
di mutamenti nell'organizzazione e nell'attivita' in relazione al progresso
scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale
definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione
della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British
Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente
articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di
organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al presente
articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attivita'
finanziabili ai sensi dell'articolo 11.
Nota all'art. 30:
- Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001, si veda nota alle
premesse.
Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Art. 31.
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, il datore di lavoro
organizza il servizio di prevenzione e protezione all'interno della azienda o
della unita' produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche
presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo
le regole di cui al presente articolo.
2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma
1, devono possedere le capacita' e i requisiti professionali di cui
all'articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle
caratteristiche dell'azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo
svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a
causa della attivita' svolta nell'espletamento del proprio incarico.
3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro puo' avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso
delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione
di prevenzione e protezione del servizio.
4. Il ricorso a persone o servizi esterni e' obbligatorio in assenza di
dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unita' produttiva, siano
in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32.
5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non e' per
questo esonerato dalla propria responsabilita' in materia.
6. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unita' produttiva, e' comunque obbligatoria nei
seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di
notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi,
polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50
lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione
e protezione deve essere interno.
8. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive nonche' nei casi
di gruppi di imprese, puo' essere istituito un unico servizio di
prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono
rivolgersi a
tale struttura per l'istituzione del servizio e per la designazione
degli addetti e del responsabile.
Note all'art. 31:
- Il testo degli articoli 2, 6 e 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di
incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), e' il
seguente:
«Art. 2 (Ambito di applicazione). - 1. Il presente decreto si
applica agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantita'
uguali o superiori a quelle indicate nell'allegato I.
2. Ai fini del presente decreto si intende per «presenza di sostanze
pericolose» la presenza di queste, reale o prevista, nello stabilimento, ovvero
quelle che si reputa possano essere generate, in caso di perdita di controllo
di un processo industriale, in quantita' uguale o superiore a quelle indicate
nell'allegato I.
3. Agli stabilimenti industriali non rientranti tra quelli indicati al comma 1,
si applicano le disposizioni di cui all'art. 5.
4. Salvo che non sia diversamente stabilito rimangono
ferme le disposizioni di cui ai seguenti decreti:
a) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 marzo 1989 pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 1989, limitatamente agli articoli
1, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10;
b) decreto del Ministro dell'ambiente del 20 maggio 1991, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 126 del 31 maggio 1991, limitatamente agli articoli 1, 3
e 4;
c) decreto dei Ministri dell'ambiente e della sanita' 23 dicembre 1993,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 1994;
d) i criteri di cui all'allegato del decreto del Ministro dell'ambiente 13
maggio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 3 luglio 1996;
e) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996, pubblicato nel
supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 155 del 4 luglio 1996;
f) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 159 del 9 luglio 1996;
g) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre 1997, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998;
h) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre 1997, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 febbraio 1998;
i) decreto del Ministro dell'ambiente 16 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 74 del 30 marzo 1998;
l) decreto del Ministro dell'ambiente 20 ottobre 1998, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre 1998.
5. Le disposizioni di cui al presente decreto non pregiudicano l'applicazione
delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro.
«Art. 6 (Notifica). - 1. Il gestore degli stabilimenti di cui all'art. 2, comma
1, oltre a quanto disposto agli articoli 7 e 8, e' obbligato a trasmettere al
Ministero dell'ambiente, alla regione, alla provincia, al comune, al prefetto,
al Comando provinciale dei Vigili del fuoco componente per territorio e al
Comitato tecnico regionale o interregionale del Corpo nazionale dei Vigili del
fuoco, di cui all'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982, n. 577, integrato ai sensi dell'art. 19 e d'ora in avanti denominato
Comitato, una notifica entro i seguenti termini:
a) centottanta giorni prima dell'inizio della costruzione, per gli stabilimenti
nuovi;
b) entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli
stabilimenti preesistenti.
2. La notifica, sottoscritta nelle forme dell'autocertificazione con le
modalita' e gli effetti della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive
modifiche, deve contenere le seguenti informazioni:
a) il nome o la ragione sociale del gestore e l'indirizzo completo dello
stabilimento;
b) la sede o il domicilio del gestore, con l'indirizzo completo;
c) il nome o la funzione della persona responsabile dello stabilimento, se
diversa da quella di cui alla lettera a);
d) le notizie che consentano di individuare le sostanze pericolose o la
categoria di sostanze pericolose, la loro quantita' e la loro forma fisica;
e) l'attivita', in corso o prevista, dell'impianto o del deposito;
f) l'ambiente immediatamente circostante lo stabilimento e, in particolare, gli
elementi che potrebbero causare un incidente rilevante o aggravarne le
conseguenze.
3. Il gestore degli stabilimenti che, per effetto di modifiche all'allegato I, o per effetto di modifiche tecniche disposte con il
decreto di cui all'art. 15, comma 2, o per effetto di mutamento della
classificazione di sostanze pericolose rientrano nel campo di applicazione del
presente decreto deve espletare i prescritti adempimenti entro un anno dalla
data di entrata in vigore delle suddette modifiche ovvero entro il termine
stabilito dalla disciplina di recepimento delle relative disposizioni
comunitarie.
4. In caso di chiusura definitiva dell'impianto o del deposito, ovvero nel caso
di aumento significativo della quantita' e di modifica significativa della
natura o dello stato fisico delle sostanze pericolose presenti, o di modifica
dei processi che le impiegano, o di modifica dello stabilimento o dell'impianto
che potrebbe costituire aggravio del preesistente livello di rischio ai sensi
del decreto di cui all'art. 10, nonche' di variazioni delle informazioni di cui
al comma 2, il gestore aggiorna tempestivamente, nelle forme
dell'autocertificazione, la notifica di cui al comma 1 e la scheda di cui
all'allegato V.
5. Il gestore, unitamente alla notifica di cui al comma 2, invia al Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio, alla regione, alla provincia, al sindaco, al
prefetto, al Comitato, nonche' al Comando provinciale dei Vigili del fuoco,
competenti per territorio, le informazioni di cui all'allegato V.
6. Il gestore degli stabilimenti di cui all'art. 2, comma 1, puo' allegare alla
notifica di cui al comma 2 le certificazioni o autorizzazioni previste dalla
normativa vigente in materia ambientale e di sicurezza e quanto altro
eventualmente predisposto in base a regolamenti comunitari volontari, come ad
esempio il Regolamento (CEE) 1836/93 del Consiglio, del 29 giugno 1993,
sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale a un sistema
comunitario di ecogestione e audit, e norme tecniche internazionali.
6-bis. Il gestore di un nuovo stabilimento ovvero il gestore che ha realizzato
modifiche con aggravio del preesistente livello di rischio ovvero modifiche
tali da comportare obblighi diversi per lo stabilimento stesso ai sensi del
presente decreto, previo conseguimento delle previste autorizzazioni, prima
dell'avvio delle attivita' ne da' comunicazione ai destinatari della notifica
di cui al comma 1.».
«Art. 8 (Rapporto di sicurezza). - 1. Per gli stabilimenti in cui sono presenti
sostanze pericolose in quantita' uguali o superiori a quelle indicate
nell'allegato I, parti 1 e 2, colonna 3, il gestore e'
tenuto a redigere un rapporto di sicurezza.
2. Il rapporto di sicurezza di cui il documento previsto all'art. 7, comma 1,
e' parte integrante, deve evidenziare che:
a) e' stato adottato il sistema di gestione della sicurezza;
b) i pericoli di incidente rilevante sono stati individuati e sono state
adottate le misure necessarie per prevenirli e per limitarne le conseguenze per
l'uomo e per l'ambiente;
c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione di qualsiasi
impianto, deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il
funzionamento dello stabilimento, che hanno un rapporto con i pericoli di
incidenti rilevante nello stesso, sono sufficientemente sicuri e affidabili;
per gli stabilimenti di cui all'art. 14, comma 6, anche le misure complementari
ivi previste;
d) sono stati predisposti i piani d'emergenza interni e sono stati forniti
all'autorita' competente di cui all'art. 20 gli elementi utili per l'elaborazione
del piano d'emergenza esterno al fine di prendere le misure necessarie in caso
di incidente rilevante.
3. Il rapporto di sicurezza di cui al comma 1 contiene almeno i dati di cui
all'allegato II ed indica, tra l'altro, il nome delle organizzazioni
partecipanti alla stesura del rapporto. Il rapporto di sicurezza contiene
inoltre l'inventario aggiornato delle sostanze pericolose presenti nello
stabilimento, nonche' le informazioni che possono consentire di prendere
decisioni in merito all'insediamento di nuovi stabilimenti o alla costruzione
di insediamenti attorno agli stabilimenti gia' esistenti.
4. Con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con i
Ministri dell'interno, della sanita' e dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita
5. Al fine di semplificare le procedure e purche' ricorrano tutti i requisiti
prescritti dal presente articolo, rapporti di sicurezza analoghi o parti di
essi, predisposti in attuazione di altre norme di legge o di regolamenti
comunitari, possono essere utilizzati per costituire il rapporto di sicurezza.
6. Il rapporto di sicurezza e' inviato all'autorita' competente preposta alla
valutazione dello stesso cosi' come previsto all'art. 21, entro i seguenti
termini:
a) per gli stabilimenti nuovi, prima dell'inizio dell'attivita';
b) per gli stabilimenti esistenti, entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto;
c) per gli stabilimenti preesistenti, non soggetti alle disposizioni del citato
decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988, entro due anni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto;
d) in occasione del riesame periodico di cui al comma 7, lettere a) e b).
7. Il gestore fermo restando l'obbligo di riesame biennale di cui all'art. 7,
comma 4, deve riesaminare il rapporto di sicurezza:
a) almeno ogni cinque anni;
b) nei casi previsti dall'art. 10;
c) in qualsiasi altro momento, a richiesta del Ministero dell'ambiente,
eventualmente su segnalazione della regione interessata, qualora fatti nuovi lo
giustifichino, o in considerazione delle nuove conoscenze tecniche in materia
di sicurezza derivanti dall'analisi degli incidenti, o, in misura del
possibile, dei semincidenti o dei nuovi sviluppi delle conoscenze nel campo
della valutazione dei pericoli o a seguito di modifiche legislative o delle
modifiche degli allegati previste all'art. 15, comma 2.
8. Il gestore deve comunicare immediatamente alle autorita' di cui al comma 6
se il riesame del rapporto di sicurezza di cui al comma 7 comporti o meno una
modifica dello stesso.
9. Ai fini dell'esercizio della facolta' di cui all'art. 22, comma 2, il
gestore predispone una versione del rapporto di sicurezza, priva delle
informazioni riservate, da trasmettere alla regione territorialmente competente
ai fini dell'accessibilita' al pubblico.
10. Il Ministero dell'ambiente, quando il gestore comprova che determinate
sostanze presenti nello stabilimento o che una qualsiasi parte dello
stabilimento stesso si trovano in condizioni tali da non poter creare alcun
pericolo di incidente rilevante, dispone, in conformita' ai criteri di cui
all'allegato VII, la limitazione delle informazioni che devono figurare nel
rapporto di sicurezza ala prevenzione dei rimanenti pericoli di incidenti
rilevanti e alla limitazione delle loro conseguenze per l'uomo e per
l'ambiente, dandone comunicazione alle autorita' destinatarie del rapporto di sicurezza.
11. Il Ministero dell'ambiente trasmette alla Commissione europea l'elenco
degli stabilimenti di cui al comma 10 e le motivazioni della limitazione delle
informazioni.».
- Il testo degli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 19 marzo 1995, n.
230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e
96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti), e' il seguente:
«Art. 7 (Definizioni concernenti particolari impianti nucleari e documenti
relativi). - 1. Per l'applicazione del presente decreto valgono le seguenti
definizioni di particolari impianti nucleari, documenti e termini relativi:
a) reattore nucleare: ogni apparato destinato ad usi pacifici progettato od
usato per produrre una reazione nucleare a catena, capace di autosostenersi in
condizioni normali, anche in assenza di sorgenti neutroniche;
b) complesso nucleare sottocritico: ogni apparato progettato od usato per
produrre una reazione nucleare a catena, incapace di autosostenersi in assenza
di sorgenti di neutroni, in condizioni normali o accidentali;
c) impianto nucleare di potenza: ogni impianto industriale, dotato di un
reattore nucleare, avente per scopo la utilizzazione
dell'energia o delle materie fissili prodotte a fini industriali;
d) impianto nucleare di ricerca: ogni impianto dotato di un reattore nucleare
in cui l'energia o le materie fissili prodotte non sono utilizzate a fini
industriali;
e) impianto nucleare per il trattamento di combustibili irradiati: ogni
impianto progettato o usato per trattare materiali contenenti combustibili
nucleari irradiati. Sono esclusi gli impianti costituiti essenzialmente da
laboratori per studi e ricerche che contengono meno di 37 TBq
(1000 curie) di prodotti di fissione e quelli a fini industriali che trattano
materie che non presentano un'attivita' di prodotti di fissione superiore a
9,25 MBq (0,25 millicurie) per grammo di Uranio 235 ed una concentrazione di
Plutonio inferiore a 10^«-6» grammi per grammo di Uranio 235, i quali ultimi
sono considerati aggregati agli impianti di cui alla lettera f);
f) impianto per la preparazione e per la fabbricazione delle materie fissili
speciali e dei combustibili nucleari: ogni impianto destinato a preparare o a
fabbricare materie fissili speciali e combustibili nucleari; sono inclusi gli
impianti di separazione isotopica. Sono esclusi gli impianti costituiti
essenzialmente da laboratori per studi e ricerche che non contengono piu' di
g) deposito di materie fissili speciali o di combustibili nucleari: qualsiasi
locale che, senza far parte degli impianti di cui alle lettere precedenti, e'
destinato al deposito di materie fissili speciali o di combustibili nucleari al
solo scopo dell'immagazzinamento in quantita' totali superiori a
h) rapporto preliminare, rapporto intermedio e rapporto finale di sicurezza:
documenti o serie di documenti tecnici contenenti le informazioni necessarie
per l'analisi e la valutazione della installazione e dell'esercizio di un
reattore o impianto nucleare, dal punto di vista della sicurezza nucleare e
della protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli
delle radiazioni ionizzanti, e contenenti inoltre una analisi ed una
valutazione di tali pericoli. In particolare i documenti
debbono contenere una trattazione degli argomenti seguenti:
1) ubicazione e sue caratteristiche fisiche, meteorologiche, demografiche,
agronomiche ed ecologiche;
2) edifici ed eventuali strutture di contenimento;
3) descrizione tecnica dell'impianto nel suo insieme e nei suoi sistemi
componenti ausiliari, inclusa la strumentazione nucleare e non nucleare, i
sistemi di controllo e i dispositivi di protezione ed i sistemi di raccolta,
allontanamento e smaltimento (trattamento e scarico) dei rifiuti radioattivi;
4) studio analitico di possibili incidenti derivanti da mal funzionamento di
apparecchiature o da errori di operazione, e delle conseguenze previste, in
relazione alla sicurezza nucleare e alla protezione sanitaria;
5) studio analitico delle conseguenze previste, in relazione alla protezione
sanitaria, di scarichi radioattivi durante le fasi di normale esercizio e in
caso di situazioni accidentali o di emergenza;
6) misure previste ai fini della prevenzione e protezione antincendio.
Il rapporto e' denominato preliminare se riferito al progetto di massima;
finale, se riferito al progetto definitivo. Il rapporto intermedio
precede il rapporto finale e contiene le informazioni, l'analisi e la
valutazione di cui sopra e' detto, con ipotesi cautelative rispetto a quelle
del rapporto finale;
i) regolamento di esercizio: documento che specifica l'organizzazione e le
funzioni in condizioni normali ed eccezionali del personale addetto alla
direzione, alla conduzione e alla manutenzione di un impianto nucleare, nonche'
alle sorveglianze fisica e medica della protezione, in tutte le fasi, comprese
quelle di collaudo, avviamento, e disattivazione;
l) manuale di operazione: l'insieme delle disposizioni e procedure operative
relative alle varie fasi di esercizio normale e di manutenzione dell'impianto,
nel suo insieme e nei suoi sistemi componenti, nonche' le procedure da seguire in
condizioni eccezionali;
m) specifica tecnica di prova: documento che descrive le procedure e le
modalita' che debbono essere applicate per l'esecuzione della prova ed i
risultati previsti. Ogni specifica tecnica di prova,
oltre una breve descrizione della parte di impianto e del macchinario impiegato
nella prova, deve indicare:
1) lo scopo della prova;
2) la procedura della prova;
3) l'elenco dei dati da raccogliere durante la prova;
4) gli eventuali valori minimi e massimi previsti delle variabili considerate
durante la prova;
n) prescrizione tecnica: l'insieme dei limiti e condizioni concernenti i dati e
i parametri relativi alle caratteristiche e al funzionamento di un impianto
nucleare nel suo complesso e nei singoli componenti, che hanno importanza per
la sicurezza nucleare e per la protezione sanitaria;
o) registro di esercizio: documento sul quale si annotano i particolari delle
operazioni effettuate sull'impianto, i dati rilevati nel corso di tali
operazioni, nonche' ogni altro avvenimento di interesse per l'esercizio
dell'impianto stesso;
p) disattivazione: insieme delle azioni pianificate, tecniche e gestionali, da
effettuare su un impianto nucleare a seguito del suo definitivo spegnimento o
della cessazione definitiva dell'esercizio, nel rispetto dei requisiti di
sicurezza e di protezione dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente,
sino allo smantellamento finale o comunque al rilascio del sito esente da
vincoli di natura radiologica.».
Art. 28 (Impiego di categoria A). -
2. Nel nulla osta possono essere stabilite particolari prescrizioni per gli
aspetti connessi alla costruzione, per le prove e per l'esercizio, nonche' per
l'eventuale disattivazione degli impianti.».
Art. 33 (Nulla osta per installazioni di deposito o di smaltimento di rifiuti
radioattivi). - 1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di dichiarazione
di compatibilita' ambientale, la costruzione, o comunque la costituzione, e
l'esercizio delle installazioni per il deposito o lo smaltimento nell'ambiente,
nonche' di quelle per il trattamento e successivo deposito o smaltimento
nell'ambiente, di rifiuti radioattivi provenienti da altre installazioni, anche
proprie, sono soggetti a nulla osta preventivo del Ministero dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministeri dell'ambiente,
dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e della sanita', sentite la
regione o la provincia autonoma interessata e l'ANPA.
2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
d'intesa con i Ministri dell'ambiente e della sanita' e di concerto con i
Ministri dell'interno e del lavoro e della previdenza sociale, sentita l'ANPA,
sono stabiliti i livelli di radioattivita' o di concentrazione ed i tipi di
rifiuti per cui si applicano le disposizioni del
presente articolo, nonche' le disposizioni procedurali per il rilascio del
nulla osta, in relazione alle diverse tipologie di installazione. Nel decreto puo' essere prevista, in relazione a tali tipologie, la
possibilita' di articolare in fasi distinte, compresa quella di chiusura, il
rilascio del nulla osta nonche' di stabilire particolari prescrizioni per ogni
fase, ivi incluse le prove e l'esercizio.».
Art. 32.
Capacita' e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei
servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni
1. Le capacita' ed i requisiti professionali dei responsabili e degli
addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere
adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1,
e' necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al
diploma di istruzione secondaria superiore nonche' di un attestato di
frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione
adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle
attivita' lavorative. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del
servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente
periodo, e' necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica
dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e
protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato
di cui all'articolo 28, comma 1, di organizzazione e gestione delle attivita' tecnico amministrative e di tecniche di
comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi
precedenti devono rispettare in ogni caso quanto previsto dall'accordo sancito
il 26 gennaio
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive
modificazioni.
3. Possono altresi' svolgere le funzioni di responsabile o addetto coloro che,
pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui al comma 2, dimostrino
di aver svolto una delle funzioni richiamate, professionalmente o alle
dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto
2003 previo svolgimento dei corsi secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2.
4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni e
dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle universita', dall'ISPESL,
dall'INAIL, o dall'IPSEMA per la parte di relativa competenza, dal Corpo
nazionale dei vigili del fuoco dall'amministrazione della Difesa, dalla Scuola
superiore della pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle
singole
amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei
lavoratori o dagli organismi paritetici, nonche' dai soggetti di cui al punto 4
dell'accordo di cui al comma 2 nel rispetto dei limiti e delle specifiche
modalita' ivi previste. Ulteriori soggetti formatori possono essere individuati
in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano.
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti classi: L7, L8,
L9, L17, L23, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca
in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6
luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro
dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto
2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000,
ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della
ricerca scientifica e tecnologica in data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla
Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree
riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente, sono esonerati
dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo.
Ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono
tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo gli indirizzi definiti
nell'accordo Stato-regioni di cui al comma 2. E' fatto
salvo quanto previsto dall'articolo 34.
7. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attivita' di
formazione di cui al presente articolo nei confronti dei componenti del
servizio interno sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276, e successive modificazioni.
8. Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e universitari e
nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, il datore di
lavoro che non opta per lo svolgimento diretto dei compiti propri del servizio
di prevenzione e protezione dei rischi designa il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione, individuandolo tra:
a) il personale interno all'unita' scolastica in possesso dei requisiti di cui
al presente articolo che si dichiari a tal fine disponibile;
b) il personale interno ad una unita' scolastica in
possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile
ad operare in una pluralita' di istituti.
9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8, gruppi di
istituti possono avvalersi in maniera comune dell'opera di un unico esperto
esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via prioritaria con gli
enti locali proprietari degli edifici scolastici e, in via subordinata, con
enti o istituti specializzati in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con
altro esperto esterno libero professionista.
10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si avvale di un esperto
esterno per ricoprire l'incarico di responsabile del servizio deve comunque
organizzare un servizio di prevenzione e protezione con un adeguato numero di
addetti.
Note all'art. 32:
- Il testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del citato decreto legislativo 276
del 2003, e' il seguente:
«Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini e agli effetti delle disposizioni di cui al
presente decreto legislativo si intende per:
a)-h)(omissis);
i) «libretto formativo del cittadino»: libretto personale del lavoratore
definito, ai sensi dell'accordo Stato-regioni del 18 febbraio 2000, di concerto
tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, previa intesa con
Art. 33.
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali
provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrita' degli ambienti
di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica
conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di
cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attivita' aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e
sicurezza sul lavoro, nonche' alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al segreto
in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio
delle funzioni di cui al presente decreto legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione e' utilizzato dal datore di lavoro.
Art. 34.
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e
protezione dai rischi
1. Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il datore di
lavoro puo' svolgere direttamente i compiti propri del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonche' di
prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell'allegato 2
dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve
frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48
ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi
alle attivita' lavorative, nel rispetto
dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall'entrata
in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione
dell'accordo di cui al periodo precedente, conserva validita' la formazione
effettuata ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997,
il cui contenuto e' riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di
definizione dell'accordo di cui al periodo precedente.
3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 e' altresi'
tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto previsto
nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di cui al precedente periodo
si applica anche a coloro che abbiano frequentato i corsi di cui all'articolo 3
del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei
corsi, ai sensi dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626.
Note all'art. 34
- Il testo dell'art. 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 (Individuazione
dei contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la
sicurezza e dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i compiti
propri del responsabile del servizio di prevenzione e protezione), e' il
seguente:
«Art. 3 (Formazione dei datori di lavoro). - I contenuti
della formazione dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i
compiti propri del responsabile del servizio di prevenzione e protezione sono i
seguenti:
a) il quadro normativo in materia di sicurezza dei lavoratori e la
responsabilita' civile e penale;
b) gli organi di vigilanza e di controlli nei rapporti con le aziende;
c) la tutela assicurativa, le statistiche ed il registro degli infortuni;
d) i rapporti con i rappresentanti dei lavoratori;
e) appalti, lavoro autonomo e sicurezza;
f) la valutazione dei rischi;
g) i principali tipi di rischio e le relative misure tecniche, organizzative e
procedurali di sicurezza;
h) i dispositivi di protezione individuale;
i) la prevenzione incendi ed i piani di emergenza;
l) la prevenzione sanitaria;
m) l'informazione e la formazione dei lavoratori.
La durata minima dei corsi per i datori di lavoro e' di sedici ore.».
- Il testo dell'art. 95 del citato decreto legislativo n. 626 del 1994 e' il
seguente:
«Art. 95 (Norma transitoria). -
Art. 35.
Riunione periodica
1. Nelle aziende e nelle unita' produttive che occupano piu' di 15 lavoratori,
il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e
protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno
una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei
partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della
sorveglianza sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei
dispositivi di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei
lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e
di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle
linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
4. La riunione ha altresi' luogo in occasione di eventuali significative
variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la
programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla
sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al presente articolo,
nelle unita' produttive che occupano fino a 15 lavoratori e' facolta' del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di
un'apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che e' a disposizione dei
partecipanti per la sua consultazione.
Sezione IV
FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO
Art. 36.
Informazione ai lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinche' ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attivita'
della impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio,
l'evacuazione dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli
articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione
e protezione, e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' affinche' ciascun lavoratore riceva
una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui e' esposto in relazione all'attivita' svolta, le
normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi
sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente
e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attivita' di protezione e prevenzione adottate.
3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettera a),
e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all'articolo 3,
comma 9.
4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i
lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene
previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso
informativo.
Art. 37.
Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una
formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche
rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della
prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di
vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure
e procedure di prevenzione e protezione caratteristici
del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalita' della formazione di cui al
comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
3. Il datore di lavoro assicura, altresi', che ciascun lavoratore riceva una
formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai
titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni
gia' in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede e'
definita mediante l'accordo di cui al comma 2.
4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono avvenire in
occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio dell'utilizzazione
qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di
nuove sostanze e preparati pericolosi.
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta
e sul luogo di lavoro.
6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere
periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o all'insorgenza
di nuovi rischi.
7. I preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda, un'adeguata e
specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri
compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della
formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di
prevenzione e protezione.
8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi dei percorsi
formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di cui al comma
9. I lavoratori incaricati dell'attivita' di prevenzione incendi e lotta
antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed
immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione
dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica formazione e un
aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione
delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare
applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno in
data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7
aprile 1998, attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626.
10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha
diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente
i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria
rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali
tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
11. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della formazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di
contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti
minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale
e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti
coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei fattori di
rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche,
organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi
dell'attivita' di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della
comunicazione. La durata minima dei corsi e' di 32 ore iniziali, di cui
12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di
prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La
contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalita' dell'obbligo di
aggiornamento periodico, la cui durata non puo' essere inferiore a 4 ore annue
per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le
imprese che occupano piu' di 50 lavoratori.
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve
avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'articolo 50
ove presenti, durante l'orario di lavoro e non puo' comportare oneri economici
a carico dei lavoratori.
13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i
lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie
in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi
lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e
conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.
14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attivita' di
formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo
del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni. Il contenuto del libretto formativo e' considerato dal datore di
lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso
gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di
cui al presente decreto.
Note all'art. 37:
- Il testo dell'art. 13 del citato decreto legislativo n. 626 del 1994 e' il
seguente:
«Art. 13 (Prevenzione incendi). - 1. Fermo restando quanto
previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i
Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione al
tipo di attivita', al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio,
adottano uno o piu' decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le
conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature
antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione
antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la
sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 e' adottato dai
Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria,
del commercio e dell'artigianato.».
- Per il testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del citato decreto legislativo
276 del 2003, si veda nota all'art. 32.
Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 38.
Titoli e requisiti del medico competente
1. Per svolgere le funzioni di medico
competente e' necessario possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:
a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori e psicotecnica;
b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in
fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro;
c) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277;
d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale.
2. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d), sono tenuti a
frequentare appositi percorsi formativi universitari da definire con apposito
decreto del Ministero dell'universita' e della ricerca di concerto con il
Ministero della salute. I soggetti di cui al precedente periodo i quali, alla data di entrata in vigore del presente
decreto, svolgano le attivita' di medico competente o dimostrino di avere
svolto tali attivita' per almeno un anno nell'arco dei tre anni anteriori
all'entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono abilitati a
svolgere le medesime funzioni.
A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione attestazione del datore di
lavoro comprovante l'espletamento di tale attivita'.
3. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente e' altresi'
necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina ai sensi
del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e successive modificazioni e
integrazioni, a partire dal programma triennale successivo all'entrata in
vigore del presente decreto legislativo. I crediti previsti
dal programma triennale dovranno essere conseguiti nella misura non inferiore
al 70 per cento del totale nella disciplina «medicina del lavoro e sicurezza
degli ambienti di lavoro».
4. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al presente articolo
sono iscritti nell'elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero
della salute.
Note all'art. 38:
- Il testo dell'art. 55 del citato decreto legislativo n. 277 del 1991 e' il
seguente:
«Art. 55 (Esercizio dell'attivita' di medico competente). - 1. I
laureati in medicina e chirurgia che, pur non possedendo i requisiti di cui all'art. 3, comma 1, lettera c), alla data di entrata in
vigore del presente decreto abbiano svolto l'attivita' di medico del lavoro per
almeno quattro anni, sono autorizzati ad esercitare la funzione di medico
competente.
2. L'esercizio della funzione di cui al comma 1 e' subordinato alla
presentazione, all'assessorato regionale alla sanita' territorialmente
competente, di apposita domanda corredata dalla documentazione comprovante lo
svolgimento dell'attivita' di medico del lavoro per almeno quattro anni.
3. La domanda e' presentata entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto. L'assessorato alla sanita' provvede entro novanta
giorni dalla data di ricezione della domanda stessa.».
- Il testo del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la
razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1 della
legge 30 novembre 1998, n. 419), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16
luglio 1999, n. 165, supplemento ordinario.
Art. 39.
Svolgimento dell'attivita' di medico competente
1. L'attivita' di medico competente e' svolta secondo i principi della
medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di
salute occupazionale (ICOH).
2. Il medico competente svolge la propria opera in qualita' di:
a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata,
convenzionata con l'imprenditore;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
3. Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che svolgono attivita'
di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del
territorio nazionale, attivita' di medico competente.
4. Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni necessarie
per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l'autonomia.
5. Il medico competente puo' avvalersi, per accertamenti diagnostici, della
collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro
che ne sopporta gli oneri.
6. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive, nei
casi di gruppi d'imprese nonche' qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi
la necessita', il datore di lavoro puo' nominare piu' medici competenti
individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.
Art. 40.
Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale
1. Entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno
di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via
telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate
evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di
rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello
in allegato 3B.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono le
informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende sanitarie locali,
all'ISPESL.
Art. 41.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria e' effettuata dal medico
competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive europee nonche'
dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6;
b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal
medico competente correlata ai rischi lavorativi.
2. La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni
al lavoro cui il lavoratore e' destinato al fine di valutare la sua idoneita'
alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed
esprimere il giudizio di idoneita' alla mansione specifica. La
periodicita' di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa
normativa, viene stabilita, di norma, in una volta
l'anno. Tale periodicita' puo' assumere cadenza
diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del
rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre
contenuti e periodicita' della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a
quelli indicati dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora
sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue
condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attivita'
lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneita' alla mansione
specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare
l'idoneita' alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla
normativa vigente.
3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate:
a) in fase preassuntiva;
b) per accertare stati di gravidanza;
c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
4. Le visite mediche di cui al comma
visite di cui al comma 2, lettere a), b) e d) sono altresi' finalizzate alla
verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di
sostanze psicotrope e stupefacenti.
5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria
e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti
minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su formato cartaceo o
informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53.
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di
cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione
specifica:
a) idoneita';
b) idoneita' parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneita' temporanea;
d) inidoneita' permanente.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneita' temporanea vanno
precisati i limiti temporali di validita'.
8. Dei giudizi di cui al comma 6, il medico competente informa per iscritto il
datore di lavoro e il lavoratore.
9. Avverso i giudizi del medico competente e' ammesso ricorso, entro trenta
giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di
vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori
accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
Art. 42.
Provvedimenti in caso di inidoneita' alla mansione specifica
1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla
legge 12 marzo 1999, n.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a
mansioni inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni
precedentemente svolte, nonche' la qualifica originaria. Qualora il lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori si
applicano le norme di cui all'articolo 2103 del codice civile, fermo restando
quanto previsto dall'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Note all'art. 42:
- Il testo della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei
disabili), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 23 marzo 1999, n. 68,
supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 2103 del codice civile, e' il seguente:
«Art. 2103 (Mansioni del lavoratore). - Il prestatore di lavoro deve essere
adibito alle mansioni per le quali e' stato assunto o a quelle corrispondenti
alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni
equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della
retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha
diritto al trattamento corrispondente all'attivita' svolta, e l'assegnazione
stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per
sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto,
dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a
tre mesi. Egli non puo' essere trasferito da una unita'
produttiva ad una altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive. Ogni patto contrario e' nullo.».
- Il testo dell'art. 52 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 e' il
seguente:
«Art. 52 (Disciplina delle mansioni). (Art. 56 del decreto
legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del decreto
legislativo n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 del
decreto legislativo n. 387 del 1998). - 1. Il prestatore di lavoro deve essere
adibito alle mansioni per le quali e' stato assunto o alle mansioni considerate
equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai
contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore
che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o
di procedure concorsuali o selettive. L'esercizio di fatto di mansioni non
corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini
dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di
direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro puo' essere adibito a mansioni proprie della qualifica
immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non piu' di sei mesi,
prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la
copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla
conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata
dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente
articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo
qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il
lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore.
Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei
posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta
giorni dalla data in cui il dipendente e' assegnato alle predette mansioni,
devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, e' nulla l'assegnazione del
lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore e'
corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.
Il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggiore
onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazioni
della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti
collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti
collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4.
Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto
alla qualifica di appartenenza, puo' comportare il diritto ad avanzamenti
automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore.».
Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE
Art. 43.
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera t),
il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia
di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18, comma 1,
lettera b);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e
immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e da' istruzioni affinche'
i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non puo' essere
evitato, possano cessare la loro attivita', o mettersi al sicuro, abbandonando
immediatamente il luogo di lavoro;
e) adotta i provvedimenti necessari affinche' qualsiasi lavoratore, in caso di
pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre
persone e nell'impossibilita' di contattare il
competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare
le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi
tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di
lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda e dei rischi specifici
dell'azienda o della unita' produttiva secondo i criteri previsti nei decreti
di cui all'articolo 46.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la
designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e
disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi
specifici dell'azienda o dell'unita' produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi
dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita' in una situazione di
lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
Art. 44.
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non puo'
essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una
zona pericolosa, non puo' subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da
qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilita' di contattare il competente superiore
gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non puo'
subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave
negligenza.
Art. 45.
Primo soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attivita' e delle
dimensioni dell'azienda o della unita' produttiva, sentito il medico competente
ove nominato, prende i provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e
di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone
presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi
esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti
del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione alla natura
dell'attivita', al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio sono
individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi
decreti ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere della Conferenza
permanente, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, vengono definite le modalita' di applicazione in ambito
ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e successive
modificazioni.
Note all'art. 45:
- Il testo del decreto ministeriale del 15 luglio 2003, n. 388 (Regolamento
recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell'art. 15,
comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 3 febbraio 2004, n. 27.
Art. 46.
Prevenzione incendi
1. La prevenzione incendi e' la funzione di preminente interesse pubblico,
di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo
criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di
sicurezza della vita umana, di incolumita' delle persone e di tutela dei beni e
dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere
adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumita'
dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139
e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente
decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in
relazione ai fattori di rischio, adottano uno o piu' decreti nei quali sono
definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le
conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature
antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione
antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i
criteri generali di sicurezza antincendio e per lagestione delle emergenze nei
luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo
1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio
nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera h), del
decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del Ministro dell'interno
sono istituiti, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, dei
nuclei specialistici per l'effettuazione di una specifica attivita' di
assistenza alle aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per
l'espletamento della attivita' di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni disposizione
contenuta nel presente decreto legislativo, concernente aspetti di prevenzione
incendi, sia per l'attivita' di disciplina che di controllo, deve essere
riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del
fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di cui agli
articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Restano
ferme le rispettive competenze di cui all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione di controllo
di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo nazionale dei vigili per
il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro.
Note all'art. 46:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 139, del 2006, si veda nota
all'art. 14.
- Il testo del decreto del Ministro dell'interno del 10 marzo 1998 (Criteri
generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi
di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 aprile 1998, n. 81,
supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 14, comma 2, lettera b), del citato decreto legislativo n.
139 del 2006, e' il seguente:
«Art. 14 (Competenza e attivita). (Articoli 22
e 30, legge 27 dicembre 1941, n. 1570; art. 2, legge 26 luglio 1965, n. 966;
art. 14, decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300; articoli 1, 6 e 8, decreto
del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577). - 1. (Omissis).
2. Le attivita' di prevenzione incendi di cui al comma 1 sono in particolare:
a) (omissis);
b) il rilascio del certificato di prevenzione incendi, di atti di
autorizzazione, di benestare tecnico, di collaudo e di certificazione, comunque
denominati, attestanti la conformita' alla normativa di prevenzione incendi di
attivita' e costruzioni civili, industriali, artigianali e commerciali e di
impianti, prodotti, apparecchiature e simili;».
- Il testo degli articoli 1, 2 e 13 del citato decreto legislativo n. 139 del
2006, e' il seguente:
« Art. 1 (Struttura e funzioni). (Articoli 1, 3 e 9,
legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 11, legge 24 febbraio 1992, n. 225; art. 14,
comma 3, decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300). - 1. Il Corpo nazionale
dei vigili del fuoco, di seguito denominato: «Corpo nazionale», e' una
struttura dello Stato ad ordinamento civile, incardinata nel Ministero
dell'interno - Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della
difesa civile, di seguito denominato: «Dipartimento», per mezzo della quale il
Ministero dell'interno assicura, anche per la difesa civile, il servizio di
soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi su tutto il
territorio nazionale, nonche' lo svolgimento delle altre attivita' assegnate al
Corpo nazionale dalle leggi e dai regolamenti, secondo quanto previsto nel
presente decreto legislativo.
2. Il Corpo nazionale e' componente fondamentale del servizio di protezione
civile ai sensi dell'art. 11 della legge 24 febbraio 1992, n. 225.».
«Art. 2 (Organizzazione centrale e periferica del Corpo nazionale). (Articoli 10, 11, 12, legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 4,
comma 4 e art. 15, comma 2, decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300). -
2. Le strutture periferiche del Corpo nazionale si articolano nei seguenti
uffici:
a) direzioni regionali dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della
difesa civile, di livello dirigenziale generale, istituite per lo svolgimento
in ambito regionale delle funzioni di cui all'art. 1;
b) comandi provinciali, di livello dirigenziale non generale, istituiti per
l'espletamento in ambito provinciale delle funzioni di cui all'art. 1;
c) distretti, distaccamenti permanenti e volontari e posti di vigilanza,
istituiti alle dipendenze dei comandi provinciali;
d) reparti e nuclei speciali, per particolari attivita' operative
che richiedano l'impiego di personale specificamente preparato, nonche'
l'ausilio di mezzi speciali o di animali.
3. Con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 4-bis, della legge 23
agosto 1988, n. 400, sono determinate l'organizzazione e la disciplina degli
uffici di livello dirigenziale generale di cui al comma 2, lettera a). Con decreto del Ministro dell'interno di natura non regolamentare
sono istituiti gli uffici di livello dirigenziale non generale con
l'indicazione dei relativi compiti e gli uffici di cui al comma 2, lettera c) e
lettera d).
4. Fino all'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3 continuano ad
applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore del presente
decreto.».
«Art. 13 (Definizione ed ambito di esplicazione).
(Articoli 1 e 2, legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 1, comma 7, lettera e),
legge 23 agosto 2004, n. 239;
articoli 1, 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.
577). - 1. La prevenzione incendi e' la funzione di preminente interesse
pubblico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi
uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana,
di incolumita' delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente attraverso la
promozione, lo studio, la predisposizione e la sperimentazione di norme,
misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare
l'insorgenza di un incendio e degli eventi ad esso comunque connessi o a
limitarne le conseguenze.
2. Ferma restando la competenza di altre amministrazioni, enti ed organismi, la
prevenzione incendi si esplica in ogni ambito caratterizzato dall'esposizione
al rischio di incendio e, in ragione della sua rilevanza interdisciplinare,
anche nei settori della sicurezza nei luoghi di lavoro, del controllo dei
pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose,
dell'energia, della protezione da radiazioni ionizzanti, dei prodotti da
costruzione.».
Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
Art. 47.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' istituito a livello
territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo. L'elezione dei
rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le modalita' di cui al comma 6.
2. In tutte le aziende, o unita' produttive, e' eletto o designato il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. Nelle aziende o unita' produttive che occupano fino a 15 lavoratori il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' di norma
eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure e' individuato
per piu' aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo secondo
quanto previsto dall'articolo 48.
4. Nelle aziende o unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' eletto o designato dai
lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di
tali rappresentanze, il rappresentante e' eletto dai lavoratori della azienda
al loro interno.
5. Il numero, le modalita' di designazione o di elezione del rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza, nonche' il tempo di lavoro retribuito e gli
strumenti per l'espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di
contrattazione collettiva.
6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali,
territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in sede di
contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza della giornata
nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata, nell'ambito della
settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro
della salute, sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalita' di
attuazione del presente comma.
7. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 2 e' il
seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero unita' produttive sino a
200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unita' produttive da
dalla contrattazione collettiva.
8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai
commi 3 e 4, le funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono
esercitate dai rappresentanti di cui agli articoli 48 e 49, salvo diverse
intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
Art. 48.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale di cui
all'articolo 47, comma 3, esercita le competenze del rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza di cui all'articolo 50 e i
termini e con le modalita' ivi previste con riferimento a tutte le aziende o
unita' produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non
sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Le modalita' di elezione o designazione del rappresentante di cui al comma 1
sono individuate dagli accordi collettivi nazionali, interconfederali o di
categoria, stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. In mancanza dei
predetti accordi, le modalita' di elezione o designazione sono individuate con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le
associazioni di cui al presente comma.
3. Tutte le aziende o unita' produttive nel cui ambito non e' stato eletto o
designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza partecipano al
Fondo di cui all'articolo 52.
4. Per l'esercizio delle proprie attribuzioni, il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza territoriale accede ai luoghi di lavoro nel rispetto delle
modalita' e del termine di preavviso individuati dagli accordi di cui al comma
2. Il termine di preavviso non opera in caso di infortunio grave. In tale
ultima ipotesi l'accesso avviene previa segnalazione all'organismo paritetico.
5. Ove l'azienda impedisca l'accesso, nel rispetto delle modalita' di cui al
presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
territoriale, questi lo comunica all'organismo paritetico o, in sua mancanza,
all'organo di vigilanza territorialmente competente.
6. L'organismo paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui
all'articolo 52 comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il
nominativo del rappresentante della sicurezza territoriale.
7. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ha diritto ad
una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i
rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria
rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali
tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. Le modalita', la durata
e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza territoriale sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva
secondo un percorso formativo di almeno 64 ore iniziali, da effettuarsi entro 3
mesi dalla data di elezione o designazione, e 8 ore di aggiornamento annuale.
8. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
territoriale e' incompatibile con l'esercizio di altre funzioni sindacali operative.
Art. 49.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo
1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo sono
individuati nei seguenti specifici contesti produttivi caratterizzati dalla
compresenza di piu' aziende o cantieri:
a) i porti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d), della legge 28
gennaio 1994, n. 84, sedi di autorita' portuale nonche' quelli sede di
autorita' marittima da individuare con decreto dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e dei trasporti, da adottare entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto;
b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del Ministro dei
trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858;
c) impianti siderurgici;
d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entita' presunta dei
cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai
lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione di tutte le opere;
e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla interferenza
delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti mediamente operanti
nell'area superiore a 500.
2. Nei contesti di cui al comma precedente il rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza di sito produttivo e' individuato, su loro iniziativa, tra i
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza delle aziende operanti nel sito
produttivo.
3. La contrattazione collettiva stabilisce le modalita' di
individuazione di cui al comma 2, nonche' le modalita' secondo cui il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo esercita le
attribuzioni di cui all'articolo
Note all'art. 49:
- Il testo dell'art. 4, comma 1, lettera b), c) e d) della legge 28 gennaio
1994, n. 84, e' il seguente:
«Art. 4 (Classificazione dei porti). - 1. I porti marittimi
nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie e classi:
a) (omissis);
b) categoria II, classe I: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza
economica internazionale;
c) categoria II, classe II: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica
nazionale;
d) categoria II, classe III: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza
economica regionale e interregionale;».
Art. 50.
Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione
collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) e' consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione
dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della
prevenzione nella azienda o unita' produttiva;
c) e' consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al
servizio di prevenzione, alla attivita' di prevenzione incendi, al primo
soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) e' consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui
all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla
valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonche' quelle
inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli
impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle
malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista
dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di
prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrita' fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle
autorita' competenti, dalle quali e', di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attivita' di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della
sua attivita';
o) puo' fare ricorso alle autorita' competenti qualora ritenga che le misure di
prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai
dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la
sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo
necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione,
nonche' dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle funzioni e
delle facolta' riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di cui
all'articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche.
Non puo' subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria
attivita' e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla
legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalita' per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite
in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per
l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori
rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici,
su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del
documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' tenuto al rispetto
delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del
segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di
valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui
all'articolo 26, comma 3, nonche' al segreto in ordine ai processi lavorativi
di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
e' incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di
prevenzione e protezione.
Nota all'art. 50:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda nota
all'art. 1.
Art. 51.
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee).
2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli organismi
di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte
sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione,
previsti dalle norme vigenti.
3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese nell'individuazione
di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la
tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
4. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o
partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali,
territoriali o aziendali.
5. Agli effetti dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
gli organismi di cui al comma 1 sono parificati ai soggetti titolari degli
istituti della partecipazione di cui al medesimo articolo.
6. Gli organismi paritetici di cui al comma 1, purche' dispongano
di personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute e
sicurezza sul lavoro, possono effettuare, nei luoghi di lavoro rientranti nei
territori e nei comparti produttivi di competenza, sopralluoghi per le
finalita' di cui al comma 3.
7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al Comitato di cui
all'articolo 7 una relazione annuale sull'attivita' svolta.
8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui all'articolo 48,
comma 2, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
territoriale. Analoga comunicazione effettuano nei riguardi
degli organi di vigilanza territorialmente competenti.
Note all'art. 51:
- Il testo dell'art. 9 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e' il
seguente:
«Art. 9 (Partecipazione sindacale). (Art.
10 del decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 6 del
decreto legislativo n. 80 del 1998). - 1. I contratti collettivi nazionali
disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione anche con
riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di
lavoro.».
Art. 52.
Sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza territoriali e alla pariteticita'
1. Presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (INAIL) e' costituito il fondo di sostegno alla piccola e media impresa,
ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla
pariteticita'. Il fondo opera a favore delle realta' in cui la contrattazione
nazionale o integrativa non preveda o costituisca
sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di pariteticita' migliorativi o,
almeno, di pari livello ed ha quali
obiettivi il:
a) sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al cinquanta per cento
delle disponibilita' del Fondo, delle attivita' delle rappresentanze dei
lavoratori per la sicurezza territoriali, anche con riferimento alla
formazione;
b) finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle piccole e medie
imprese, dei piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile,
dei lavoratori stagionali del settore agricolo e dei lavoratori autonomi;
c) sostegno delle attivita' degli organismi paritetici.
2. Il fondo di cui al comma 1 e' finanziato:
a) da un contributo delle aziende di cui all'articolo 48, comma
b) dalle entrate derivanti dall'irrogazione delle sanzioni previste dal
presente decreto per la parte eccedente quanto riscosso a seguito
dell'irrogazione delle sanzioni previste dalla previgente normativa abrogata
dal presente decreto nel corso dell'anno 2007, incrementato del 10 per cento;
c) con una quota parte delle risorse di cui all'articolo 9, comma 3;
d) relativamente all'attivita' formative per le piccole e medie imprese di cui
al comma 1, lettera b), anche dalle risorse di cui all'articolo 11, comma 2.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, adottato, previa intesa con le associazioni dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, sentita
vigore del presente decreto, sono definiti le modalita' di funzionamento del
fondo di cui al comma 1, i criteri di riparto delle risorse tra le finalita' di
cui al medesimo comma nonche' il relativo procedimento amministrativo e
contabile di alimentazione.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale redige una
relazione annuale sulla attivita' svolta, da inviare al Fondo.
Note all'art. 52:
- Il testo dell'art. 2083 del codice civile, e' il seguente:
«Art. 2083 (Piccoli imprenditori). - Sono piccoli imprenditori i coltivatori
diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che
esercitano un'attivita' professionale organizzata prevalentemente con il lavoro
proprio e dei componenti della famiglia.».
Sezione VIII
DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE
DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
Art. 53.
Tenuta della documentazione
1. E' consentito l'impiego di sistemi di elaborazione automatica dei
dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dal
presente decreto legislativo.
2. Le modalita' di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema di gestione
della predetta documentazione devono essere tali da assicurare che:
a) l'accesso alle funzioni del sistema sia consentito solo ai soggetti a cio'
espressamente abilitati dal datore di lavoro;
b) la validazione delle informazioni inserite sia consentito solo alle persone
responsabili, in funzione della natura dei dati;
c) le operazioni di validazione dei dati di cui alla lettera b) siano
univocamente riconducibili alle persone responsabili che le hanno effettuate
mediante la memorizzazione di codice identificativo autogenerato dagli stessi;
d) le eventuali informazioni di modifica, ivi comprese quelle inerenti alle
generalita' e ai dati occupazionali del lavoratore, siano solo aggiuntive a
quelle gia' memorizzate;
e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei singoli
documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le informazioni
contenute nei supporti di memoria;
f) le informazioni siano conservate almeno su due distinti supporti informatici
di memoria e siano implementati programmi di protezione e di controllo del
sistema da codici virali;
g) sia redatta, a cura dell'esercente del sistema, una procedura in cui siano
dettagliatamente descritte le operazioni necessarie per la gestione del sistema
medesimo. Nella procedura non devono essere riportati i codici di
accesso.
3. Nel caso in cui le attivita' del datore di lavoro siano
articolate su vari sedi geografiche o organizzate in distinti settori
funzionali, l'accesso ai dati puo' avvenire mediante reti di comunicazione
elettronica, attraverso la trasmissione della password in modalita' criptata e
fermo restando quanto previsto al comma 2 relativamente alla immissione e
validazione dei dati da parte delle persone responsabili.
4. La documentazione, sia su supporto cartaceo che informatico, deve essere
custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza
sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro puo' essere tenuta su unico
supporto cartaceo o informatico. Ferme restando le disposizioni relative alla
valutazione dei rischi, le modalita' per l'eventuale eliminazione o per la
tenuta semplificata della documentazione di cui al periodo che precede sono definite
con successivo decreto, adottato, previa consultazione delle parti
sociali, sentita
6. Fino ai sei mesi successivi all'adozione del decreto interministeriale di
cui all'articolo 8 comma 4, del presente decreto
restano in vigore le disposizioni relative al registro infortuni ed ai registri
degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.
Nota all'art. 53:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda nota
all'art. 1.
Art. 54.
Comunicazioni e trasmissione della documentazione
1. La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o amministrazioni
pubbliche, comunque previste dal presente decreto legislativo possono avvenire
tramite sistemi informatizzati, nel formato e con le
modalita' indicati dalle strutture riceventi.
Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI
Art. 55.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
1. E' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
a) che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del documento di cui
all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in assenza degli
elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f)
dell'articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1,
lettere q) e z), prima parte;
b) che non provvede alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), salvo il caso
previsto dall'articolo 34;
2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si
applica la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e sei mesi se la violazione
e'commessa:
a) nelle aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f);
b) in aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i lavoratori a rischi
biologici di cui all'articolo 268, comma 1, lettere c) e d), da atmosfere
esplosive, cancerogeni mutageni, e da attivita' di manutenzione, rimozione
smaltimento e bonifica di amianto;
c) per le attivita' disciplinate dal titolo IV caratterizzate dalla compresenza
di piu' imprese e la cui entita' presunta di lavoro non sia inferiore a 200
uomini-giorno.
3. E' punito con l'ammenda da
4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
c) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
Nei casi previsti dal comma 2, si applica la pena dell'arresto da quattro a
otto mesi;
d) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
e) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
f) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
h) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
i) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
l) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
m) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
o) con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro
5. L'applicazione della sanzione di cui al comma 4, lettera i), esclude
l'applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dell'articolo 53 del
testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del
Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
Nota all'art. 55:
- Il testo dell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno
1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), e' il seguente:
«Art. 53. - Il datore di lavoro e' tenuto a denunciare all'Istituto
assicuratore gli infortuni da cui siano colpiti i
dipendenti prestatori d'opera, e che siano prognosticati non guaribili entro
tre giorni, indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli
estremi di legge per l'indennizzabilita'. La denuncia dell'infortunio deve
essere fatta con le modalita' di cui all'art. 13 entro due giorni da quello in
cui il datore di lavoro ne ha avuto notizia e deve essere corredata da
certificato medico. Qualora il datore di lavoro effettui la denuncia di
infortunio per via telematica, il certificato medico deve essere inviato solo
su espressa richiesta dell'Istituto assicuratore nelle ipotesi in cui non sia stato direttamente inviato dal lavoratore o dal medico
certificatore. Se si tratta di infortunio che abbia prodotto la morte o per il quale sia preveduto il pericolo di morte, la denuncia
deve essere fatta per telegrafo entro ventiquattro ore dall'infortunio. Qualora
l'inabilita' per un infortunio prognosticato guaribile
entro tre giorni si prolunghi al quarto il termine per la denuncia decorre da
quest'ultimo giorno. La denuncia dell'infortunio ed il certificato medico
debbono indicare, oltre alle generalita' dell'operaio, il giorno e l'ora in cui
e' avvenuto l'infortunio, le cause e le circostanze di esso,
anche in riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e di
prevenzione, la natura e la precisa sede anatomica della lesione, il rapporto
con le cause denunciate, le eventuali alterazioni preesistenti. La denuncia
delle malattie professionali deve essere trasmessa sempre con le modalita' di
cui all'art. 13 dal datore di lavoro all'Istituto assicuratore, corredata da
certificato medico, entro i cinque giorni successivi a quello nel quale il
prestatore d'opera ha fatto denuncia al datore di lavoro della manifestazione
della malattia. Il certificato medico deve contenere, oltre l'indicazione del
domicilio dell'ammalato e del luogo dove questi si trova ricoverato, una
relazione particolareggiata della sintomatologia accusata dall'ammalato stesso
e di quella rilevata dal medico certificatore. I medici certificatori hanno
l'obbligo di fornire all'Istituto assicuratore tutte le notizie che esso reputi necessarie.
Nella denuncia debbono essere, altresi', indicati le ore lavorate e il salario
percepito dal lavoratore assicurato nei quindici giorni precedenti quello
dell'infortunio o della malattia professionale. Per gli addetti alla
navigazione marittima ed alla pesca marittima la denuncia deve essere fatta dal
capitano o padrone preposto al comando della nave o del galleggiante o, in caso
di loro impedimento, dall'armatore all'Istituto assicuratore e all'autorita'
portuale o consolare competente. Quando l'infortunio si verifichi
durante la navigazione, la denuncia deve essere fatta il giorno del primo
approdo dopo l'infortunio. Il certificato medico, che deve corredare la
denuncia di infortunio, deve essere rilasciato dal medico di bordo o, in
mancanza di esso, da un medico del luogo di primo
approdo sia nel territorio nazionale sia all'estero.
I contravventori alle precedenti disposizioni sono puniti con la sanzione
amministrativa da lire cinquecentomila a lire tremilioni.».
Art. 56.
Sanzioni per il preposto
1. I preposti sono puniti nei limiti dell'attivita' alla
quale sono tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da
c) con l'ammenda da
Art. 57.
Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti i fornitori e gli installatori
1. I progettisti che violano il disposto dell'articolo 22 sono
puniti con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
2. I fabbricanti e i fornitori che violano il disposto dell'articolo 23 sono
puniti con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
3. Gli installatori che violano il disposto dell'articolo 24 sono puniti con
l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da
Art. 58.
Sanzioni per il medico competente
1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
e) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
Art. 59.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
Art. 60.
Sanzioni per i componenti dell'impresa familiare, i lavoratori autonomi, i
piccoli imprenditori e i soci delle societa' semplici operanti nel settore
agricolo
1. I soggetti di cui all'articolo 21 sono puniti:
a) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
Sezione II
DISPOSIZIONI IN TEMA DI PROCESSO PENALE
Art. 61.
Esercizio dei diritti della persona offesa
1. In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o
di lesioni personali colpose, se il fatto e' commesso con violazione delle
norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del
lavoro o che abbia determinato una malattia professionale, il pubblico
ministero ne da' immediata notizia all'INAIL ed all'IPSEMA, in relazione alle
rispettive competenze, ai fini dell'eventuale costituzione di parte civile e
dell'azione di regresso.
2. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei familiari delle vittime di
infortuni sul lavoro hanno facolta' di esercitare i diritti e le facolta' della
persona offesa di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, con
riferimento ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
Note all'art. 61:
- Il testo degli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, e' il
seguente:
«Art. 91 (Diritti e facolta' degli enti e delle associazioni rappresentativi di
interessi lesi dal reato). - 1. Gli enti e le associazioni senza scopo di lucro
ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui
si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalita' di tutela
degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del
procedimento, i diritti e le facolta' attribuiti alla persona offesa dal
reato.».
«Art. 92 (Consenso della persona offesa). -
2. Il consenso deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata
autenticata e puo' essere prestato a non piu' di uno degli enti o delle
associazioni. Einefficace il consenso prestato a piu' enti
o associazioni.
3. Il consenso puo' essere revocato in qualsiasi momento con le forme previste
dal comma 2.
4. La persona offesa che ha revocato il consenso non puo' prestarlo
successivamente ne' allo stesso ne' ad altro ente o associazione.».
Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
Art. 62.
Definizioni
1. Ferme
restando le disposizioni di cui al titolo I, unicamente
ai fini dell'applicazione del presente titolo, si intendono per luoghi di
lavoro:
a) i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno
dell'azienda o dell'unita' produttiva, nonche' ogni altro luogo di pertinenza
dell'azienda o dell'unita' produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del
proprio lavoro;
b) i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un'azienda agricola o
forestale.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci.
Art. 63.
Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati
nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei
lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di
circolazione, le scale, le docce, i gabinetti ed i posti di lavoro utilizzati
ed occupati direttamente da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso
devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilita' e
l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al
comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza
territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un
livello di sicurezza equivalente.
6. I requisiti di sicurezza e di salute relativi a campi, boschi e altri
terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale, sono specificati nel
punto 7 dell'allegato IV.
Art. 64.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi
1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad
uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di
consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto piu'
rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza
e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o
all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al
controllo del loro funzionamento.
Art. 65.
Locali sotterranei o semisotterranei
1. E' vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o
semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al
lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano
particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad
assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
3. L'organo di vigilanza puo' consentire l'uso dei
locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le
quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano
luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del
presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di
cui al comma 2.
Art. 66.
Lavori in ambienti sospetti di inquinamento
1. E' vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne,
camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture,
caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia
stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrita'
fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera
mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla
pericolosita' dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di
sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di
apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a detti luoghi deve avere
dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo
di sensi.
Art. 67.
Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio
1. La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire a
lavorazioni industriali, nonche' gli ampliamenti e le ristrutturazioni di quelli
esistenti, devono essere eseguiti nel rispetto della normativa di settore ed
essere notificati all'organo di vigilanza competente per territorio.
2. La notifica di cui al comma 1 deve indicare gli aspetti considerati nella
valutazione e relativi:
a) alla descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle principali modalita'
di esecuzione delle stesse;
b) alla descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti.
L'organo di vigilanza territorialmente competente puo' chiedere ulteriori dati
e prescrivere modificazioni in relazione ai dati notificati.
3. La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di lavoro ove
e' prevista la presenza di piu' di tre lavoratori.
4. La notifica di cui al presente articolo e' valida ai fini delle eliminazioni
e delle semplificazioni di cui all'articolo 53, comma 5.
Capo II
Sanzioni
Art. 68.
Sanzioni per il datore di lavoro
1. Il datore di lavoro e' punito:
a) con l'arresto da sei a dodici mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro
Art. 69.
Definizioni
1. Agli
effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intende per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto
destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi
operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in
servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la
trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimita' di una
attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un
rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;
d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte
in una zona pericolosa;
e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di lavoro.
Art. 70.
Requisiti di sicurezza
1. Salvo quanto previsto al comma 2, le
attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere
conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di
recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.
2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e
regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori
antecedentemente all'emanazione di norme legislative e regolamentari di
recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai
requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V.
3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le attrezzature
di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti ministeriali adottati
ai sensi dell'articolo 395 del decreto Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, ovvero dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626.
4. Qualora gli organi di vigilanza, nell'espletamento delle loro funzioni
ispettive, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, accertino che
un'attrezzatura di lavoro messa a disposizione dei lavoratori dopo essere stata
immessa sul mercato o messa in servizio ai sensi della direttiva di prodotto,
in tutto o in parte, risulta non rispondente a uno o piu' requisiti essenziali
di sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di cui al
comma 2, ne informano immediatamente l'autorita' nazionale di sorveglianza del
mercato competente per tipo di prodotto. In tale caso le procedure previste
dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:
a) dall'organo di vigilanza che ha rilevato la non rispondenza in sede di
utilizzo, nei confronti del datore di lavoro utilizzatore dell'esemplare di
attrezzatura oggetto dell'accertamento, mediante apposita prescrizione a
rimuovere la situazione di rischio determinata dalla mancata rispondenza ad uno
o piu' requisiti essenziali di sicurezza;
b) dall'organo di vigilanza territorialmente competente, nei confronti del
fabbricante e dei soggetti della catena della distribuzione, alla conclusione
dell'accertamento tecnico effettuato dall'autorita' nazionale per la
sorveglianza del mercato.
Note all'art. 70:
- Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, abrogato
dal presente decreto, recava: «Norme per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro».
- Il testo dell'art. 28 del citato decreto legislativo n. 626 del 1994, e' il
seguente:
«Art. 28 (Adeguamenti al progresso tecnico). - 1. Con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanita' e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente:
a) e' riconosciuta la conformita' alle vigenti norme per la sicurezza e la
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si da' attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro della Comunita' europea per le parti in cui
modificano modalita' esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre
direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e
degli allegati al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.».
- Il testo degli articoli 20 e 21 del citato decreto legislativo n. 758 del
1994, e' il seguente:
«Art. 20 (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione
accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia
giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al
contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un
termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Tale termine
e' prorogabile a richiesta del contravventore, per la particolare complessita'
o per l'oggettiva difficolta' dell'adempimento. In nessun caso esso puo'
superare i sei mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al
contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei
mesi puo' essere prorogato per una sola volta, a
richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi,
con provvedimento motivato che e' comunicato immediatamente al pubblico
ministero.
2. Copia della prescrizione e' notificata o comunicata anche al rappresentante
legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza puo' imporre specifiche misure
atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori
durante il lavoro.
4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico
ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art.
347 del codice di procedura penale.».
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non oltre sessanta giorni
dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza
verifica se la violazione e' stata eliminata secondo
le modalita' e nel termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza
ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di
trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine
fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al pubblico
ministero l'adempimento alla prescrizione, nonche' l'eventuale pagamento della
predetta somma.
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ne da' comunicazione al pubblico ministero e al
contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella
prescrizione.».
Art. 71.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei
lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo
precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da
svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente
alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro
prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature gia' in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso
delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano
essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono
adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle
dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformita' alle istruzioni d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza
dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove
necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza
stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle
prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle
attrezzature di lavoro per cui lo stesso e' previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite
all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio
1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza non configurano
immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo,
sempre che non comportino modifiche delle modalita' di utilizzo e delle
prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' il posto di lavoro
e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino
requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o
responsabilita' particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di
lavoro prende le misure necessarie affinche':
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo
incaricati che abbiano ricevuto una formazione adeguata e specifica;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori
interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro provvede
affinche':
1) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di
installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e
prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un
nuovo cantiere o in una nuova localita' di impianto, al fine di assicurarne
l'installazione corretta e il buon funzionamento;
2) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti
suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1. a controlli periodici, secondo frequenze
stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme
di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona
prassi;
2. a controlli straordinari al fine di garantire il
mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano
eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la
sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni,
incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattivita';
c) i controlli di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono
stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di
lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per
iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere
conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori
della sede dell'unita' produttiva devono essere accompagnate da un documento
attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le
attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a verifiche periodiche, con la
frequenza indicata nel medesimo allegato. La prima di tali verifiche e'
effettuata dall'ISPESL e le successive dalle ASL. Le verifiche sono onerose e
le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l'ISPESL
possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I
soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico
servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della
funzione.
13. Le modalita' di effettuazione delle verifiche periodiche di cui
all'allegato VII, nonche' i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o
privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute, sentita
14. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti i
Ministri della salute e dello sviluppo economico, d'intesa con
Note all'art. 71:
- Il testo dell'art. 1, comma 2 del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996,
n. 459 (Regolamento per l'attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE,
93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative alle macchine), e' il seguente:
«Art. 1 (Campo di applicazione e definizioni). -
1. (Omissis).
2. Ai fini del presente regolamento, si intende per:
a) macchina:
1) un insieme di pezzi o di organi, di cui almeno uno mobile, collegati tra
loro, anche mediante attuatori, con circuiti di comando e di potenza o altri
sistemi di collegamento, connessi solidalmente per una applicazione ben
determinata, segnatamente per la trasformazione, il trattamento, lo spostamento
o il condizionamento di materiali;
2) un insieme di macchine e di apparecchi che, per raggiungere un risultato
determinato, sono disposti e comandati in modo da avere un funzionamento
solidale;
3) un'attrezzatura intercambiabile che modifica la funzione di una macchina,
commercializzata per essere montata su una macchina o su una serie di macchine
diverse o su un trattore dall'operatore stesso, nei limiti in cui tale
attrezzatura non sia un pezzo di ricambio o un utensile;
b) componente di sicurezza:
un componente, purche' non sia un'attrezzatura intercambiabile, che il
costruttore o il suo mandatario stabilito nell'Unione europea immette sul mercato
allo scopo di assicurare, con la sua utilizzazione, una funzione di sicurezza e
il cui guasto o cattivo funzionamento pregiudica la sicurezza o la salute delle
persone esposte.
3. Si intende per immissione sul mercato la prima messa a disposizione sul mercato
dell'Unione europea, a titolo oneroso o gratuito, di una macchina o di un
componente di sicurezza per la sua distribuzione o impiego. Si considerano
altresi' immessi sul mercato la macchina o il componente di sicurezza messi a
disposizione dopo aver subito modifiche costruttive non rientranti nella
ordinaria o straordinaria manutenzione.
4. Si intende per messa in servizio:
a) la prima utilizzazione della macchina o del componente di sicurezza sul
territorio dell'Unione europea;
b) l'utilizzazione della macchina o del componente di sicurezza costruiti sulla
base della legislazione precedente e gia' in servizio
alla data di entrata in vigore del presente regolamento, qualora siano stati
assoggettati a variazioni delle modalita' di utilizzo non previste direttamente
dal costruttore.
5. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:
a) le macchine la cui unica fonte di energia sia quella prodotta dalla forza
umana direttamente applicata, ad eccezione delle macchine per il sollevamento
di carichi ovvero di persone;
b) le macchine per uso medico destinate all'impiego diretto sul paziente;
c) le attrezzature specifiche per i parchi di divertimento;
d) le caldaie a vapore e i recipienti a pressione;
e) le macchine specificamente progettate o destinate ad uso nucleare che, se
difettose, possono provocare emissioni di radioattivita';
f) le fonti radioattive incorporate in una macchina;
g) le armi da fuoco;
h) i serbatoi di immagazzinamento e le condutture per il trasporto di benzina,
gasolio per autotrazione, liquidi infiammabili e sostanze pericolose;
i) i mezzi di trasporto aerei, stradali, ferroviari o per via d'acqua destinati
unicamente al trasporto di persone e quelli destinati al trasporto delle merci
per la sola parte inerente la funzione del trasporto. Non sono esclusi dal
campo di applicazione del presente regolamento i veicoli destinati
all'industria estrattiva;
l) le navi e le unita' mobili offshore, nonche' le attrezzature destinate ad
essere utilizzate a bordo di tali navi o unita';
m) gli impianti a fune, comprese le funicolari, per il trasporto pubblico o non
pubblico di persone;
n) i trattori agricoli e forestali quali definiti al paragrafo 1 dell'art. 1
della direttiva 74/150/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative all'omologazione dei trattori agricoli o forestali a
ruote, modificata da ultimo dalla direttiva 86/297/CEE;
o) le macchine appositamente progettate e costruite a fini militari o di
mantenimento dell'ordine;
p) gli ascensori che collegano in modo permanente piani definiti di edifici e
costruzioni mediante una cabina che si sposta lungo guide rigide la cui
inclinazione sull'orizzontale e' superiore a 15 gradi, destinata al trasporto:
1) di persone;
2) di persone e cose;
3) soltanto di cose se la cabina e' accessibile, ossia se una persona puo' penetrarvi senza difficolta', e attrezzata con elementi
di comando situati al suo interno o alla portata di una persona che si trovi al
suo interno;
q) i mezzi destinati al trasporto di persone che utilizzano veicoli a
cremagliera;
r) gli ascensori utilizzati nei pozzi delle miniere;
s) gli elevatori di scenotecnica;
t) gli ascensori da cantiere per il trasporto di persone o di persone e
materiale.
6. Ai sensi dell'art. 20 della legge 16 aprile 1987, n. 183, con decreto del
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sono adottate le modifiche del
presente regolamento concernenti modalita' esecutive e caratteristiche di
ordine tecnico.».
Art. 72.
Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso
1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria
attrezzature di lavoro di cui all'articolo 70, comma 2, deve attestare, sotto
la propria responsabilita', che le stesse siano conformi, al momento della
consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai
requisiti di sicurezza di cui all'allegato V.
2. Chiunque noleggi o conceda in uso ad un datore di
lavoro attrezzature di lavoro senza conduttore deve, al momento della cessione,
attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini
di sicurezza. Dovra' altresi' acquisire e conservare
agli atti per tutta la durata del noleggio o della concessione dell'attrezzatura
una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l'indicazione del lavoratore
o dei lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono risultare formati
conformemente alle disposizioni del presente titolo.
Art. 73.
Informazione e formazione
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di
lavoro provvede, affinche' per ogni attrezzatura di lavoro messa a
disposizione, i lavoratori incaricati dell'uso dispongano di ogni necessaria
informazione e istruzione e ricevano una formazione adeguata in rapporto alla
sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' a informare i lavoratori sui rischi
cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature
di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonche' sui cambiamenti di tali
attrezzature.
3. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai
lavoratori interessati.
4. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori incaricati dell'uso
delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilita' particolari di
cui all'articolo 71, comma 7, ricevano una formazione adeguata e specifica,
tale da consentirne l'utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro,
anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.
5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le attrezzature di
lavoro per le quali e' richiesta una specifica abilitazione degli operatori
nonche' le modalita' per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti
formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' della
formazione.
Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale
Art. 74.
Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito
denominato «DPI», qualsiasi attrezzatura destinata ad essere
indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o piu'
rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro,
nonche' ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non costituiscono DPI:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati
a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di
polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto
stradali;
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non
per attivita' lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori
nocivi.
Art. 75.
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i
rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche
di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o
procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Art. 76.
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di
per se' un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessita'.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di piu' DPI,
questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso
simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi
corrispondenti.
Note all'art. 76:
- Il testo del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475 (Attuazione della
direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre
Art. 77.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere
evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinche' questi siano
adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali
ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso fornite dal
fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul
mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa
negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso fornite dal
fabbricante, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie
per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
a) entita' del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di cui
all'articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai requisiti
previsti dall'articolo 76.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante
la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le
eventuali indicazioni fornite dal fabbricante;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo
casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano
l'uso di uno stesso DPI da parte di piu' persone, prende
misure adeguate affinche' tale uso non ponga alcun problema sanitario e
igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo
protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unita' produttiva informazioni
adeguate su ogni DPI;
g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine dell'utilizzo, per
la riconsegna e il deposito dei DPI;
h) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico
addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento e' indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475,
appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
Nota all'art. 77:
- Per il testo del decreto legislativo n. 475 del 1992, si veda nota all'art.
76.
Art. 78.
Obblighi dei lavoratori
1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera h),
i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento
organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi
dell'articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.
2. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera d), i
lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente
all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente
organizzato ed espletato.
3. I lavoratori:
a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in
materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o
al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi
rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
Art. 79.
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto dell'allegato VIII, costituisce elemento di riferimento per
l'applicazione di quanto previsto all'articolo 77,
commi 1 e 4.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con il Ministro dello sviluppo economico, sentita
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorita' delle
misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche
Art. 80.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' i
materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a disposizione dei
lavoratori siano progettati, costruiti, installati, utilizzati e manutenuti in
modo da salvaguardare i lavoratori da tutti i rischi di natura elettrica ed in
particolare quelli derivanti da:
a) contatti elettrici diretti;
b) contatti elettrici indiretti;
c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature
pericolose, archi elettrici e radiazioni;
d) innesco di esplosioni;
e) fulminazione diretta ed indiretta;
f) sovratensioni;
g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui al
precedente comma 1, tenendo in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese
eventuali interferenze;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta
le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo
i rischi presenti, ad individuare i dispositivi di protezione collettivi ed
individuali necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre
le procedure di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del
livello di sicurezza raggiunto con l'adozione delle misure di cui al comma 1.
Art. 81.
Requisiti di sicurezza
1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonche' le
installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere progettati,
realizzati e costruiti a regola d'arte.
2. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari di recepimento
delle direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i macchinari, le
apparecchiature, le installazioni e gli impianti di cui al comma precedente, si
considerano costruiti a regola d'arte se sono realizzati secondo le norme di
buona tecnica contenute nell'allegato IX.
3. Le procedure di uso e manutenzione devono essere predisposte tenendo conto
delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali
d'uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche
di prodotto e di quelle indicate nelle norme di buona tecnica contenute
nell'allegato IX.
Art. 82.
Lavori sotto tensione
1. E' vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono tuttavia
consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di sicurezza,
secondo quanto previsto dallo stato della tecnica secondo la migliore scienza
ed esperienza, nonche' quando i lavori sono eseguiti
nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri
definiti nelle norme di buona tecnica;
b) per tensioni nominali non superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500 V
in corrente continua:
1) l'esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere affidata a
lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attivita'
secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica;
2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri
definiti nelle norme di buona tecnica;
c) per tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500 V in
corrente continua purche':
1) i lavori su parti in tensione sono effettuati da aziende autorizzate con
specifico provvedimento dei competenti uffici del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale ad operare sotto tensione;
2) l'esecuzione di lavori su parti in tensione e' affidata a lavoratori
abilitati dal datore di lavoro ai sensi della pertinente normativa tecnica
riconosciuti idonei per tale attivita';
3) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri
definiti nelle norme di buona tecnica.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da adottarsi
entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto
legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di
cui al comma 1, lettera c), numero 1).
3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le aziende gia' autorizzate ai sensi della legislazione vigente.
Art. 83.
Lavori in prossimita' di parti attive
1. Non possono essere eseguiti lavori in prossimita' di linee elettriche o
di impianti elettrici con parti attive non protette, o che per circostanze
particolari si debbano ritenere non sufficientemente
protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti di cui alla tabella 1
dell'allegato IX, salvo che vengano adottate disposizioni organizzative e
procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi.
2. Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le disposizioni contenute
nella pertinente normativa di buona tecnica.
Art. 84.
Protezioni dai fulmini
1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli impianti, le
strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti dei fulmini con
sistemi di protezione realizzati secondo le norme di buona tecnica.
Art. 85.
Protezione di edifici, impianti strutture ed attrezzature
1. Il datore di lavoro
provvede affinche' gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature,
siano protetti dai pericoli determinati dall'innesco elettrico di atmosfere
potenzialmente esplosive per la presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o
polveri infiammabili, o in caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di
materiali esplosivi.
2. Le protezioni di cui al comma 1 si realizzano utilizzando le specifiche
disposizioni di cui al presente decreto legislativo e le pertinenti norme di
buona tecnica di cui all'allegato IX.
Art. 86.
Verifiche
1. Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro provvede affinche' gli
impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini, siano
periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di
buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione
e di efficienza ai fini della sicurezza.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della salute vengono stabilite, sulla base
delle disposizioni vigenti, le modalita' ed i criteri per l'effettuazione delle
verifiche di cui al comma 1.
3. L'esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato e tenuto a
disposizione dell'autorita' di vigilanza.
Note all'art. 86:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462
(Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni
e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di
messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 2002, n. 6.
Art. 87.
Sanzioni a carico del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto
da tre a sei mesi o con l'ammenda da
a) dell'articolo 70, comma 1 e dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai
punti 3.2.1, 5.6.1, 5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2, 5.13.8 e 5.13.9 dell'allegato
V, parte II;
b) dell'articolo 71, commi 1, 2, 4, 7 ed 8;
c) dell'articolo 82, comma 1, 83, comma 1 e 85, comma 1.
2. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da due a quattro mesi
o con l'ammenda da 1.000 euro a 4.000 euro per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10, 3.1.8, 3.1.11,
3.3.1, 5.1.3, 5.1.4, 5.5.3, 5.5.8, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1, 5.15.2, 5.16.2, 5.16.
4, dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, comma 3, limitatamente ai punti 2.6, 2.11, 3.1.3, 3.1.4,
3.1.5, 3.1.6, 3.1.7, 3.2.1 dell'allegato VI.
3. Il datore di lavoro e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti diversi da quelli indicati
alle lettere a) e b) dell'allegato V, parte II, e dell'allegato VI;
b) dell'articolo 71 commi 6 e 9 e 11;
c) dell'articolo 72, commi 1 e 2;
d) dell'articolo 86, comma 3.
Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili
Art. 88.
Campo di applicazione
1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle
misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei
cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera
a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie esistenti
entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle
autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera:
gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonche' i macchinari,
gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e
gli impianti destinati all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori
del perimetro delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei prodotti
delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;
e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli
idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e
nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette
ai poteri dello Stato;
f) ai lavori svolti in mare;
g) alle attivita' svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in
altri luoghi in cui si effettuino riprese, purche' tali attivita' non
implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.
Art. 89.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si
intendono per:
a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato: «cantiere»: qualunque
luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il cui elenco e'
riportato nell'allegato X.
b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali
frazionamenti della sua realizzazione. Nel caso di appalto di
opera pubblica, il committente e' il soggetto titolare del potere decisionale e
di spesa relativo alla gestione dell'appalto;
c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente, della
progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale soggetto
coincide con il progettista per la fase di progettazione dell'opera e con il
direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell'opera. Nel campo di
applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive
modificazioni, il responsabile dei lavori e' il responsabile unico del
procedimento;
d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attivita' professionale
contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione;
e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione
dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la progettazione: soggetto
incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei
compiti di cui all'articolo 91;
f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione
dell'opera, di seguito denominato coordinatore per l'esecuzione dei lavori:
soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori,
dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 92, che non puo' essere il
datore di lavoro delle imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato;
g) uomini-giorno: entita' presunta del cantiere rappresentata dalla somma delle
giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la
realizzazione dell'opera;
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro
dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al
singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i
cui contenuti sono riportati nell'allegato XV;
i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto con il
committente che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, puo' avvalersi di
imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi;
l) idoneita' tecnico-professionale: possesso di capacita' organizzative,
nonche' disponibilita' di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in
riferimento alla realizzazione dell'opera.
Nota all'art. 89:
- Per il testo del decreto legislativo n. 163 del 2006, si veda nota all'art.
26.
Art. 90.
Obblighi del committente o del responsabile dei lavori
1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione
dell'opera, ed in particolare al momento delle scelte tecniche, nell'esecuzione
del progetto e nell'organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai
principi e alle misure generali di tutela di cui all'articolo
15. Al fine di permettere la pianificazione dell'esecuzione in condizioni
di sicurezza dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere
simultaneamente o successivamente tra loro, il committente o il responsabile
dei lavori prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi di lavoro.
2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della progettazione
dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e
b).
3. Nei cantieri in cui e' prevista la presenza di piu' imprese,
anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con
l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente
all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la
progettazione.
4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori,
prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei
lavori, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98.
5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in cui, dopo
l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte
di essi sia affidata a una o piu' imprese.
6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei
requisiti di cui all'articolo
7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese esecutrici
e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e
quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono
indicati nel cartello di cantiere.
8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facolta' di sostituire in
qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso dei requisiti di cui
all'articolo 98, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e 4.
9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento
dei lavori ad un'unica impresa:
a) verifica l'idoneita' tecnico-professionale dell'impresa affidataria, delle
imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai
lavori da affidare, con le modalita' di cui all'allegato XVII. Nei casi di cui
al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede si considera
soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del certificato di
iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento
unico di regolarita' contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al
possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII;
b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo,
distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori
effettuate all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), all'Istituto
nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili,
nonche' una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle
organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative, applicato ai
lavoratori dipendenti. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al
periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte
delle imprese del documento unico di regolarita' contributiva e
dell'autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato;
c) trasmette all'amministrazione competente, prima dell'inizio dei lavori
oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attivita', il
nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente alla documentazione
di cui alle lettere a) e b). L'obbligo di cui al periodo che precede sussiste
anche in caso di lavori eseguiti in economia mediante affidamento delle singole
lavorazioni a lavoratori autonomi, ovvero di lavori realizzati direttamente con
proprio personale dipendente senza ricorso all'appalto. In assenza del
documento unico di regolarita' contributiva, anche in caso di variazione
dell'impresa esecutrice dei lavori, l'efficacia del titolo abilitativo e'
sospesa.
10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di
cui all'articolo 100 o del fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera
b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui all'articolo 99,
quando prevista, e' sospesa l'efficacia del titolo abilitativo. L'organo di
vigilanza comunica l'inadempienza all'amministrazione concedente.
11. In caso di lavori privati, la disposizione di cui al
comma 3 non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire.
Si applica in ogni caso quanto disposto dall'articolo 92, comma 2.
Art. 91.
Obblighi del coordinatore per la progettazione
1. Durante la progettazione dell'opera e comunque prima della richiesta di
presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione:
a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100,
comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati nell'allegato XV;
b) predispone un fascicolo, i cui contenuti sono definiti all'allegato XVI,
contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione
dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme
di buona tecnica e dell'allegato II al documento UE 26 maggio 1993. Il
fascicolo non e' predisposto nel caso di lavori di manutenzione ordinaria di
cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), e'
preso in considerazione all'atto di eventuali lavori successivi sull'opera.
Note all'art. 91:
- Il testo dell'art. 3, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia. (Testo A), e' il
seguente:
«Art. 3 (Definizioni degli interventi edilizi). (Legge
5 agosto 1978, n. 457, art. 31). - 1. Ai fini del presente testo unico si
intendono per:
a) «interventi di manutenzione ordinaria», gli interventi edilizi che
riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture
degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli
impianti tecnologici esistenti;».
Art. 92.
Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore
per l'esecuzione dei lavori:
a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione,
da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni
loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100 e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;
b) verifica l'idoneita' del piano operativo di sicurezza, da considerare come
piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui
all'articolo 100, assicurandone la coerenza con quest'ultimo, adegua il piano
di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e il fascicolo di cui
all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei lavori ed
alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese
esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, verifica che le
imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di
sicurezza;
c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la
cooperazione ed il coordinamento delle attivita' nonche' la loro reciproca
informazione;
d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali
al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza
finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;
e) segnala al committente e al responsabile dei lavori, previa contestazione
scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle
disposizioni degli articoli 94, 95 e 96 e alle prescrizioni del piano di cui
all'articolo 100, e propone la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle
imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto.
Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun
provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il
coordinatore per l'esecuzione da' comunicazione dell'inadempienza alla azienda unita' sanitaria locale e alla direzione provinciale del
lavoro territorialmente competenti;
f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato,
le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati
dalle imprese interessate.
2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per l'esecuzione,
oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il piano di sicurezza e di
coordinamento e predispone il fascicolo, di cui all'articolo 91, comma 1,
lettere a) e b).
Art. 93.
Responsabilita' dei committenti e dei responsabili dei lavori
1. Il committente e' esonerato dalle responsabilita' connesse
all'adempimento degli obblighi limitatamente all'incarico conferito al
responsabile dei lavori. In ogni caso il conferimento dell'incarico al
responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilita'
connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi di cui agli articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99.
2. La designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per
l'esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori dalle responsabilita'
connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 91,
comma 1, e 92, comma 1, lettere a), b), c) e d).
Art. 94.
Obblighi dei lavoratori autonomi
1. I lavoratori autonomi che esercitano la propria attivita' nei cantieri,
fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto legislativo, si adeguano
alle indicazioni fornite dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai fini
della sicurezza.
Art. 95.
Misure generali di tutela
1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante
l'esecuzione dell'opera osservano le misure generali di tutela di cui
all'articolo 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in particolare:
a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di soddisfacente
salubrita';
b) la scelta dell'ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle condizioni
di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione;
c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;
d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e il controllo
periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che
possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
e) la delimitazione e l'allestimento delle zone di stoccaggio e di deposito dei
vari materiali, in particolare quando si tratta di materie e di sostanze
pericolose;
f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere, della durata
effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro;
g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;
h) le interazioni con le attivita' che avvengono sul luogo, all'interno o in
prossimita' del cantiere.
Art. 96.
Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese
esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica
impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato XIII;
b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con modalita' chiaramente
visibili e individuabili;
c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o attrezzature in
modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che
possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;
e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del
caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori;
f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano
correttamente;
g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89, comma 1,
lettera h).
2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici
del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la
redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al
singolo cantiere interessato, adempimento alle disposizioni di cui all'articolo
17 comma 1, lettera a), all'articolo 18, comma 1, lettera z), e all'articolo
26, commi 1, lettera b), e 3.
Art. 97.
Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria
1. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria vigila sulla sicurezza dei
lavori affidati e sull'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del
piano di sicurezza e coordinamento.
2. Gli obblighi derivanti dall'articolo 26, fatte salve le disposizioni di cui
all'articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al datore di lavoro dell'impresa
affidataria. Per la verifica dell'idoneita' tecnico professionale si fa
riferimento alle modalita' di cui all'allegato XVII.
3. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve, inoltre:
a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
b) verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle
imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti
piani operativi di sicurezza al coordinatore per l'esecuzione.
Art. 98.
Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del coordinatore
per l'esecuzione dei lavori
1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione
dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi:
LM-4, da LM-
b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23, di cui al
predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero laurea conseguita
nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al citato decreto ministeriale in data 4
agosto 2000, nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti,
comprovante l'espletamento di attivita' lavorative nel settore delle
costruzioni per almeno due anni;
c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico,
nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante
l'espletamento di attivita' lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno
tre anni.
2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresi', in possesso di
attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a specifico
corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture
tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione
professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto
italiano di medicina sociale, dai rispettivi ordini o collegi professionali,
dalle universita', dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia.
3. I contenuti, le modalita' e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono
rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV.
4. L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per
coloro che, non piu' in servizio, abbiano svolto attivita' tecnica in materia
di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualita' di pubblici
ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un
certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad uno
specifico insegnamento del corso di laurea nel cui programma siano presenti i
contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un
corso di perfezionamento universitario con i medesimi contenuti minimi. L'attestato
di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che sono in possesso della laurea
magistrale LM-26.
5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale
carico dei partecipanti.
6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi
di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a
carico dei partecipanti.
Art. 99.
Notifica preliminare
1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio dei
lavori, trasmette all'azienda unita' sanitaria locale
e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti la notifica
preliminare elaborata conformemente all'allegato XII, nonche' gli eventuali
aggiornamenti nei seguenti casi:
a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3;
b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica, ricadono
nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di varianti sopravvenute in
corso d'opera;
c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entita' presunta di lavoro non
sia inferiore a duecento uomini-giorno.
2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile presso il
cantiere e custodita a disposizione dell'organo di vigilanza territorialmente
competente.
3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni in attuazione
dell'articolo 51 possono chiedere copia dei dati relativi alle notifiche
preliminari presso gli organi di vigilanza.
art. 100.
Piano di sicurezza e di coordinamento
1. Il
piano e' costituito da una relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessita'
dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di
costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute
dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di cui all'allegato XI,
nonche' la stima dei costi di cui al punto 4 dell'allegato XV. Il piano di
sicurezza e coordinamento (PSC) e' corredato da tavole esplicative di progetto,
relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria
sull'organizzazione del cantiere e, ove la
particolarita' dell'opera lo richieda, una tavola tecnica sugli
scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e
l'indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti all'allegato
XV.
2. Il piano di sicurezza e coordinamento e' parte integrante del contratto di
appalto.
3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori autonomi sono
tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al comma 1 e nel piano
operativo di sicurezza.
4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a disposizione dei
rappresentanti per la sicurezza copia del piano di sicurezza e di coordinamento
e del piano operativo di sicurezza almeno dieci giorni prima dell'inizio dei
lavori.
5. L'impresa che si aggiudica i lavori ha facolta' di
presentare al coordinatore per l'esecuzione proposte di integrazione al piano
di sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la
sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In nessun caso le
eventuali integrazioni possono giustificare modifiche o adeguamento dei prezzi
pattuiti.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui
esecuzione immediata e' necessaria per prevenire incidenti imminenti o per
organizzare urgenti misure di salvataggio.
Art. 101.
Obblighi di trasmissione
1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di
sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare offerte
per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di opera pubblica si considera
trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti i concorrenti alla gara
di appalto.
2. Prima dell'inizio dei lavori l'impresa affidataria trasmette il piano di cui
al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi.
3. Prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice
trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all'impresa affidataria, la
quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al
coordinatore per l'esecuzione. I lavori hanno inizio dopo l'esito positivo
delle suddette verifiche che sono effettuate tempestivamente e comunque non
oltre 15 giorni dall'avvenuta ricezione.
Art. 102.
Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza
1. Prima dell'accettazione del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e delle modifiche significative
apportate allo stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa esecutrice
consulta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli fornisce
eventuali chiarimenti sul contenuto del piano. Il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza ha facolta' di formulare proposte al riguardo.
Art. 103.
Modalita' di previsione dei livelli di emissione sonora
1. L'emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti puo' essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a
livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validita'
e' riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6,
riportando la fonte documentale cui si e' fatto riferimento.
Art. 104.
Modalita' attuative di particolari obblighi
1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai duecento
giorni lavorativi, l'adempimento di quanto previsto dall'articolo 102
costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione di cui all'articolo 35, salvo
motivata richiesta del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai 200 giorni
lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo
41, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro in cantieri aventi
caratteristiche analoghe a quelli gia' visitati dallo stesso
medico competente e gestiti dalle stesse imprese, e' sostituita o
integrata, a giudizio del medico competente, con l'esame di piani di sicurezza
relativi ai cantieri in cui
svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza. Il
medico competente visita almeno una volta all'anno
l'ambiente di lavoro in cui svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti
alla sua sorveglianza.
3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, i criteri e i contenuti per
la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti possono essere definiti
dalle parti sociali in sede di contrattazione nazionale di categoria.
4. I datori di lavoro, quando e' previsto nei contratti di affidamento dei
lavori che il committente o il responsabile dei lavori organizzi apposito
servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori, sono
esonerati da quanto previsto dall'articolo 18, comma 1, lettera b).
Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei
lavori in quota
Sezione I
Campo di applicazione
Art. 105.
Attivita' soggette
1. Le norme del presente capo si applicano alle attivita' che, da chiunque
esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati o autonomi,
concernono la esecuzione dei lavori di costruzione,
manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento,
ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo
smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento
armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee e gli
impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime,
idroelettriche, di bonifica, sistemazione forestale e di sterro. Costituiscono,
inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il
montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione
di lavori edili o di ingegneria civile. Le norme del presente capo si applicano
ai lavori in quota di cui al presente capo e ad in
ogni altra attivita' lavorativa.
Art. 106.
Attivita' escluse
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;
b) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli
idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e
nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette
ai poteri dello Stato;
c) ai lavori svolti in mare.
Art. 107.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si
intende per lavoro in quota: attivita' lavorativa che espone il lavoratore al
rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a
Sezione II
Disposizioni di carattere generale
Art. 108.
Viabilita' nei cantieri
1.
Durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la viabilita' delle
persone e dei veicoli conformemente al punto 1 dell'allegato XVIII.
Art. 109.
Recinzione del cantiere
1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve essere
dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l'accesso agli
estranei alle lavorazioni.
Art. 110.
Luoghi di transito
1. Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale aeree e simili
deve essere impedito con barriere o protetto con l'adozione di misure o cautele
adeguate.
Art. 111.
Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota
1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non
possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche
adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di
lavoro piu' idonee a garantire e mantenere condizioni
di lavoro sicure, in conformita' ai seguenti criteri:
a) priorita' alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di
protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da
eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di
rischi.
2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di accesso ai
posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione,
al dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di accesso adottato deve
consentire l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un
sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve
comportare rischi ulteriori di caduta.
3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia
utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in
cui l'uso di altre attrezzature di lavoro considerate piu' sicure non e' giustificato
a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure
delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare.
4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di accesso e
di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e' direttamente
sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei
rischi, risulta che il lavoro puo' essere effettuato in condizioni di sicurezza
e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata piu' sicura non e'
giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche
esistenti dei siti che non puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede
l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell'esito
della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei
vincoli di carattere ergonomico.
5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adottate
in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi
per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove
necessario, l'installazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I
predetti dispositivi devono presentare una configurazione ed una resistenza
tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da
prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei
lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono
presentare interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o
a gradini.
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura
particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione
collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci.
Il lavoro e' eseguito previa adozione di tali misure. Una
volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura
particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono
essere ripristinati.
7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota soltanto se le
condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei
lavoratori.
8. Il datore di lavoro dispone affinche' sia vietato assumere e somministrare
bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori addetti ai lavori in quota.
Art. 112.
Idoneita' delle opere provvisionali
1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale ed a
regola d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo; esse devono essere
conservate in efficienza per la intera durata del
lavoro.
2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si deve
provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti piu' idonei ai
sensi dell'allegato XIX.
Art. 113.
Scale
1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di
lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi
massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono
avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e larghezza adeguata alle
esigenze del transito. Dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere
provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente.
Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.
2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o
incastellature verticali o aventi una inclinazione
superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal
pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente
maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della
persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non
deve distare da questi piu' di cm 60. I pioli devono distare almeno
3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con materiale
adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti
nell'insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al
loro uso. Dette scale, se di legno, devono avere i pioli fissati ai montanti
mediante incastro. I pioli devono essere privi di nodi. Tali pioli devono
essere trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto
i due pioli estremi;
nelle scale lunghe piu' di
a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremita' inferiori dei due montanti;
b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremita' superiori,
quando sia necessario per assicurare la stabilita' della scala.
4. Per le scale provviste alle estremita' superiori di dispositivi di
trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le misure di
sicurezza indicate nelle lettere a) e b) del comma 3. Le scale a mano usate per
l'accesso ai vari piani dei ponteggi e delle impalcature non devono essere
poste l'una in prosecuzione dell'altra. Le scale che servono a collegare
stabilmente due ponti, quando sono sistemate verso la parte esterna del ponte,
devono essere provviste sul lato esterno di un corrimano parapetto.
5. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti
pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o
trattenute al piede da altra persona.
6. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano sistemate in modo da
garantire la loro stabilita' durante l'impiego e secondo i seguenti criteri:
a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto stabile,
resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la
posizione orizzontale dei pioli;
b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo sicuro e, ad
eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare spostamenti e
qualsiasi movimento di oscillazione;
c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili, durante il loro
uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore o inferiore dei
montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi
altra soluzione di efficacia equivalente;
d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali da sporgere a
sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri dispositivi
garantiscono una presa sicura;
e) le scale a pioli composte da piu' elementi
innestabili o a sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo
reciproco dei vari elementi;
f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente prima di
accedervi.
7. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano utilizzate in modo
da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi momento di un appoggio e
di una presa sicuri. In particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a
pioli non deve precludere una presa sicura.
8. Per l'uso delle scale portatili composte di due o piu' elementi
innestati (tipo all'italiana o simili), oltre quanto prescritto nel comma 3, si
devono osservare le seguenti disposizioni:
a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i
b) le scale in opera lunghe piu' di
c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne effettua lo
spostamento laterale;
d) durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra una
continua vigilanza della scala.
9. Le scale doppie non devono superare l'altezza di m 5 e devono essere
provviste di catena di adeguata resistenza o di altro dispositivo che impedisca
l'apertura della scala oltre il limite prestabilito di sicurezza.
10. E' ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo di cui ai
commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all'allegato XX.
Art. 114.
Protezione dei posti di lavoro
1. Quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto di caricamento
e sollevamento dei materiali vengono impastati
calcestruzzi e malte o eseguite altre operazioni a carattere continuativo il
posto di lavoro deve essere protetto da un solido impalcato sovrastante, contro
la caduta di materiali.
2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra deve essere delimitato
con barriera per impedire la permanenza ed il transito sotto i carichi.
3. Nei lavori che possono dar luogo a proiezione di schegge, come quelli di
spaccatura o scalpellatura di blocchi o pietre e simili, devono essere
predisposti efficaci mezzi di protezione a difesa sia delle persone
direttamente addette a tali lavori sia di coloro che sostano o transitano in
vicinanza. Tali misure non sono richieste per i lavori di normale adattamento
di pietrame nella costruzione di muratura comune.
Art. 115.
Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto
1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di protezione
collettiva come previsto all'articolo 111, comma 1, lettera a), e' necessario
che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione composti da diversi elementi, non necessariamente presenti
contemporaneamente, quali i seguenti:
a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature.
2. Il sistema di protezione, certificato per l'uso specifico, deve permettere
una caduta libera non superiore a
3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante connettore lungo
una guida o linea vita, a parti stabili delle opere fisse o provvisionali.
4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o mezzi
equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.
Art. 116.
Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di sistemi di accesso e di
posizionamento mediante funi
1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di posizionamento
mediante funi in conformita' ai seguenti requisiti:
a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per
l'accesso, la discesa e il sostegno, detta fune di lavoro, e l'altra con
funzione di dispositivo ausiliario, detta fune di sicurezza. E' ammesso l'uso
di una fune in circostanze eccezionali in cui l'uso di una seconda fune rende
il lavoro piu' pericoloso e se sono adottate misure
adeguate per garantire la sicurezza;
b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno collegata alla fune
di sicurezza;
c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa e dotata di
un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel caso in cui
l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti.
La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo
mobile contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;
d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori, agganciati alla loro
imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro strumento idoneo;
e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di poter
immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessita'. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le
tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e le
procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i metodi
di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro;
f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di lavoro ai
fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza competente per territorio
di compatibilita' ai criteri di cui all'articolo 111, commi 1 e 2.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione
adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di
procedure di salvataggio.
3. La formazione di cui al comma
a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei dispositivi
necessari;
b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su manufatti;
c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro caratteristiche
tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
d) gli elementi di primo soccorso;
e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;
f) le procedure di salvataggio.
4. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di
validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
Art. 117.
Lavori in prossimita' di parti attive
1. Quando occorre effettuare lavori in prossimita'
di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette o che
per circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente protette,
ferme restando le norme di buona tecnica, si deve rispettare almeno una delle
seguenti precauzioni:
a) mettere fuori tensione ed in sicurezza le parti attive per tutta la durata
dei lavori;
b) posizionare ostacoli rigidi che impediscano l'avvicinamento alle parti
attive;
c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici, apparecchi di
sollevamento, ponteggi ed ogni altra attrezzatura a distanza di sicurezza.
2. La distanza di sicurezza deve essere tale che non possano avvenire contatti
diretti o scariche pericolose per le persone tenendo conto del tipo di lavoro,
delle attrezzature usate e delle tensioni presenti.
Sezione III
Scavi e fondazioni
Art. 118.
Splateamento e sbancamento
1. Nei
lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza l'impiego di escavatori
meccanici, le pareti delle fronti di attacco devono avere una
inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno,
da impedire franamenti. Quando la parete del fronte di attacco supera l'altezza
di m 1,50, e' vietato il sistema di scavo manuale per scalzamento alla base e
conseguente franamento della parete.
2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di
infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o
scoscendimenti, deve essere provveduto all'armatura o al consolidamento del
terreno.
3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la
presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore e sul ciglio del
fronte di attacco.
4. Il posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando questo non sia
munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido riparo.
5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi alla base
della parete di attacco e, in quanto necessario in relazione all'altezza dello
scavo o alle condizioni di accessibilita' del ciglio della platea superiore, la
zona superiore di pericolo deve essere almeno delimitata mediante opportune
segnalazioni spostabili col proseguire dello scavo.
Art. 119.
Pozzi, scavi e cunicoli
1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi piu' di m 1,50, quando la
consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia
di stabilita', anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve
provvedere, man mano che procede lo scavo, alla applicazione delle necessarie
armature di sostegno.
2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi degli scavi
di almeno
3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non presenti
pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature per evitare
franamenti della volta e delle pareti. Dette armature devono essere applicate
man mano che procede il lavoro di avanzamento; la loro rimozione puo' essere effettuata in relazione al progredire del
rivestimento in muratura.
4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate nelle sottomurazioni e
quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano fabbriche o manufatti le cui
fondazioni possano essere scoperte o indebolite dagli scavi.
5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere adottate misure e
precauzioni per evitare che gli scuotimenti del terreno producano lesioni o
danni alle opere vicine con pericolo per i lavoratori.
6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre
7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata assistenza
all'esterno e le loro dimensioni devono essere tali da permettere il recupero
di un lavoratore infortunato privo di sensi.
Art. 120.
Deposito di materiali in prossimita' degli scavi
1. E' vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio degli
scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni del lavoro, si
deve provvedere alle necessarie puntellature.
Art. 121.
Presenza di gas negli scavi
1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse
in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti
dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del
terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di
compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che possono
dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose.
2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti
o la irrespirabilita' dell'aria ambiente e non sia possibile assicurare una
efficiente aerazione ed una completa bonifica, i lavoratori devono essere
provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie
respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale
collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto
all'esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in
continuo collegamento con gli operai all'interno ed essere in grado di
sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito dai gas.
3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di
autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la
concentrazione dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di
sicurezza e sempreche' sia assicurata una efficace e continua aerazione.
4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o esplosivi, deve
provvedersi alla bonifica dell'ambiente mediante idonea ventilazione; deve
inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica, se siano da temere emanazioni di gas
pericolosi, l'uso di apparecchi a fiamma, di corpi incandescenti e di
apparecchi comunque suscettibili di provocare fiamme o surriscaldamenti atti ad
incendiare il gas.
5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere abbinati
nell'esecuzione dei lavori.
Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname
Art. 122.
Ponteggi ed opere provvisionali
1. Nei
lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m 2, devono essere
adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o
ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare
i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente al punto 2
dell'allegato XVIII.
Art. 123.
Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali
1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono essere
eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori.
Art. 124.
Deposito di materiali sulle impalcature
1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere e' vietato
qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei materiali ed attrezzi
necessari ai lavori.
2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre inferiore a quello
che e' consentito dalla resistenza strutturale del ponteggio; lo spazio
occupato dai materiali deve consentire i movimenti e le manovre necessarie per
l'andamento del lavoro.
Art. 125.
Disposizione dei montanti
1. I montanti devono essere costituiti con elementi
accoppiati, i cui punti di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno
un metro; devono altresi' essere verticali o leggermente inclinati verso la
costruzione.
2. Per le impalcature fino ad
3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato alla base di
appoggio o di infissione in modo che sia impedito ogni cedimento in senso
verticale ed orizzontale.
4. L'altezza dei montanti deve superare di almeno metri
5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere superiore a m 3,60;
puo' essere consentita una maggiore distanza quando cio' sia richiesto da
evidenti motivi di esercizio del cantiere, purche', in tale caso, la sicurezza
del ponteggio risulti da un progetto redatto da un ingegnere o architetto
corredato dai relativi calcoli di stabilita'.
6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione almeno in
corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due montanti, con
disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.
Art. 126.
Parapetti
1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie,
che siano posti ad un'altezza maggiore di
Art. 127.
Ponti a sbalzo
1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l'impiego di ponti
normali, possono essere consentiti ponti a sbalzo purche' la loro costruzione
risponda a idonei procedimenti di calcolo e ne garantisca la solidita' e la
stabilita'.
Art. 128.
Sottoponti
1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di
sicurezza, costruito come il ponte, a distanza non superiore a m 2,50.
2. La costruzione del sottoponte puo' essere omessa
per i ponti sospesi, per i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di
manutenzione e di riparazione di durata non superiore a cinque giorni.
Art. 129.
Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio
1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato cementizio, quando
non si provveda alla costruzione da terra di una
normale impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle
casseforme per il getto dei pilastri perimetrali, deve essere sistemato, in
corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte di sicurezza a sbalzo,
avente larghezza utile di almeno m 1,20.
2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della successiva soletta o
della trave perimetrale, non devono essere lasciate sporgere dal filo del
fabbricato piu' di
3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento deve essere
sistemato, all'altezza del solaio di copertura del piano terreno, un impalcato
di sicurezza (mantovana) a protezione contro la caduta di materiali dall'alto.
Tale protezione puo' essere sostituita con una
chiusura continua in graticci sul fronte del ponteggio, qualora presenti le
stesse garanzie di sicurezza, o con la segregazione dell'area sottostante.
Art. 130.
Andatoie e passerelle
1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando siano
destinate soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se destinate al
trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere maggiore del 50 per
cento.
2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di riposo ad
opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie devono essere fissati
listelli trasversali a distanza non maggiore del passo di un uomo carico.
Sezione V
Ponteggi fissi
Art. 131.
Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego
1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi portanti
prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle norme della presente
sezione. 2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale l'autorizzazione alla costruzione ed
all'impiego, corredando la domanda di una relazione nella quale devono essere
specificati gli elementi di cui all'articolo seguente.
3. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in aggiunta
all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito di esame
della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio gia'
autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti
alla norma UNI EN 74.
4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego ponteggi aventi
interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila a condizione che i
risultati adeguatamente verificati delle prove di carico condotte su prototipi
significativi degli schemi funzionali garantiscano la sussistenza dei gradi di
sicurezza previsti dalle norme di buona tecnica.
5. L'autorizzazione e' soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare
l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.
6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal fabbricante
copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle istruzioni e schemi
elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g) dell'articolo 132.
7. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si avvale anche
dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei ponteggi
dichiarate dal titolare dell'autorizzazione, attraverso controlli a campione
presso le sedi di produzione.
Art. 132.
Relazione tecnica
1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:
a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro dimensioni
con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;
b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti di
sicurezza adottati per i singoli materiali;
c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati
sottoposti i vari elementi;
d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;
e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;
g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di
sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i
quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.
Art. 133.
Progetto
1. I ponteggi di altezza superiore a
a) calcolo di resistenza e stabilita' eseguito secondo le istruzioni approvate
nell'autorizzazione ministeriale;
b) disegno esecutivo.
2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto abilitato
a norma di legge all'esercizio della professione, deve risultare quanto occorre
per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e
dell'esecuzione.
3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e copia del
progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed esibite, a richiesta degli
organi di vigilanza, nei cantieri in cui vengono usati
i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.
Art. 134.
Documentazione
1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve
essere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della
documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di
montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui
contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.
2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito riportate sul
disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo che ha giustificato
l'esenzione dall'obbligo del calcolo.
Art. 135.
Marchio del fabbricante
1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o ad
incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio del
fabbricante.
Art. 136.
Montaggio e smontaggio
1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e
smontaggio (Pi.M.U.S.), in funzione della complessita' del ponteggio scelto,
con la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso
l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare realizzazione e
in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano puo' assumere
la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e
progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed
e' messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori
interessati.
2. Nel serraggio di piu' aste concorrenti in un nodo i giunti devono essere
collocati strettamente l'uno vicino all'altro.
3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di cui uno
puo' fare parte del parapetto.
4. Il datore di lavoro assicura che:
a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e' impedito
tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo
antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacita'
portante sufficiente;
c) il ponteggio e' stabile;
d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento involontario dei ponteggi
su ruote durante l'esecuzione dei lavori in quota;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio
sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da
sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione
sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi e' tale da impedire lo spostamento
degli elementi componenti durante l'uso, nonche' la presenza di spazi vuoti
pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi
verticali di protezione collettiva contro le cadute.
5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte
per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o
trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico e
delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di
pericolo, ai sensi del titolo V.
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o
trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte e
conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che
hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.
7. La formazione di cui al comma
a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del
ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione
del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni
meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio
o trasformazione possono comportare.
8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di
validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
Art. 137.
Manutenzione e revisione
1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o dopo violente
perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro deve assicurarsi
della verticalita' dei montanti, del giusto serraggio dei giunti, della
efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando l'eventuale sostituzione
o il rinforzo di elementi inefficienti.
2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi esterni
con idonei sistemi di protezione.
Art. 138.
Norme particolari
1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere fissate in modo
che non possano scivolare sui traversi metallici.
2. E' consentito un distacco delle tavole del piano di calpestio dalla muratura
non superiore a
3. E' fatto divieto di gettare dall'alto gli elementi del ponteggio.
4. E' fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.
5. Per i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in quanto applicabili,
le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono ammesse deroghe:
a) alla disposizione di cui all'articolo 125, comma
b) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma
c) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma
d) alla disposizione di cui all'articolo 128, comma 1, nel caso di ponteggi di
cui all'articolo 131, commi 2 e 3, che prevedano specifici schemi-tipo senza sottoponte
di sicurezza.
Sezione VI
Ponteggi movibili
Art. 139.
Ponti su cavalletti
1. I ponti su cavalletti
non devono aver altezza superiore a metri 2 e non devono essere montati sugli
impalcati dei ponteggi.
Art. 140.
Ponti su ruote a torre
1. I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere, con largo
margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui possono essere
sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di vento e in modo che non
possano essere ribaltati.
2. Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato; il carico del
ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con tavoloni o altro
mezzo equivalente.
3. Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente bloccate con cunei
dalle due parti o sistemi equivalenti.
4. I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno ogni due
piani; e' ammessa deroga a tale obbligo per i ponti su ruote a torre conformi
all'allegato XXIII.
5. La verticalita' dei ponti su ruote deve essere controllata con livello o con
pendolino.
6. I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche di
contatto, non devono essere spostati quando su di essi
si trovano lavoratori o carichi.
Sezione VII
Costruzioni edilizie
Art. 141.
Strutture speciali
1. Durante
la costruzione o il consolidamento di cornicioni di gronda e di opere sporgenti
dai muri, devono essere adottate precauzioni per impedirne la caduta, ponendo
armature provvisorie atte a sostenerle fino a che la stabilita' dell'opera sia
completamente assicurata.
Art. 142.
Costruzioni di archi, volte e simili
1. Le armature provvisorie
per la esecuzione di manufatti, quali archi, volte,
architravi, piattabande, solai, scale e di qualsiasi altra opera sporgente dal
muro, in cemento armato o in muratura di ogni genere, devono essere costruite
in modo da assicurare, in ogni fase del lavoro, la necessaria solidita' e con
modalita' tali da consentire, a getto o costruzione ultimata, il loro
progressivo abbassamento e disarmo.
2. Le armature provvisorie per grandi opere, come centine per ponti ad arco,
per coperture ad ampia luce e simili, che non rientrino negli schemi di uso
corrente, devono essere eseguite su progetto redatto da un ingegnere o
architetto, corredato dai relativi calcoli di stabilita'.
3. I disegni esecutivi, firmati dal progettista di cui al comma precedente,
devono essere esibiti sul posto di lavoro a richiesta degli organi di
vigilanza.
Art. 143.
Posa delle armature e delle centine
1. Prima della posa delle armature e delle centine di sostegno delle opere
di cui all'articolo precedente, e' fatto obbligo di assicurarsi della
resistenza del terreno o delle strutture sulle quali esse debbono poggiare, in
modo da prevenire cedimenti delle armature stesse o delle strutture
sottostanti, con particolare riguardo a possibili degradazioni per presenza
d'acqua.
Art. 144.
Resistenza delle armature
1. Le armature devono sopportare con sicurezza, oltre il peso delle
strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali, nonche' le
sollecitazioni dinamiche che possano dar luogo a
vibrazioni durante l'esecuzione dei lavori e quelle prodotte dalla spinta del
vento e dell'acqua.
2. Il carico gravante al piede dei puntelli di sostegno deve essere
opportunamente distribuito.
Art. 145.
Disarmo delle armature
1. Il disarmo delle armature provvisorie di cui al comma 2 dell'articolo
142 deve essere effettuato con cautela dai lavoratori che hanno ricevuto una
formazione adeguata e mirata alle operazioni previste sotto la diretta
sorveglianza del capo cantiere e sempre dopo che il direttore dei lavori ne
abbia data l'autorizzazione.
2. E' fatto divieto di disarmare qualsiasi tipo di armatura di sostegno quando sulle strutture insistano carichi
accidentali e temporanei.
3. Nel disarmo delle armature delle opere in calcestruzzo devono essere
adottate le misure precauzionali previste dalle norme per la esecuzione delle
opere in conglomerato cementizio.
Art. 146.
Difesa delle aperture
1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono
essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono
essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a
quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.
2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio
di materiali o di persone, un lato del parapetto puo' essere costituito da una
barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per il tempo
necessario al passaggio.
3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una
profondita' superiore a m 0,50 devono essere munite di normale parapetto e
tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da impedire
la caduta di persone.
Art. 147.
Scale in muratura
1. Lungo le rampe ed i pianerottoli delle scale fisse in costruzione, fino
alla posa in opera delle ringhiere, devono essere tenuti parapetti normali con
tavole fermapiede fissati rigidamente astrutture resistenti.
2. Il vano-scala deve essere coperto con una robusta impalcatura posta
all'altezza del pavimento del primo piano a difesa delle persone transitanti al
piano terreno contro la caduta dei materiali.
3. Sulle rampe delle scale in costruzione ancora mancanti di gradini, qualora
non siano sbarrate per impedirvi il transito, devono essere fissati intavolati
larghi almeno
Art. 148.
Lavori speciali
1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti,
coperture e simili, deve essere accertato che questi abbiano resistenza
sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego.
2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i
necessari apprestamenti atti a garantire la incolumita'
delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le
orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione
individuale anticaduta.
Art. 149.
Paratoie e cassoni
1. Paratoie e cassoni devono essere:
a) ben costruiti, con materiali appropriati e solidi dotati di resistenza
sufficiente;
b) provvisti dell'attrezzatura adeguata per consentire ai lavoratori di
ripararsi in caso di irruzione d'acqua e di materiali.
2. La costruzione, la sistemazione, la trasformazione o lo smantellamento di
una paratoia o di un cassone devono essere effettuati soltanto sotto la diretta
sorveglianza di un preposto.
3. Il datore di lavoro assicura che le paratoie e i cassoni vengano
ispezionati ad intervalli regolari.
Sezione VIII
Demolizioni
Art. 150.
Rafforzamento delle strutture
1. Prima
dell'inizio di lavori di demolizione e' fatto obbligo di procedere alla
verifica delle condizioni di conservazione e di stabilita' delle varie
strutture da demolire.
2. In relazione al risultato di tale verifica devono essere eseguite le opere
di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad evitare che, durante la
demolizione, si verifichino crolli intempestivi.
Art. 151.
Ordine delle demolizioni
1. I lavori di demolizione devono procedere con cautela e con ordine,
devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e condotti in
maniera da non pregiudicare la stabilita' delle strutture portanti o di
collegamento e di quelle eventuali adiacenti.
2. La successione dei lavori deve risultare da apposito programma contenuto nel
POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove previsto, che deve essere
tenuto a disposizione degli organi di vigilanza.
Art. 152.
Misure di sicurezza
1. La demolizione dei muri effettuata con attrez-zature manuali deve essere
fatta servendosi di ponti di servizio indipendenti dall'opera in demolizione.
2. E' vietato lavorare e fare lavorare gli operai sui muri in demolizione.
3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 non sussistono quando
trattasi di muri di altezza inferiore ai due metri.
Art. 153.
Convogliamento del materiale di demolizione
1. Il materiale di demolizione non deve essere gettato dall'alto, ma deve
essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il cui estremo
inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due metri dal livello del
piano di raccolta.
2. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che ogni tronco imbocchi
nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono essere adeguatamente
rinforzati.
3. L'imboccatura superiore del canale deve essere realizzata in modo che non
possano cadervi accidentalmente persone.
4. Ove sia costituito da elementi pesanti od ingombranti, il materiale di
demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.
5. Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il sollevamento
della polvere, irrorando con acqua le murature ed i materiali di risulta.
Art. 154.
Sbarramento della zona di demolizione
1. Nella zona sottostante la demolizione deve essere vietata la sosta ed il
transito, delimitando la zona stessa con appositi sbarramenti.
2. L'accesso allo sbocco dei canali di scarico per il caricamento ed il
trasporto del materiale accumulato deve essere consentito soltanto dopo che sia stato sospeso lo scarico dall'alto.
Art. 155.
Demolizione per rovesciamento
1. Salvo l'osservanza delle leggi e dei regolamenti speciali e locali, la
demolizione di parti di strutture aventi altezza sul terreno non superiore a
2. La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo graduale e senza
strappi e deve essere eseguita soltanto su elementi di struttura opportunamente
isolati dal resto del fabbricato in demolizione in modo da non determinare
crolli intempestivi o non previsti di altre parti.
3. Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie per la sicurezza
del lavoro quali: trazione da distanza non minore di una volta e mezzo
l'altezza del muro o della struttura da abbattere e allontanamento degli operai
dalla zona interessata.
4. Il rovesciamento per spinta puo' essere effettuato con martinetti solo per
opere di altezza non superiore a
5. Deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento del terreno in
seguito alla caduta delle strutture o di grossi blocchi possano derivare danni
o lesioni agli edifici vicini o ad opere adiacenti pericolose per i lavoratori
addetti.
Art. 156.
Verifiche
1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita
Capo III
Sanzioni
Art. 157.
Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori
1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
Art. 158.
Sanzioni per i coordinatori
1. Il coordinatore per la progettazione e' punito con l'arresto da tre
a sei mesi o con l'ammenda da
2. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori e' punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
Art. 159.
Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
c) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
2. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in
osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
Art. 160.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori autonomi sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
2. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
Art. 161.
Campo di applicazione
1. Il
presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica di sicurezza e di
salute sul luogo di lavoro.
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla segnaletica
impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo
ed aereo.
Art. 162.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di seguito
indicata «segnaletica di sicurezza»: una segnaletica che, riferita ad un
oggetto, ad una attivita' o ad una situazione
determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la
sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi,
un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione
verbale o un segnale gestuale;
b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far
correre o causare un pericolo;
c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio o pericolo;
d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un determinato
comportamento;
e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce indicazioni
relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio;
f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni diverse da
quelle specificate alle lettere da b) ad e);
g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma geometrica, di
colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una indicazione determinata, la
cui visibilita' e' garantita da una illuminazione di intensita' sufficiente;
h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad un cartello del
tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni complementari;
i) colore di sicurezza: un colore al quale e' assegnato un significato
determinato;
l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una situazione o che
prescrive un determinato comportamento, impiegata su un cartello o su una
superficie luminosa;
m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo costituito da
materiale trasparente o semitrasparente, che e' illuminato dall'interno o dal
retro in modo da apparire esso stesso come una superficie luminosa;
n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un
apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi vocale;
o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato, con impiego di
voce umana o di sintesi vocale;
p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia o delle mani in
forma convenzionale per guidare persone che effettuano manovre implicanti un
rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.
Art. 163.
Obblighi del datore di lavoro
1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in conformita'
all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere evitati o
sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di organizzazione
del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il datore di lavoro
fa ricorso alla
segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli allegati
da XXIV a XXXII.
2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di sicurezza
indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli allegati da
XXIV a XXXII, il datore di lavoro, anche in
riferimento alle norme di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo
le particolarita' del lavoro, l'esperienza e la tecnica.
3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno dell'impresa o
dell'unita' produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista
dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario,
fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell'allegato XXVIII.
Art. 164.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i lavoratori siano
informati di tutte le misure da adottare riguardo alla segnaletica di sicurezza
impiegata all'interno dell'impresa ovvero dell'unita' produttiva;
b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare sotto forma di
istruzioni precise, che deve avere per oggetto specialmente il significato
della segnaletica di sicurezza, soprattutto quando
questa implica l'uso di gesti o di parole, nonche' i comportamenti generali e
specifici da seguire.
Capo II
Sanzioni
Art. 165.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il
datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
Art. 166.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in
osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da
Titolo VI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 167.
Campo di applicazione
1. Le
norme del presente titolo si applicano alle attivita' lavorative di movimentazione
manuale dei carichi che comportano per i lavoratori rischi di patologie da
sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.
2. Ai fini del presente titolo, s'intendono:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno
di un carico ad opera di uno o piu' lavoratori,
comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare
un carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni
ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico
biomeccanico, in particolare dorso-lombari;
b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle strutture
osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.
Art. 168.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre
ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche,
per evitare la necessita' di una movimentazione manuale dei carichi da parte
dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad
opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i
mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione
manuale di detti carichi, tenendo conto dell'allegato XXXIII, ed in
particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri
condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di proget-tazione, le condizioni di
sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto
dell'allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari,
adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori
individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle
esigenze che tale attivita' comporta, in base all'allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41,
sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio
di cui all'allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalita' del
presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si
puo' fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.
Art. 169.
Informazione, formazione e addestramento
1. Tenendo conto dell'allegato XXXIII, il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente al peso ed
alle altre caratteristiche del carico movimentato;
b) assicura ad essi la formazione adeguata in
relazione ai rischi lavorativi ed alle modalita' di corretta esecuzione delle
attivita'.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l'addestramento adeguato in
merito alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione
manuale dei carichi.
Capo II
Sanzioni
Art. 170.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il
datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 fino ad euro
10.000 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2, 169,
comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
Art. 171.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in
osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad euro 1.200 per
la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad euro 600 per la
violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).
Titolo VII
ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 172.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita' lavorative
che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da
parte del pubblico;
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le
attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o
delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Art. 173.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di
procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di
videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione
dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia uomo-macchina, gli
accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unita' a
dischi, il
telefono, il modem, la stampante, il supporto per i
documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonche' l'ambiente di lavoro
immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di
videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali,
dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
Art. 174.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui
all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi
riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della
somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di cui
all'articolo
Art. 175.
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione
della sua attivita' mediante pause ovvero cambiamento di attivita'.
2. Le modalita' di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione
collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di
cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici
minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalita' e la durata delle interruzioni possono essere stabilite
temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la
necessita'.
5. E' comunque esclusa la cumulabilita' delle interruzioni all'inizio ed al
termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa
della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti
gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto
di lavoro.
7. La pausa e' considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di
lavoro e, come tale, non e' riassorbibile all'interno di accordi che prevedono
la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
Art. 176.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41, con particolare riferimento:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i
lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo
41, comma 6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal
medico competente, la periodicita' delle visite di controllo e' biennale per i
lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i
lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di eta'; quinquennale
negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneita' temporanea il medico competente stabilisce il
termine per la successiva visita di idoneita'.
5. Il lavoratore e' sottoposto a visita di controllo per i rischi di cui al
comma
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i dispositivi
speciali di correzione visiva, in funzione dell'attivita' svolta, quando
l'esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessita' e non
sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.
Art. 177.
Informazione e formazione
1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale dall'articolo 18,
comma 1, lettera l), il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare
per quanto riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso
di cui all'articolo 174;
2) le modalita' di svolgimento dell'attivita';
3) la protezione degli occhi e della vista;
b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a
quanto indicato al comma 1, lettera a).
Capo III
Sanzioni
Art. 178.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il
datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 fino ad euro
10.000 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175,
176, commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
Art. 179.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto in
osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad euro 1.200 per
la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad euro 600 per la
violazione dell'articolo 174, comma 1, lettera a).
Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 180.
Definizioni e campo di applicazione
1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il
rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi
elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima
e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la
sicurezza dei lavoratori.
2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per le attivita'
comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per quelle comportanti
esposizione a vibrazioni si applica il capo III, per quelle comportanti
esposizione a campi elettromagnetici si applica il capo IV, per quelle
comportanti esposizione a radiazioni ottiche artificiali si applica il capo V.
3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e' disciplinata
unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e sue successive
modificazioni.
Nota all'art. 180:
- Il testo del citato decreto legislativo n. 230 del 1995, e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 13 giugno 1995, n. 136, supplemento ordinario.
Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 181.
Valutazione dei rischi
1.
Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28,
il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti
fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e
protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle
buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici e'
programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale
qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di
specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi e' aggiornata ogni
qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero
renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria
rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione,
misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante
del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di
prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi e'
riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa puo'
includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e
l'entita' dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi piu' dettagliata.
Art. 182.
Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi
1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilita' di misure per
controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall'esposizione agli
agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo. La riduzione dei
rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici si basa sui principi generali
di prevenzione contenuti nel presente decreto.
2. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai
valori limite di esposizione definiti nei capi II, III, IV e V. Allorche',
nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del
presente capo i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di
lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei
valori limite di esposizione, individua le cause del superamento dei valori
limite di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e
prevenzione per evitare un nuovo superamento.
Art. 183.
Lavoratori particolarmente sensibili
1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all'articolo 182 alle
esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al
rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i minori.
Art. 184.
Informazione e formazione dei lavoratori
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di
lavoro provvede affinche' i lavoratori esposti a rischi derivanti da agenti
fisici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti vengano
informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi con
particolare riguardo:
a) alle misure adottate in applicazione del presente titolo;
b) all'entita' e al significato dei valori limite di esposizione e dei valori
di azione definiti nei Capi II, III, IV e V, nonche' ai potenziali rischi
associati;
c) ai risultati della valutazione, misurazione o calcolo dei livelli di esposizione
ai singoli agenti fisici;
d) alle modalita' per individuare e segnalare gli effetti negativi
dell'esposizione per la salute;
e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza
sanitaria e agli obiettivi della stessa;
f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi derivanti
dall'esposizione;
g) all'uso corretto di adeguati dispositivi di protezione individuale e alle
relative indicazioni e controindicazioni sanitarie all'uso.
Art. 185.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti fisici viene svolta secondo i principi generali di cui all'articolo
41, ed e' effettuata dal medico competente nelle modalita' e nei casi previsti
ai rispettivi capi del presente titolo sulla base dei risultati della
valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per il
tramite del servizio di prevenzione e protezione.
2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli in un lavoratore
un'alterazione apprezzabile dello stato di salute correlata ai rischi
lavorativi il medico competente ne informa il lavoratore e, nel rispetto del
segreto professionale, il datore di lavoro, che provvede a:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i
rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione delle misure
necessarie per eliminare o ridurre il rischio.
Art. 186.
Cartella sanitaria e di rischio
1. Nella cartella di cui all'articolo 25, comma 1,
lettera c), il medico competente riporta i dati della sorveglianza sanitaria,
ivi compresi i valori di esposizione individuali, ove previsti negli specifici
capi del presente titolo, comunicati dal datore di lavoro per il tramite del
servizio di prevenzione e protezione.
Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante
il lavoro
Art. 187.
Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei
lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito.
Art. 188.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della pressione acustica
istantanea ponderata in frequenza «C»;
b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h):
[dB(A) riferito a 20 \muPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei
livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di otto
ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6. Si riferisce
a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo;
c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w):
valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione
giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate lavorative
di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6, nota
2.
Art. 189.
Valori limite di esposizione e valori di azione
1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al
livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di
picco, sono fissati a:
a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A)
e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa);
b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa
(137 dB(C) riferito a 20 \muPa);
c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa
(135 dB(C) riferito a 20 \muPa).
2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della attivita' lavorativa
l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente, da una giornata
di lavoro all'altra, e' possibile sostituire, ai fini dell'applicazione dei
valori limite di esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione
giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a condizione
che:
a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come dimostrato da un
controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione di 87 dB(A);
b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi associati a
tali attivita'.
3. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione settimanale va
considerato il livello settimanale massimo ricorrente.
Art. 190.
Valutazione del rischio
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il
datore di lavoro valuta l'esposizione dei lavoratori al rumore durante il
lavoro prendendo in considerazione in particolare:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni
esposizione a rumore impulsivo;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 189;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento alle donne in
gravidanza e i minori;
d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e
sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e sostanze
ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra rumore e vibrazioni;
e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni
che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;
f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori
dell'attrezzatura di lavoro in conformita' alle vigenti disposizioni in
materia;
g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre
l'emissione di rumore;
h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di
lavoro normale, in locali di cui e' responsabile;
i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto
possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica;
l) la disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito con adeguate
caratteristiche di attenuazione.
2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, puo' fondatamente
ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il datore
di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti, i cui
risultati sono riportati nel documento di valutazione.
3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati alle
caratteristiche del rumore da misurare, alla durata dell'esposizione e ai
fattori ambientali secondo le indicazioni delle norme tecniche. I metodi
utilizzati possono includere la campionatura, purche' sia rappresentativa
dell'esposizione del lavoratore.
4. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore di lavoro
tiene conto dell'incertezza delle misure determinate secondo la prassi
metrologica.
5. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di prevenzione e
protezione necessarie ai sensi degli articoli 192, 193, 194, 195 e 196 ed e'
documentata in conformita' all'articolo 28, comma 2.
Art. 191.
Valutazione di attivita' a livello di esposizione molto variabile
1. Fatto salvo il divieto al superamento dei valori limite di esposizione,
per attivita' che comportano un'elevata fluttuazione dei livelli di esposizione
personale dei lavoratori, il datore di lavoro puo' attribuire
a detti lavoratori un'esposizione al rumore al di sopra dei valori superiori di
azione, garantendo loro le misure di prevenzione e protezione conseguenti e in
particolare:
a) la disponibilita' dei dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) l'informazione e la formazione; c) il controllo sanitario. In questo caso la
misurazione associata alla valutazione si limita a determinare il livello di
rumore prodotto dalle attrezzature nei posti operatore ai fini
dell'identificazione delle misure di prevenzione e protezione e per formulare
il programma delle misure tecniche e organizzative di cui all'articolo 192,
comma 2.
2. Sul documento di valutazione di cui all'articolo
Art. 192.
Misure di prevenzione e protezione
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, il datore di lavoro
elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante le seguenti misure:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione al
rumore;
b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del lavoro da
svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualita' di
rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di
lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto
e' di limitare l'esposizione al rumore;
c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro;
d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto delle attrezzature di
lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione al rumore;
e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature, involucri o rivestimenti
realizzati con materiali fonoassorbenti;
2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo
di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del lavoro
attraverso la limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione e
l'adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo.
2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 190 risulta
che i valori inferiori di azione sono superati, il datore di lavoro elabora ed
applica un programma di isure tecniche e organizzative volte a ridurre
l'esposizione al rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma
1.
3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad un rumore al
di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da appositi segnali.
Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle stesse e' limitato, ove
cio' sia tecnicamente possibile e giustificato dal rischio di esposizione.
4. Nel caso in cui, data la natura dell'attivita', il
lavoratore benefici dell'utilizzo di locali di riposo messi a
disposizione dal datore di lavoro, il rumore in questi locali e' ridotto a un livello
compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.
Art. 193.
Uso dei dispositivi di protezione individuali
1. In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18, comma 1, lettera c),
il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti dal rumore non possono
essere evitati con le misure di prevenzione e protezione di cui all'articolo
192, fornisce i dispositivi di protezione individuali per l'udito conformi alle
disposizioni contenute nel titolo III, capo II, e alle seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori inferiori di azione
il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori dispositivi di
protezione individuale dell'udito;
b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra dei valori
superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i dispositivi di
protezione individuale dell'udito;
c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito che consentono di
eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo, previa
consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;
d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale dell'udito.
2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai dispositivi
di protezione individuale dell'udito indossati dal lavoratore solo ai fini di
valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il rispetto del valore limite di
esposizione. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati
adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, mantengono un
livello di rischio uguale od inferiore ai livelli inferiori di azione.
Art. 194.
Misure per la limitazione dell'esposizione
1. Fermo restando l'obbligo del non superamento dei valori limite di
esposizione, se, nonostante l'adozione delle misure prese in applicazione del
presente capo, si individuano esposizioni superiori a detti valori, il datore
di lavoro:
a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori
limite di esposizione;
b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;
c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per evitare che la
situazione si ripeta.
Art. 195.
Informazione e formazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 184 nell'ambito degli
obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro garantisce che i
lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori inferiori di azione vengano informati e formati in relazione ai rischi
provenienti dall'esposizione al rumore.
Art. 196.
Sorveglianza sanitaria
1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i lavoratori la
cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o
con periodicita' diversa decisa dal medico competente, con adeguata motivazione
riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti
per la sicurezza di lavoratori in funzione della valutazione del rischio.
L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e
periodicita' della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico
competente.
2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 e' estesa ai lavoratori esposti
a livelli superiori ai valori inferiori di azione, su loro richiesta e qualora
il medico competente ne confermi l'opportunita'.
Art. 197.
Deroghe
1. Il datore di lavoro puo' richiedere deroghe
all'uso dei dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore
limite di esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione di
tali dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza dei
lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro utilizzazione.
2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite le parti sociali, per un
periodo massimo di quattro anni dall'organo di vigilanza territorialmente
competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e
le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale. Le circostanze che giustificano le
deroghe di cui al comma 1 sono riesaminate ogni quattro anni e, in caso di
venire meno dei relativi presupposti, riprende immediata applicazione la
disciplina regolare.
3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 e' condizionata
dall'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che
garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi
derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura
l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle condizioni
indicate nelle deroghe.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni quattro
anni alla Commissione della Unione europea un prospetto globale e motivato
delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.
Art. 198.
Linee Guida per i settori della musica delle attivita' ricreative e dei call
center
1. Su proposta della Commissione permanente per la
prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'articolo 6,
sentite la parti sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente capo,
Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni
Art. 199.
Campo di applicazione
1. Il
presente capo prescrive le misure per la tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori che sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da
vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei soggetti indicati all'articolo 3, comma
2, del presente decreto legislativo le disposizioni del presente capo sono
applicate tenuto conto delle particolari esigenze connesse al servizio
espletato, quali individuate dai decreti ivi previsti.
Art. 200.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo, si intende per:
a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni meccaniche che,
se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo, comportano un rischio per la
salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari,
osteoarticolari, neurologici o muscolari;
b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche che, se
trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei
lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide;
c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio A(8):
[ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in frequenza, delle accelerazioni
misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore;
d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo intero A(8): [ms-2]:
valore mediato nel tempo, ponderato, delle accelerazioni misurate per una
giornata lavorativa nominale di otto ore.
Art. 201.
Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. Ai fini del presente capo, si definiscono i
seguenti valori limite di esposizione e valori di azione.
a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento di 8 ore, e' fissato a 5 m/s2; mentre su periodi brevi e' pari a 20
m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di
8 ore, che fa scattare l'azione, e' fissato a 2,5 m/s2.
b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento di 8 ore, e' fissato a 1,0 m/s2; mentre su periodi brevi e' pari a
1,5 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di
8 ore, e' fissato a 0,5 m/s2.
2. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione giornaliero va
considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.
Art. 202.
Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il datore di lavoro
valuta e, quando necessario, misura, i livelli di
vibrazioni meccaniche cui i lavoratori sono esposti.
2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche puo' essere valutato
mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e il riferimento
ad appropriate informazioni sulla probabile entita' delle vibrazioni per le
attrezzature o i tipi di attrezzature nelle particolari condizioni di uso
reperibili presso banche dati dell'ISPESL o delle regioni o, in loro assenza,
dalle informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature.
Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di
attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata e che resta comunque
il metodo di riferimento.
3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al sistema
mano-braccio e' valutata o misurata in base alle disposizioni di cui
all'allegato XXXV, parte A.
4. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo intero e'
valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XXXV, parte
B.
5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro tiene
conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni
esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione specificati nell'articolo
201;
c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
particolarmente sensibili al rischio con particolare riferimento alle donne in
gravidanza e ai minori;
d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute dei lavoratori
risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il rumore e l'ambiente
di lavoro o altre attrezzature;
e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura di lavoro;
f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre i livelli di
esposizione alle vibrazioni meccaniche;
g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo
intero al di la' delle ore lavorative, in locali di cui e' responsabile;
h) condizioni di lavoro particolari, come le basse
temperature, il bagnato, l'elevata umidita' o il sovraccarico biomeccanico
degli arti superiori e del rachide;
i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese,per quanto
possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.
Art. 203.
Misure di prevenzione e protezione
1. Fermo restando quanto previsto nell'articolo
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni
meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto dei
principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro da svolgere, il
minor livello possibile di vibrazioni;
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni
provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente le
vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la
vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo
di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei DPI;
e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro;
f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull'uso corretto e
sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da idurre al minimo la
loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
g) la limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi di
riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione dal
freddo e dall'umidita'.
2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di esposizione e' stato
superato, il datore di lavoro prende misure immediate per riportare
l'esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del superamento e
adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione per evitare un
nuovo superamento.
Art. 204.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori
d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o
con periodicita' diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione
riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti
per la sicurezza dei lavoratori in funzione della valutazione del rischio.
L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e
periodicita' della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico
competente.
2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresi' sottoposti alla sorveglianza
sanitaria quando, secondo il medico competente, si
verificano una o piu' delle seguenti condizioni: l'esposizione dei lavoratori
alle vibrazioni e' tale da rendere possibile l'individuazione di un nesso tra
l'esposizione in questione e una malattia identificabile o ad effetti nocivi
per la salute ed e' probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano
nelle particolari condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche
sperimentate che consentono di individuare la malattia o gli effetti nocivi per
la salute.
Art. 205.
Deroghe
1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il datore di lavoro, in
circostanze debitamente giustificate, puo' richiedere la deroga, limitatamente
al rispetto dei valori limite di esposizione per il corpo intero qualora,
tenuto conto della tecnica e delle caratteristiche specifiche dei luoghi di
lavoro, non sia possibile rispettare tale valore limite nonostante le misure
tecniche e organizzative messe in atto.
2. Nel caso di attivita' lavorative in cui l'esposizione di un lavoratore a
vibrazioni meccaniche e' abitualmente inferiore ai valori di azione, ma puo'
occasionalmente superare il valore limite di esposizione, il datore di lavoro puo' richiedere la deroga al rispetto dei valori limite a
condizione che il valore medio dell'esposizione calcolata su un periodo di 40
ore sia inferiore al valore limite di esposizione e dimostri, con elementi
probanti, che i rischi derivanti dal tipo di esposizione cui e' sottoposto il
lavoratore sono inferiori a quelli derivanti dal livello di esposizione
corrispondente al valore limite.
3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo massimo di
quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente competente che provvede
anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno
consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale. Le deroghe sono rinnovabili e possono essere revocate quando vengono meno le circostanze che le hanno
giustificate.
4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 e' condizionata
all'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che
garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi
derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura
l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle condizioni
indicate nelle deroghe.
5. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni quattro
anni alla Commissione della Unione europea un prospetto dal quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai
sensi del presente articolo.
Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici
Art. 206.
Campo di applicazione
1. Il
presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori
contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione ai
campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come
definiti dall'articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni riguardano la
protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli
effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo umano derivanti dalla
circolazione di correnti indotte e
dall'assorbimento di energia, e da correnti di contatto.
2. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali effetti a lungo
termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione.
Art. 207.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per:
a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici
ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza
inferiore o pari a 300 GHz;
b) valori limite di esposizione: limiti all'esposizione a campi
elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute
accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti
garantisce che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono protetti
contro tutti gli effetti nocivi a breve termine per la salute conosciuti;
c) valori di azione: l'entita' dei parametri direttamente misurabili, espressi
in termini di intensita' di campo elettrico (E), intensita' di campo magnetico
(H), induzione magnetica (B) e densita' di potenza (S), che determina l'obbligo
di adottare una o piu' delle misure specificate nel presente capo. Il rispetto
di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di
esposizione.
Art. 208.
Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. I valori limite di esposizione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera A, tabella 1.
2. I valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera B, tabella 2.
Art. 209.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il
datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura o calcola i livelli dei
campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La valutazione, la
misurazione e il calcolo devono essere effettuati in conformita' alle norme
europee standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica
(CENELEC). Finche' le citate norme non avranno contemplato tutte le pertinenti
situazioni per quanto riguarda la valutazione, misurazione e calcolo
dell'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici, il datore di lavoro
adotta le specifiche linee guida individuate od emanate dalla Commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del
lavoro, o, in alternativa, quelle del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI),
tenendo conto, se necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti
delle attrezzature.
2. A seguito della valutazione dei livelli dei campi elettromagnetici
effettuata in conformita' al comma 1, qualora risulti che siano superati i
valori di azione di cui all'articolo 208, il datore di
lavoro valuta e, quando necessario, calcola se i valori limite di esposizione
sono stati superati.
3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai commi 1 e 2 non devono
necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro accessibili al pubblico,
purche' si sia gia' proceduto ad una valutazione conformemente alle
disposizioni relative alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai
campi elettromagnetici da 0 Hz 300 GHz e risultino
rispettate per i lavoratori le restrizioni previste dalla raccomandazione
1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi
alla sicurezza.
4. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui all'articolo 181, il datore
di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, lo spettro di frequenza, la durata e il tipo dell'esposizione;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 208;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi effetto indiretto quale:
1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici (compresi
stimolatori cardiaci e altri dispositivi impiantati);
2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi magnetici statici con
induzione magnetica superiore a 3 mT;
3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali infiammabili
provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o
scariche elettriche;
e) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i
livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
f) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di
esposizione ai campi elettromagnetici;
g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della
sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili in pubblicazioni
scientifiche;
h) sorgenti multiple di esposizione;
i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.
5. Il datore di lavoro nel documento di valutazione del rischio di cui
all'articolo 28 precisa le misure adottate, previste dall'articolo 210.
Nota all'art. 209:
- Il testo della raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999
relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz, e' pubblicato nella G.U.C.E. 30 luglio
1999, n. L 199.
Art. 210.
Misure di prevenzione e protezione
1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti che i valori di
azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di lavoro, a meno che
la valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, dimostri che i
valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi
rischi relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d'azione che
comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire esposizioni
superiori ai valori limite di esposizione, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai campi
elettromagnetici;
b) della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici di
intensita' inferiore, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi
elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di
sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro,
dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di
lavoro;
f) della limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione individuale.
2. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti a campi
elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere indicati con
un'apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel caso che dalla
valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, il datore di lavoro
dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono
essere esclusi rischi relativi alla sicurezza. Dette aree sono inoltre
identificate e l'accesso alle stesse e' limitato laddove cio' sia tecnicamente
possibile e sussista il rischio di un superamento dei valori limite di
esposizione.
3. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai
valori limite di esposizione. Allorche', nonostante i provvedimenti presi dal
datore di lavoro in applicazione del presente capo, i valori limite di
esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per
riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua
le cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza
le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento.
4. A norma dell'articolo 209, comma 4, lettera c), il
datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei
lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.
Art. 211.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata
periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa
dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente
sensibili al rischio di cui all'articolo 183, tenuto conto dei risultati della
valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. L'organo di vigilanza,
con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' diversi da
quelli forniti dal
medico competente.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito
dall'articolo 182, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i
lavoratori per i quali e' stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di
azione di cui all'articolo 208, comma 2.
Art. 212.
Linee guida
1. Il Ministero della salute, avvalendosi degli organi
tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale, sentita
Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche
artificiali
Art. 213.
Campo di applicazione
1. Il
presente capo stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori
contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare,
dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro con
particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla
cute.
Art. 214.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si
intendono per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di
lunghezza d'onda compresa tra 100 ¯Fm e
1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra
100 e 400 ¯Fm. La banda degli ultravioletti e'
suddivisa in UVA (315-400 ¯Fm), UVB (280-315 ¯Fm) e UVC (100-280 ¯Fm);
2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra 380
e 780 ¯Fm;
3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa tra
780 ¯Fm e
b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di radiazione):
qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o amplificare le
radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze d'onda delle radiazioni
ottiche, soprattutto mediante il processo di emissione stimolata controllata;
c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser;
d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa dalla
radiazione laser;
e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle radiazioni ottiche
che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su
considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i
lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli effetti nocivi sugli occhi e
sulla cute conosciuti;
f) irradianza (E) o densita' di potenza: la potenza radiante incidente per
unita' di area su una superficie espressa in watt su metro quadrato (W m-2);
g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell'irradianza espresso in
joule su metro quadrato (J m-2);
h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unita' d'angolo solido per
unita' di superficie, espressa in watt su metro quadrato su steradiante (W m-2
sr-1);
i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e radianza alle
quali e' esposto un lavoratore.
Art. 215.
Valori limite di esposizione
1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono
riportati nell'allegato XXXVII, parte I.
2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser
sono riportati nell'allegato XXXVII, parte II.
Art. 216.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il
datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i livelli
delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti
i lavoratori. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione e/o
nel calcolo rispetta le norme della Commissione elettrotecnica internazionale
(IEC), per quanto riguarda le radiazioni laser, le raccomandazioni
della Commissione internazionale per l'illuminazione (CIE) e del Comitato
europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle
situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e raccomandazioni,
fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni adeguate
dell'Unione europea, il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida
individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro o, in subordine, linee
guida nazionali o internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di
esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle
attrezzature, se contemplate da pertinenti direttive comunitarie di prodotto.
2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi, presta
particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d'onda e la durata dell'esposizione a
sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo 215;
c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori appartenenti
a gruppi particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le radiazioni ottiche e le
sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;
e) qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le esplosioni o
il fuoco;
f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i
livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
g) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di
esposizione alle radiazioni ottiche;
h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte
nel corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla pertinente norma
IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che possono arrecare danni
simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte le classificazioni
analoghe;
m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni ottiche
e delle relative attrezzature di lavoro in conformita' delle pertinenti
direttive comunitarie.
3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve precisare
le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.
Art. 217.
Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi
1. Se la valutazione dei rischi di cui all'articolo 17,
comma 1, lettera a), mette in evidenza che i valori limite d'esposizione
possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma
d'azione che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare
che l'esposizione superi i valori limite, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore esposizione alle
radiazioni ottiche;
b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche, tenuto
conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni ottiche,
incluso, quando necessario, l'uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o
analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei
luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di
lavoro;
f) della limitazione della durata e del livello dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione individuale;
h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 216, i luoghi di
lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a livelli di radiazioni
ottiche che superino i valori di azione devono essere indicati con un'apposita
segnaletica. Dette aree sono inoltre identificate e l'accesso alle
stesse e' limitato, laddove cio' sia tecnicamente possibile.
3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle
esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al
rischio.
Art. 218.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata
periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa
dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente
sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi
trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria e' effettuata con
l'obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente effetti negativi per la
salute, nonche' prevenire effetti a lungo termine negativi per la salute e
rischi di malattie croniche derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito
dall'articolo 182 e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente
sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali e' stata rilevata
un'esposizione superiore ai valori limite di cui all'articolo 215.
3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati effetti
nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al lavoratore i
risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in particolare le
informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui dovrebbe sottoporsi
dopo la fine dell'esposizione;
b) il datore di lavoro e' informato di tutti i dati significativi emersi dalla
sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto professionale.
Capo VI
Sanzioni
Art. 219.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il
datore di lavoro e' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda
da
2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
Art. 220.
Sanzioni a carico del medico competente
1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino tre mesi o con
l'ammenda da euro
Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici
Art. 221.
Campo di applicazione
1. Il
presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori
contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare,
dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato
di ogni attivita' lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti gli agenti
chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le
disposizioni relative agli agenti chimici per i quali
valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto
legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresi' al trasporto di
agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nei
decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28 settembre 1999 e nel
decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, nelle disposizioni del codice IMDG
del codice IBC e nel codice IGC, quali definite dall'articolo 2 della direttiva
93/75/CEE, del Consiglio, del 13 settembre 1993, nelle disposizioni
dell'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose
per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle
sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa
comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci
pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.
4. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle attivita'
comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalle norme
contenute al capo III del presente titolo.
Note all'art. 221:
- Per il testo del decreto legislativo n. 230 del 1995, si veda nota all'art.
180.
- Il testo del decreto ministeriale 4 settembre 1996, (Attuazione della
direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su
strada), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 dicembre 1996, n. 282,
supplemento ordinario .
- Il testo del decreto ministeriale 15 maggio 1997 (Attuazione della direttiva
96/86/CE del Consiglio dell'Unione europea che adegua al progresso tecnico la
direttiva 94/55/CE), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 giugno 1997, n.
128, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto ministeriale 28 settembre 1999 (Attuazione della
direttiva 1999/47/CE della Commissione dell'Unione europea, che adegua per la
seconda volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1999, n. 249, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41 (Attuazione delle
direttive 96/49/CE e 96/87/CE relative al trasporto di merci pericolose per
ferrovia), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 febbraio 1999, n. 48,
supplemento ordinario .
- Il testo del'art. 2 della direttiva 93/75/CEE del 13 settembre 1993,
Direttiva del Consiglio relativa alle condizioni minime necessarie per le navi
dirette a porti marittimi della Comunita' o che ne escono e che trasportano
merci pericolose o inquinanti, e' il seguente:
«Art. 2. - Ai fini della presente direttiva si intendono per:
a) «operatore»: il proprietario, il noleggiatore, l'imprenditore o l'agente
marittimo della nave;
b) «nave»: qualsiasi nave da carico, petroliera, chimichiera o gasiera o nave
passeggeri diretta ad un porto della Comunita' o che ne esce e che trasporta
merci pericolose o inquinanti, alla rinfusa o in colli;
c) «merci pericolose»: quelle merci classificate nel codice IMDG, inclusi i
materiali radioattivi di cui alla raccolta INF; nel capitolo 17 del codice IBC
e nel capitolo 19 del codice IGC;
d) «merci inquinanti»:
- idrocarburi, secondo la definizione della MARPOL, allegato 1,
- sostanze liquide nocive, secondo la definizione della MARPOL, allegato 2,
- sostanze dannose, secondo la definizione della MARPOL, allegato 3;
e) «Marpol 73/78»: la convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione
dell'inquinamento causato da navi, nella versione modificata dal protocollo del
1978, di volta in volta in vigore;
f) «Codice IMDG»: il codice marittimo internazionale
per il trasporto delle merci pericolose, di volta in volta vigente;
g) «Codice IBC»: il codice internazionale IMO per la
costruzione e le dotazioni delle navi adibite al trasporto alla rinfusa di
prodotti chimici pericolosi, di volta in volta vigente;
h) «Codice IGC»: il codice internazionale IMO per la
costruzione e le dotazioni delle navi adibite al trasporto alla rinfusa di gas
liquefatti, di volta in volta vigente;
i) «raccolta INF»: il corpus delle norme di sicurezza IMO per il trasporto di
combustibile nucleare irradiato, di plutonio e di scorie altamente
radioattive in fusti a bordo di navi, di volta in volta vigente;
j) «risoluzione IMO A.851(20)»: la risoluzione 851(20) dell'Organizzazione
marittima internazionale, adottata dall'assemblea nella 20ª sessione il 27
novembre 1997, avente per titolo «General princi-ples for ship reporting
systems and ship reporting requirements, including guidelines for reporting
incidents involving dangerous goods, harmful substances and/or marine
pollutants» (Principi generali dei sistemi di notifica e norme di compilazione
delle notifiche, con orientamenti per la notifica di sinistri in cui sono
coinvolte merci pericolose, sostanze nocive e/o sostanze inquinanti per
l'ambiente marino);
k) «autorita' competenti»: le autorita' e le
organizzazioni designate dagli Stati membri ai sensi dell'art. 3;
l) «spedizioniere/caricatore»: una persona che ha stipulato un contratto per il
trasporto di merci via mare, o la persona nel cui nome o per conto della quale,
viene stipulato il contratto.».
Art. 222.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei
loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso
lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attivita' lavorativa, siano
essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni, nonche' gli
agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose
di cui al predetto decreto. Sono escluse le sostanze pericolose solo per
l'ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto
legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni, nonche' gli
agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi
di cui al predetto decreto. Sono esclusi i preparati pericolosi solo per
l'ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classifi-cabili come pericolosi, in base
ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute
dei lavoratori a causa di loro proprieta' chimico-fisiche,
chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti
sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui e' stato assegnato un
valore limite di esposizione professionale;
c) attivita' che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attivita'
lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l'utilizzo,
in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l'immagazzinamento,
il trasporto o l'eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da
tale attivita' lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato,
il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico
nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione
ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori e'
riportato nell'allegato XXXVIII;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente,
di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell'appropriato mezzo
biologico; un primo elenco di tali valori e' riportato nell'allegato XXXIX;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo
lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprieta' intrinseca di un agente chimico di poter produrre
effetti nocivi;
h) rischio: la probabilita' che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni
di utilizzazione o esposizione.
Note all'art. 222:
- Il testo del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52 (Attuazione della
direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura
delle sostanze pericolose), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11 marzo
1997, n. 58, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65 (Attuazione della
direttiva 1999/45/CE e della direttiva 2001/60/CE relative alla
classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003, n. 87, supplemento
ordinario .
Art. 223.
Valutazione dei rischi
1. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro determina,
preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di
lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori
derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in
particolare:
a) le loro proprieta' pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal responsabile
dell'immissione sul mercato tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta
ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n.
65, e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in
presenza di tali agenti, compresa la quantita' degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di
cui un primo elenco e' riportato negli allegati XXXVIII e XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza
sanitaria gia' intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono
state adottate ai sensi dell'articolo 224 e, ove applicabile, dell'articolo
225. Nella valutazione medesima devono essere incluse le attivita', ivi
compresa la manutenzione e la pulizia, per le quali e' prevedibile la
possibilita' di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare
effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo l'adozione di tutte le
misure tecniche.
3. Nel caso di attivita' lavorative che comportano l'esposizione a piu' agenti
chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la
combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni, il responsabile
dell'immissione sul mercato di agenti chimici pericolosi e' tenuto a fornire al
datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni necessarie per la
completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio puo' includere la
giustificazione che la natura e l'entita' dei rischi connessi con gli agenti
chimici pericolosi rendono non necessaria un'ulteriore valutazione maggiormente
dettagliata dei rischi.
6. Nel caso di un'attivita' nuova che comporti la presenza di agenti chimici
pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e l'attuazione delle
misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale
attivita' comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi
che essa presenta e all'attuazione delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in
occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero
quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessita'.
Nota all'art. 223:
- Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e n. 65 del 2003, si veda
nota all'art. 222.
Note agli articoli 227, 234 e 239:
- Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e n. 65 del 2003, si veda
nota all'art. 222.
Art. 224.
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo
15, i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o
ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di
lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative
procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantita' di agenti presenti sul luogo di lavoro
in funzione delle necessita' della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la
sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul luogo
di lavoro di agenti chimici pericolosi nonche' dei rifiuti che contengono detti
agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al
tipo e alle quantita' di un agente chimico pericoloso e alle modalita' e
frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi e' solo
un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e
che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si
applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.
Art. 225.
Misure specifiche di protezione e di prevenzione
1. Il datore di lavoro, sulla base dell'attivita' e della
valutazione dei rischi di cui all'articolo 223, provvede affinche' il rischio
sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura
dell'attivita' lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni
di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la
natura dell'attivita' non consente di eliminare il rischio attraverso la
sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia
ridotto mediante l'applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente
ordine di priorita':
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici,
nonche' uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del
rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione
individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 229 e 230.
2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di n adeguato
livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed
ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire
sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che
possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di
cui e' riportato un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro
assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite
di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione in
termini spazio temporali.
3. Quando sia stato superato un valore limite di esposizione professionale
stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identifica e rimuove le
cause che hanno cagionato tale superamento dell'evento, adottando
immediatamente le misure appropriate di prevenzione e protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai documenti
di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per la sicurezza dei
lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuate ai
sensi del comma 2 per l'adempimento degli obblighi conseguenti alla valutazione
dei rischi di cui all'articolo 223. Sulla base della valutazione dei rischi e
dei principi generali di prevenzione e protezione, il datore di lavoro adotta
le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle operazioni,
compresi l'immagazzinamento, la manipolazione e l'isolamento di agenti chimici
incompatibili fra di loro; in particolare, il datore
di lavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose
di sostanze infiammabili o quantita' pericolose di sostanze chimicamente
instabili.
5. Laddove la natura dell'attivita' lavorativa non consenta di prevenire sul
luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze
infiammabili o quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili, il
datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a
incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse che potrebbero
provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze
chimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative previste
dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e la
sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti
all'accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da
sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili.
6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro ed adotta
sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni
legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto riguarda
l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente controllo
degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi
e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di esplosione o
dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei valori limite
di esposizione professionale, delle cause dell'evento e delle misure di
prevenzione e protezione adottate e ne da' comunicazione, senza indugio,
all'organo di vigilanza.
Art. 226.
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e 44, nonche'
quelle previste dal decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile
1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei
lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti dalla
presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure
di
intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tali misure
comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli connessi alla
tipologia di lavorazione e la messa a disposizione di appropriati mezzi di
pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate
misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di
evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro adotta
inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazione quanto prima.
3. Ai lavoratori cui e' consentito operare nell'area colpita o ai lavoratori
indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle attivita'
necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione
individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate
sino a quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare sistemi
d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare
tempestivamente l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano previsto dal
decreto di cui al comma
a) informazioni preliminari sulle attivita' pericolose, sugli agenti chimici
pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei rischi, sulle precauzioni e
sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le situazioni di
emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o
che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese
le informazioni sulle procedure elaborate in base al presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono
immediatamente abbandonare la zona interessata.
Art. 227.
Informazione e formazione per i lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37, il datore di
lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti dispongano
di:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori informazioni
ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro determinino un
cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro,
quali l'identita' degli agenti, i rischi per la sicurezza e la salute, i
relativi valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni
normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da
intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo di
lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal
responsabile dell'immissione sul mercato ai sensi dei decreti legislativi 3
febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio di cui
all'articolo 223. Tali informazioni possono essere costituite da comunicazioni
orali o dalla formazione e dall'addestramento individuali con il supporto di
informazioni scritte, a seconda della natura e del
grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimici pericolosi
utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da segnali di sicurezza
in base a quanto disposto dal titolo V, il datore di lavoro provvede affinche'
la natura del contenuto dei contenitori e delle condutture e gli eventuali
rischi connessi siano chiaramente identificabili.
4. Il responsabile dell'immissione sul mercato devono trasmettere ai datori di
lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti chimici pericolosi prodotti
o forniti secondo quanto stabilito dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
Art. 228.
Divieti
1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego degli agenti
chimici sul lavoro e le attivita' indicate all'allegato XL.
2. Il divieto non si applica se un agente e' presente in un preparato, o quale
componente di rifiuti, purche' la concentrazione individuale sia inferiore al
limite indicato nell'allegato stesso.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere effettuate, previa
autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del comma 5, le seguenti attivita':
a) attivita' a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi
comprese le analisi;
b) attivita' volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto
forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come intermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo, nei casi di cui al
comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione dei lavoratori,
stabilendo che la produzione e l'uso piu' rapido
possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal
quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria per il
controllo del processo o per la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attivita' di cui al comma 3
deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale che la rilascia sentito il Ministero della salute e la
regione interessata. La richiesta di autorizzazione e'
corredata dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attivita' e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per prevenire
l'esposizione dei lavoratori.
Art. 229.
Sorveglianza sanitaria
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 224, comma 2, sono
sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 i lavoratori
esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri
per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti,
corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni
di categoria 3.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta l'esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' diversa decisa
dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di
valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei
lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della
sorveglianza sanitaria;
c) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale occasione il
medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative
alle prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio biologico e' obbligatorio per i lavoratori esposti agli
agenti per i quali e' stato fissato un valore limite biologico. Dei risultati
di tale monitoraggio viene informato il lavoratore
interessato. I risultati di tale monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e
comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il lavoratore.
5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico competente, adotta misure
preventive e protettive particolari per i singoli lavoratori sulla base delle
risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misure possono
comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo
42.
6. Nel caso in cui all'atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi,
in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad uno
stesso agente, l'esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute imputabili
a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il medico
competente informa individualmente i lavoratori interessati ed il datore di
lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma
dell'articolo 223;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i
rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione delle misure
necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinche' sia effettuata una visita medica straordinaria
per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un'esposizione simile.
8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e
periodicita' della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli definiti
dal medico competente.
Art. 230.
Cartelle sanitarie e di rischio
1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo
229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al
lavoratore interessato tutte le informazioni previste dalle lettere g) ed h)
del comma 1 del medesimo articolo. Nella cartella di rischio sono, tra l'altro,
indicati i livelli di esposizione professionale individuali forniti dal
Servizio di prevenzione e protezione.
2. Su richiesta, e' fornita agli organi di vigilanza
copia dei documenti di cui al comma 1.
Art. 231.
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei loro
rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 50.
Art. 232.
Adeguamenti normativi
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
salute, d'intesa con
2. Con uno o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute d'intesa con
3. Con i decreti di cui al comma 2 e' inoltre determinato il rischio basso per
la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo
224, comma
4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno o piu'
decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute,
d'intesa con
Capo II
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 233.
Campo di applicazione
1. Fatto
salvo quanto previsto per le attivita' disciplinate dal capo III e per i
lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste dal trattato che
istituisce
Art. 234.
Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali
categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3
febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui
al numero 1), quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze
risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la
classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato XLII, nonche'
una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato
XLII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle
categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al punto 1), quando la
concentrazione di una o piu' delle singole sostanze risponde ai requisiti
relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato
nelle categorie mutagene 1 o
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione
media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno
nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in
relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato
XLIII.
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 235.
Sostituzione e riduzione
1. Il
datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o
mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente
possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle
condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo
o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non e' tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno
il datore di lavoro provvede affinche' la produzione o l'utilizzazione
dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purche'
tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non e' tecnicamente possibile il datore
di lavoro provvede affinche' il livello di esposizione dei lavoratori sia
ridotto al piu' basso valore tecnicamente possibile. L'esposizione non deve
comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.
Art. 236.
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235,
il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti
cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di
cui all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle
lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di
agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro
concentrazione, della capacita' degli stessi di penetrare nell'organismo per le
diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione
e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma
polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne
impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili
modi di esposizione, compreso quello in cui vi e' assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al
comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente capo,
adattandole alle particolarita' delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione
dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma
5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attivita' lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati
cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all'allegato XLII, con
l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti
ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurita' o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di
protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e
le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma
6. Il rappresentante per la sicurezza puo' richiedere
i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50,
comma 6.
Art. 237.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie
operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o
mutageni non superiori alle necessita' delle lavorazioni e che gli agenti
cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma
fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo
di lavoro in quantitativi superiori alle necessita' predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono
essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni
in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di
sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed accessibili soltanto ai
lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con
la loro funzione. In dette aree e' fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi e'
emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se cio' non e'
tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve
avvenire il piu' vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione
localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1,
lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato
sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare
l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente
le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente,
con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni
dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature
e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni
elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati,
trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento
degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni,
avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori
ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente,
misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali
l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi
particolarmente elevati.
Art. 238.
Misure tecniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed
adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da
riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinche' i dispositivi di protezione individuale siano custoditi
in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione,
provvedendo altresi' a far riparare o sostituire quelli difettosi o
deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1,
lettera b), e' vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi
destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art. 239.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base
delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro
dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i
rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessita' di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e
dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per
ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che
i lavoratori siano adibiti alle attivita' in questione e vengono
ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul
grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinche' gli impianti, i contenitori,
gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in
maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le
altre indicazioni devono essere conformi al disposto dei decreti legislativi 3
febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.
Art. 240.
Esposizione non prevedibile
1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che possono
comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeni o
mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per
identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il
rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui
possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad
altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e
dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal
datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non puo'
essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, e' limitata al tempo
strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo di vigilanza il
verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando analiticamente le misure
adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o
pericolose.
Art. 241.
Operazioni lavorative particolari
1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per
le quali e' prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di
prevenzione tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei lavoratori
addetti ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche
provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla
loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione
individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette
operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti e' in ogni
caso ridotta al tempo strettamente necessario con riferimento alle lavorazioni
da espletare.
Sezione III
Sorveglianza sanitaria
Art. 242.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I
lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure
preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze
degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del
lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in
modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia
imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di
lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformita' all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione
dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo
all'oppor-tunita' di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la
cessazione dell'attivita' lavorativa.
Art. 243.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel
quale e' riportata, per ciascuno di essi, l'attivita'
svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore
dell'esposizione a tale agente. Detto registro e' istituito ed aggiornato dal
datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il
responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza
hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 242,
provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo
quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su
richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di
rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia
all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la
cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle
annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al
lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attivita' dell'azienda, il datore di lavoro
consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio
all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno
fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni
dalla cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle
sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto
professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti
cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di
vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque
ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanita' copia del registro
di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna copia del registro
di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato
attivita' con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede
all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il
lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalita' di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e
di rischio sono determinati dal decreto del Ministro della salute 12 luglio
2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso Ministro, adottato di
concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il
Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione,
sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute dati di sintesi
relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende
disponibili alle regioni.
Note all'art. 243:
- Per il testo del decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda nota all'art.
1.
- Il testo del decreto ministeriale 12 luglio 2007, n. 155 (Regolamento
attuativo dell'art. 70, comma 9, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626. Registri e cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante il lavoro ad
agenti cancerogeni), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2007,
n. 217.
Art. 244.
Registrazione dei tumori
1. L'ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi regionali (COR)
e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, realizza sistemi di
monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti chimici
cancerogeni e dei danni alla salute che ne conseguono, anche in applicazione di
direttive e regolamenti comunitari. A tale scopo raccoglie, registra, elabora
ed analizza i dati, anche a carattere nominativo, derivanti dai flussi
informativi di cui all'articolo 8 e dai sistemi di registrazione delle
esposizioni occupazionali e delle patologie comunque attivi sul territorio
nazionale, nonche' i dati di carattere occupazionale rilevati, nell'ambito
delle rispettive attivita' istituzionali, dall'Istituto nazionale della
previdenza sociale, dall'Istituto nazionale di statistica, dall'Istituto
nazionale contro gli infortuni sul lavoro, e da altre amministrazioni
pubbliche. I sistemi di monitoraggio di cui al presente comma altresi' integrano i flussi informativi di cui all'articolo
8.
2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonche' gli istituti
previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che identificano casi di
neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni lavorative ad agenti
cancerogeni, ne danno segnalazione all'ISPESL, tramite i Centri operativi
regionali (COR) di cui al comma 1, trasmettendo le informazioni di cui al
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che
regola le modalita' di tenuta del registro, di raccolta e trasmissione delle
informazioni.
3. Presso l'ISPESL e' costituito il registro nazionale dei casi di neoplasia di
sospetta origine professionale, con sezioni rispettivamente dedicate:
a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro nazionale dei
mesoteliomi (ReNaM);
b) ai casi di neoplasie delle cavita' nasali e dei seni paranasali, sotto la
denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e sinusali (ReNaTuNS);
c) ai casi di neoplasie a piu' bassa frazione eziologia riguardo alle quali,
tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed analisi dei dati di cui al
comma 1, siano stati identificati cluster di casi possibilmente rilevanti ovvero
eccessi di incidenza ovvero di mortalita' di possibile significativita'
epidemiologica in rapporto a rischi occupazionali.
4. L'ISPESL rende disponibili al Ministero della salute, al Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, all'INAIL ed alle regioni e province
autonome i risultati del monitoraggio con periodicita' annuale.
5. I contenuti, le modalita' di tenuta, raccolta e trasmissione delle
informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di monitoraggio di cui
ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero della salute, d'intesa con le
regioni e province autonome.
Nota all'art. 244:
- Il testo del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre
2002, n. 308 (Regolamento per la determinazione del modello e delle modalita' di
tenuta del registro dei casi di mesotelioma asbesto correlati ai sensi
dell'art. 36, comma 3, del decreto legislativo n. 277 del 1991), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 7 febbraio 2003, n. 31.
Art. 245.
Adeguamenti normativi
1.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
salute, sentita la commissione consultiva permanente e
a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione del progresso tecnico,
dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle
conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) e' pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione
effettuata ai sensi del comma 1.
Nota all'art. 245:
- Per il testo del decreto legislativo n. 52 del 1997, si veda nota all'art.
222.
Capo III
Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 246.
Campo di applicazione
1. Fermo
restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, le norme del
presente decreto si applicano alle rimanenti attivita' lavorative
che possono comportare, per i lavoratori, il rischio di esposizione ad amianto,
quali manutenzione, rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto,
smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonche' bonifica delle aree
interessate.
Nota all'art. 246:
- Il testo della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione
dell'impiego dell'amianto), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 aprile
1992, n. 87, supplemento ordinario.
Art. 247.
Definizioni
l. Ai fini del presente capo il termine amianto designa i seguenti silicati
fibrosi:
a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6.
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 248.
Individuazione della presenza di amianto
1. Prima
di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro
adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura
necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto
d'amianto.
2. Se vi e' il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una
costruzione, si applicano le disposizioni previste dal presente capo.
Art. 249.
Valutazione del rischio
l. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta i
rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali contenenti
amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell'esposizione e le misure
preventive e protettive da attuare.
2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensita' e a condizione che
risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui al comma 1 che il
valore limite di esposizione all'amianto non e' superato nell'aria
dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 250, 259 e 260, comma 1,
nelle seguenti attivita':
a) brevi attivita' non continuative di manutenzione durante le
quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di
amianto sono fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano
in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei campioni ai fini
dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si
verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo
dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai
materiali contenenti amianto.
4.
Art. 250.
Notifica
1. Prima dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 246, il datore di
lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente per territorio.
2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una
descrizione sintetica dei seguenti elementi:
a) ubicazione del cantiere;
b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
c) attivita' e procedimenti applicati;
d) numero di lavoratori interessati;
e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
f) misure adottate per limitare l'esposizione dei lavoratori all'amianto.
3. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro rappresentanti
abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione oggetto della notifica di cui
ai commi l e 2.
4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle condizioni di lavoro
possa comportare un aumento significativo dell'esposizione alla polvere
proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto, effettua una nuova
notifica.
Art. 251.
Misure di prevenzione e protezione
1. In tutte le attivita' di cui all'articolo
a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere
proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato
al numero piu' basso possibile;
b) i lavoratori esposti devono sempre utilizzare dispositivi di protezione
individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo
adeguato alla concentrazione di amianto nell'aria e tale da garantire
all'utilizzatore in ogni caso che l'aria filtrata presente all'interno del DPI
sia non superiore ad un decimo del valore limite indicato all'articolo 254;
c) l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo di riposo adeguati
all'impegno fisico richiesto dal lavoro, l'accesso alle aree di riposo deve
essere preceduto da idonea decontaminazione di cui all'articolo 256, comma 4,
lettera d);
d) per la protezione dei lavoratori addetti alle lavorazioni previste
dall'articolo 249, comma 3, si applica quanto previsto al comma 1, lettera b),
del presente articolo;
e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da evitare di
produrre polvere di amianto o, se cio' non e' possibile, da evitare emissione
di polvere di amianto nell'aria;
f) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell'amianto devono
poter essere sottoposti a regolare pulizia e manutenzione;
g) l'amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono
amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi;
h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il piu'
presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sara' apposta un'etichettatura
indicante che contengono amianto. Detti rifiuti devono essere successivamente
trattati in conformita' alla vigente normativa in materia di rifiuti
pericolosi.
Art. 252.
Misure igieniche
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 249, comma
2, per tutte le attivita' di cui all'articolo 246, il datore di lavoro adotta
le misure appropriate affinche':
a) i luoghi in cui si svolgono tali attivita' siano:
1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi cartelli;
2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano accedere a motivo
del loro lavoro o della loro funzione;
3) oggetto del divieto di fumare;
b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare e
bere senza rischio di contaminazione da polvere di amianto;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti di lavoro o
adeguati dispositivi di protezione individuale;
d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino all'interno dell'impresa.
Essi possono essere trasportati all'esterno solo per il lavaggio in lavanderie
attrezzate per questo tipo di operazioni, in contenitori chiusi, qualora
l'impresa stessa non vi provveda o in caso di utilizzazione di indumenti
monouso per lo smaltimento secondo le vigenti disposizioni;
e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo separato da
quello destinato agli abiti civili;
f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati, provvisti di
docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
g) l'equipaggiamento protettivo sia custodito in locali a
tale scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione:
siano prese misure per riparare o sostituire l'equipaggiamento difettoso o
deteriorato prima di ogni utilizzazione.
Art. 253.
Controllo dell'esposizione
1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite fissato all'articolo
254 e in funzione dei risultati della valutazione iniziale dei rischi, il
datore di lavoro effettua periodicamente la misurazione della concentrazione di
fibre di amianto nell'aria del luogo di lavoro tranne nei casi in cui ricorrano le condizioni previste dal comma 2 dell'articolo
249. I risultati delle misure sono riportati nel documento di valutazione dei
rischi.
2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell'esposizione personale del
lavoratore alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti
amianto.
3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei lavoratori ovvero
dei loro rappresentanti.
4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in possesso di
idonee qualifiche nell'ambito del servizio di cui
all'articolo 31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati ai
sensi del decreto del Ministro della sanita' in data 14 maggio 1996, pubblicato
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.
178 del 25 ottobre 1996.
5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire di stabilire
un'esposizione rappresentativa, per un periodo di riferimento di otto ore
tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.
6. Il conteggio delle fibre di amianto e' effettuato di preferenza tramite
microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo raccomandato
dall'Organizzazione mondiale della sanita' (OMS) nel 1997 o qualsiasi altro
metodo che offra risultati equivalenti.
7. Ai fini della misurazione dell'amianto nell'aria, di cui al comma l, si
prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano una lunghezza
superiore a cinque micrometri e una larghezza inferiore a tre micrometri e il
cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3:1.
Art. 254.
Valore limite
1. Il valore limite di esposizione per l'amianto e' fissato a 0,1 fibre per
centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento
di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinche' nessun lavoratore sia
esposto a una concentrazione di amianto nell'aria superiore al valore limite.
2. Quando il valore limite fissato al comma l viene
superato, il datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il
piu' presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il
lavoro puo' proseguire nella zona interessata solo se
vengono prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
3. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 2, il datore di
lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione della concentrazione
di fibre di amianto nell'aria.
4. In ogni caso, se l'esposizione non puo' essere ridotta con altri mezzi e'
necessario l'uso di un dispositivo di protezione individuale delle vie
respiratorie con fattore di protezione operativo tale da garantire tutte le
condizioni previste dall'articolo 251, comma 1, lettera b); l'utilizzo dei DPI
deve essere intervallato da periodi di riposo adeguati all'impegno fisico richiesto
dal lavoro; l'accesso alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea
decontaminazione di cui all'articolo 256, comma 4, lettera d).
5. Nell'ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa consultazione
con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i periodi di riposo
necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle condizioni climatiche.
Art. 255.
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante
l'adozione di misure tecniche preventive per limitare la concentrazione di
amianto nell'aria, e' prevedibile che questa superi il
valore limite di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta adeguate
misure per la protezione dei lavoratori addetti, ed in particolare:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione delle vie
respiratorie e altri dispositivi di protezione individuali tali da garantire le
condizioni previste dall'articolo 251, comma 1, lettera b);
b) provvede all'affissione di cartelli per segnalare che si prevede il
superamento del valore limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della polvere al di
fuori dei locali o luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui all'articolo 46 sulle
misure da adottare prima di procedere a tali attivita'.
Art. 256.
Lavori di demolizione o rimozione dell'amianto
1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto possono essere
effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all'articolo 30, comma
4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di demolizione o di
rimozione dell'amianto o di materiali contenenti amianto da edifici, strutture,
apparecchi e impianti, nonche' dai mezzi di trasporto, predispone un piano di
lavoro.
3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per garantire la
sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e la protezione
dell'ambiente esterno.
4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui seguenti
punti:
a) rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto prima
dell'applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione non
possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato
dal fatto che l'amianto o i materiali contenenti amianto vengano
lasciati sul posto;
b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di protezione individuale;
c) verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione all'amianto sul luogo
di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale
incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo
smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori limite di
cui all'articolo 254, delle misure di cui all'articolo 255, adattandole alle
particolari esigenze del lavoro specifico;
g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell'amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si intendono utilizzare
per attuare quanto previsto dalle lettere d) ed e).
5. Copia del piano di lavoro e' inviata all'organo di vigilanza, almeno 30
giorni prima dell'inizio dei lavori.
6. L'invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli adempimenti
di cui all'articolo 50.
7. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro rappresentanti
abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4.
Nota all'art. 256:
- Il testo dell'art. 30, comma 4 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22
(Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE
sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui
rifiuti di imballaggio), e' il seguente:
«Art. 30 (Imprese sottoposte ad iscrizione). -
1.-3. (Omissis).
4. Le imprese che svolgono attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti non
pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti
pericolosi, esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano la
quantita' di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno
effettuati dal produttore degli stessi rifiuti, nonche' le imprese che
intendono effettuare attivita' di bonifica dei siti, di bonifica dei beni
contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti, di gestione di
impianti di smaltimento e di recupero di titolarita' di terzi, e di gestione di
impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, devono essere iscritte
all'Albo. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e sostituisce
l'autorizzazione all'esercizio delle attivita' di raccolta, di trasporto, di
commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attivita' l'iscrizione
abilita alla gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato ai
sensi del presente decreto.».
Art. 257.
Informazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti ad
attivita' comportanti esposizione ad amianto, nonche' ai loro rappresentanti,
informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto
o dai materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessita' di
non fumare;
c) le modalita' di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei
dispositivi di protezione individuale;
d) le misure di precauzione particolari da prendere nel ridurre al minimo
l'esposizione;
e) l'esistenza del valore limite di cui all'articolo 254 e la necessita' del
monitoraggio ambientale.
2. Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai risultati delle misurazioni
della concentrazione di amianto nell'aria emergano valori superiori al valore
limite fissato dall'articolo 254, il datore di lavoro informa il piu' presto
possibile i lavoratori interessati e i loro rappresentanti del superamento e
delle cause dello stesso e li consulta sulle misure da adottare o, nel caso in
cui ragioni di urgenza non rendano possibile la consultazione preventiva, il
datore di lavoro informa tempestivamente i lavoratori interessati e i loro
rappresentanti delle misure adottate.
Art. 258.
Formazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo
37, il datore di lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o
potenzialmente esposti a polveri contenenti amianto ricevano una formazione
sufficiente ed adeguata, ad intervalli regolari.
2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i
lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e le competenze
necessarie in materia di prevenzione e di sicurezza, in particolare per quanto
riguarda:
a) le proprieta' dell'amianto e i suoi effetti sulla salute, incluso l'effetto
sinergico del tabagismo;
b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;
c) le operazioni che possono comportare un'esposizione all'amianto e
l'importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo tale esposizione;
d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature di protezione;
e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta utilizzazione
dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f) le procedure di emergenza;
g) le procedure di decontaminazione;
h) l'eliminazione dei rifiuti;
i) la necessita' della sorveglianza medica.
3. Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento dell'amianto e alla
bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano frequentato i corsi di
formazione professionale di cui all'articolo 10, comma 2, lettera h), della
legge 27 marzo 1992, n. 257.
Nota all'art. 258:
- Il testo dell'art. 10, comma 2, lettera h), della citata legge n. 257 del 1992,
e' il seguente:
«Art. 10 (Piani regionali e delle province autonome). -
1. (Omissis).
2. I piani di cui al comma 1 prevedono tra l'altro:
(omissis);
h) la predisposizione di specifici corsi di formazione professionale e il
rilascio di titoli di abilitazione per gli addetti alle attivita' di rimozione
e di smaltimento dell'amianto e di bonifica delle aree interessate, che e'
condizionato alla frequenza di tali corsi;».
Art. 259.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori addetti alle opere di manutenzione, rimozione dell'amianto
o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi
rifiuti, nonche' bonifica delle aree interessate cui
all'articolo 246, prima di essere adibiti allo svolgimento dei suddetti lavori
e periodicamente, almeno una volta ogni tre anni, o con periodicita' fissata
dal medico competente, sono sottoposti ad un controllo sanitario volto a
verificare la possibilita' di indossare dispositivi di protezione respiratoria
durante il lavoro.
2. I lavoratori che durante la loro attivita' sono stati iscritti anche una
sola volta nel registro degli esposti di cui all'articolo 243, comma 1, sono
sottoposti ad una visita medica all'atto della cessazione del rapporto di
lavoro; in tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le
indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare ed all'opportunita'
di sottoporsi a successivi accertamenti sanitari.
3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi individuale,
l'esame clinico generale ed in particolare del torace, nonche' esami della
funzione respiratoria.
4. Il medico competente, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze
scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta l'opportunita' di
effettuare altri esami quali la citologia dell'espettorato, l'esame
radiografico del torace o la tomodensitometria.
Art. 260.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio
1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all'articolo 246, che
nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre nell'ambiente e
l'uso di idonei DPI, nella valutazione dell'esposizione accerta che
l'esposizione e' stata superiore a quella prevista dall'articolo
251, comma 1, lettera b), e qualora si siano trovati nelle condizioni di
cui all'articolo 240, li iscrive nel registro di cui all'articolo 243, comma 1,
e ne invia copia agli organi di vigilanza ed all'ISPESL. L'iscrizione nel
registro deve intendersi come temporanea dovendosi perseguire l'obiettivo della
non permanente condizione di esposizione superiore a quanto indicato
all'articolo 251, comma 1, lettera b).
2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli
organi di vigilanza e all'ISPESL copia dei documenti di cui al comma l.
3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, trasmette
all'ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato,
unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1.
4. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per un periodo di
quaranta anni dalla cessazione dell'esposizione.
Art. 261.
Mesoteliomi
1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano applicazione le disposizioni
contenute nell'articolo 244, comma 3.
Capo IV
Sanzioni
Art. 262.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da
Art. 263.
Sanzioni per il preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
Art. 264.
Sanzioni per il medico competente
1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da
Art. 265.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a quindici giorni o con
l'ammenda da
Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art. 266.
Campo di applicazione
1. Le
norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita' lavorative nelle
quali vi e' rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme
comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
Art. 267.
Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo s'intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato,
coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni,
allergie o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entita' microbiologica, cellulare o meno, in grado
di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate
da organismi pluricellulari.
Art. 268.
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilita' di
causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che puo' causare malattie in
soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; e' poco probabile che
si propaga nella comunita'; sono di norma disponibili efficaci misure
profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che puo' causare malattie gravi in
soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente
biologico puo' propagarsi nella comunita', ma di norma sono disponibili
efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che puo' provocare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i
lavoratori e puo' presentare un elevato rischio di propagazione nella
comunita'; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o
terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non puo'
essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati,
esso va classificato nel gruppo di rischio piu' elevato tra le due
possibilita'.
3. L'allegato XLVI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei
gruppi 2, 3 e 4.
Art. 269.
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attivita' che comportano uso
di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente
competente le seguenti informazioni, almeno trenta giorni prima dell'inizio dei
lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'articolo 271, comma 5.
2. Il datore di lavoro che e' stato autorizzato all'esercizio di attivita' che
comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4
e' tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione
significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni
qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di
lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al
comma 1.
5. Ove le attivita' di cui al comma 1 comportano la presenza di microrganismi
geneticamente modificati, ai quali si applicano i livelli di contenimento 2, 3
e 4 individuati all'allegato IV del decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206,
il documento di cui al comma 1, lettera b), e'
sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie
dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla
comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici
del gruppo 4.
Nota all'art. 269:
- Il testo dell'allegato IV del decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206
(Attuazione della direttiva 98/81/CE che modifica la direttiva 90/219/CE,
concernente l'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1° giugno 2001, n. 126, supplemento
ordinario.
Art. 270.
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria
attivita', un agente biologico del gruppo 4 deve
munirsi di autorizzazione del Ministero della salute.
2. La richiesta di autorizzazione e' corredata da:
a) le informazioni di cui all'articolo 269, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione e' rilasciata dai competenti uffici del Ministero della
salute sentito il parere dell'Istituto superiore di sanita'. Essa ha la durata
di 5 anni ed e' rinnovabile.
L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per l'autorizzazione
ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1
informa il Ministero della salute di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonche' di ogni avvenuta cessazione
di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli
adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della salute comunica all'organo di vigilanza competente per
territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute
nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della salute
istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei
quali e' stata comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art.
271.
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui
all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili
relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalita'
lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono
presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XLVI
o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base
delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'articolo 268,
commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale e' affetto un lavoratore, che
e' da porre in correlazione diretta all'attivita' lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorita' sanitaria
competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed
adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di
cui al presente titolo, adattandole alle particolarita' delle situazioni
lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma
4. Nelle attivita', quali quelle riportate a titolo esemplificativo
nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di
operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei
lavoratori agli stessi, il datore di lavoro puo' prescindere
dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e
2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che
l'attuazione di tali
misure non e' necessaria.
5. Il documento di cui all'articolo 17 e' integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione
ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalita' del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonche' le misure preventive e
protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi
di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di
un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza e' consultato prima dell'effettuazione
della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma
5.
Art. 272.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attivita' per le quali la valutazione di
cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il
datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per
evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attivita'
lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio
di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione
individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione
accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di
lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato XLV, e
altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di
origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del
contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo
smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di
contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento
dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di
sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Art. 273.
Misure igieniche
1. In tutte le attivita' nelle quali la valutazione di cui all'articolo 271
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura
che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con
acqua calda e fredda, nonche', se del caso, di lavaggi oculari e antisettici
per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti
idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e
puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresi' a far riparare o
sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da
agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore
lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti,
disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.
2. Nelle aree di lavoro in cui c'e' rischio di esposizione e' vietato assumere
cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare
pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art. 274.
Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di
valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza
di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi
campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo
di attivita' svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e
provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare,
decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunita', i
materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o
potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4,
le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di
infezione sono indicate nell'allegato XLVII.
Art. 275.
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVI, punto 6,
nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento,
se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se
l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento,
se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione
da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da
esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta
misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della salute,
sentito l'Istituto superiore di sanita', puo' individuare misure di
contenimento piu' elevate.
Art. 276.
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVII, punto
6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2,
3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle
elencate nell'allegato XLVIII, tenendo anche conto dei criteri di cui
all'articolo 275.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso puo' far sorgere un rischio grave per la salute dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle
del terzo livello di contenimento.
Art. 277.
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione
nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i
lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono
accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di
usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al piu' presto l'organo di vigilanza
territorialmente competente, nonche' i lavoratori ed il rappresentante per la
sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure che
intende adottare, o che ha gia' adottato, per porre rimedio alla situazione
creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o
al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti
biologici.
Art. 278.
Informazioni e formazione
1. Nelle attivita' per le quali la valutazione di cui
all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili,
informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di
protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo
4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per
ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che
i lavoratori siano adibiti alle attivita' in questione, e ripetute, con
frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui
sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.
Capo III
Sorveglianza sanitaria
Art. 279.
Prevenzione e controllo
1. I
lavoratori addetti alle attivita' per le quali la
valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti
alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure
protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi
sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le
quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono
gia' immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a
cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure
dell'articolo 42.
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in
modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua
una nuova valutazione del rischio in conformita' all'articolo 271.
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul
controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessita' di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita' che comporta
rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato
XLVI nonche' sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non
vaccinazione.
Art. 280.
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attivita' comportanti uso di agenti del gruppo 3
ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attivita' svolta, l'agente utilizzato e gli
eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e
ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a
detto registro. 3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di
sanita', all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e
all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno
richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e
all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di
lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1, fornendo al contempo l'aggiornamento
dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle
sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna all'Istituto
superiore di sanita' e all'organo di vigilanza competente per territorio copia
del registro di cui al comma 1 ed all'Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonche' le cartelle sanitarie
e di
rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attivita' che
comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL copia
delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonche'
copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella
cartella sanitaria e di rischio, ed al rappresentante per la sicurezza i dati
collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a
risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla
cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti
per i quali e' noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che
danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che
possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo e' di quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi e' custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalita' di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle
cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della
salute e del lavoro e della previdenza sociale sentita
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute
dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
Art. 281.
Registro dei casi di malattia e di decesso
1.
Presso l'ISPESL e' tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso
dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonche' le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano
i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL
copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e della previdenza
sociale, sentita
4. Il Ministero della salute fornisce alla Commissione CE, su
richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di cui al
comma 1.
Capo IV
Sanzioni
Art. 282.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti
1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
Art. 283.
Sanzioni a carico dei preposti
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita'
alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo
19:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279, commi 1 e 2.
Art. 284.
Sanzioni a carico del medico competente
1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino a due mesi o
con l'ammenda da euro
Art. 285.
Sanzioni a carico dei lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da euro
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da euro
Art. 286.
Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti
1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 273, comma 2, e'
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
Titolo XI
PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
Capo I
Disposizioni generali
Art. 287.
Campo di applicazione
1. Il
presente titolo prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della
salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere
esplosive come definite all'articolo 288.
2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove e'
presente un'area con atmosfere esplosive, oppure e' prevedibile, sulla base di
indagini geologiche, che tale area si possa formare
nell'ambiente.
3. Il presente titolo non si applica:
a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel
corso di esse;
b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;
c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio ed al
trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;
d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto legislativo 25
novembre 1996, n. 624;
e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per
i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i
quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno
(ADNR), l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci
pericolose per vie navigabili interne (ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione
civile internazionale (ICAO), l'Organizzazione marittima internazionale (IMO),
nonche' la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente
titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera
potenzialmente esplosiva.
Note all'art. 287:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661
(Regolamento per l'attuazione della direttiva 90/396/CEE
concernente gli apparecchi a gas), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27
dicembre 1996, n. 302, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624 (Attuazione della
direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle
industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa
alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo
aperto o sotterranee), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 1996,
n. 293, supplemento ordinario.
Art. 288.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo, si intende per: «atmosfera esplosiva» una
miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo
stato di gas, vapori, nebbie o polveri.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 289.
Prevenzione e protezione contro le esplosioni
1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni,
sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela di
cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e
organizzative adeguate alla natura dell'attivita'; in particolare il datore di
lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive.
2. Se la natura dell'attivita' non consente di prevenire la formazione di
atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo da garantire
la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e integrate
con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate
periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti
rilevanti.
Art. 290.
Valutazione dei rischi di esplosione
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti
dall'articolo 17, comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici
derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilita' e durata della presenza di atmosfere esplosive;
b) probabilita' che le fonti di accensione, comprese le scariche
elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro
possibili interazioni;
d) entita' degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessi-vamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i
luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli
in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
Art. 291.
Obblighi generali
1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori,
e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i
provvedimenti necessari affinche':
a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita' tale da mettere in
pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri, gli ambienti di
lavoro siano strutturati in modo da permettere di svolgere il lavoro in
condizioni di sicurezza;
b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere esplosive in
quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori,
sia garantito un adeguato controllo durante la presenza dei lavoratori, in
funzione della valutazione del rischio, mediante l'utilizzo di mezzi tecnici
adeguati.
Art. 292.
Coordinamento
1. Fermo restando quanto previsto dal Titolo IV per i cantieri temporanei e
mobili, qualora nello stesso luogo di lavoro operino lavoratori di piu' imprese, ciascun datore di lavoro e' responsabile per
le questioni soggette al suo controllo.
2. Fermo restando la responsabilita' individuale di ciascun datore di lavoro e
quanto previsto dall'articolo 26, il datore di lavoro che e' responsabile del
luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte le misure riguardanti la salute
e la sicurezza dei lavoratori e specifica nel documento sulla protezione contro
le esplosioni, di cui all'articolo
Art. 293.
Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato XLIX, le
aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato
L.
3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in
quantita' tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori
sono segnalate nei punti di accesso a norma dell'allegato LI.
Art. 294.
Documento sulla protezione contro le esplosioni
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo
290 il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un
documento, denominato: «documento sulla protezione contro le esplosioni».
2. Il documento di cui al comma
a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;
b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del presente
titolo;
c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui
all'allegato XLIX;
d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui
all'allegato L;
e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme,
sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la
sicurezza;
f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per
l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima dell'inizio del
lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o
l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti o
trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 e' parte integrante del documento di
valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.
Art. 295.
Termini per l'adeguamento
1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive, gia' utilizzate o a disposizione dell'impresa o dello
stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono soddisfare, a
decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui all'allegato L, parte A,
fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano.
2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere
esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la
prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare i requisiti minimi di cui
all'allegato L, parti A e B.
3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere
esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite dal presente
titolo.
Art. 296.
Verifiche
1. Il datore di lavoro provvede affinche' le installazioni elettriche nelle
aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi
dell'allegato XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV del
decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462.
Nota all'art. 296:
- Per il testo del decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 2001, si
veda nota all'art. 86.
Capo II
Sanzioni
Art. 297.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti
1. Il
datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l'arresto da tre a sei mesi o
con l'ammenda da euro
Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE
Art. 298.
Principio di specialita'
1.
Quando uno stesso fatto e' punito da una disposizione prevista dal titolo I e
da una o piu' disposizioni previste negli altri
titoli, si applica la disposizione speciale.
Art. 299.
Esercizio di fatto di poteri direttivi
1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo
2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresi' su colui il quale,
pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici
riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.
Art. 300.
Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
1. L'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e'
sostituito dal seguente:
«Art. 25-septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con
violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro). -
2. Salvo quanto previsto dal comma
3. In relazione al delitto di cui all'articolo 590,
terzo comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla
tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria
in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui
al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo
9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.».
Nota all'art. 300:
- Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001, si veda nota alle
premesse.
- Per il testo dell'art. 589 del codice penale, si veda nota all'art. 2.
Art. 301.
Applicabilita' delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti del
decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758
1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro
previste dal presente decreto nonche' da altre disposizioni aventi forza di
legge, per le quali sia prevista la pena alternativa
dell'arresto o dell'ammenda, si applicano le disposizioni in materia di
prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del
decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.
Nota all'art. 301:
- Il testo degli articoli da
«Art. 20 (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione
accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia
giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al
contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un
termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Tale termine
e' prorogabile a richiesta del contravventore, per la particolare complessita'
o per l'oggettiva difficolta' dell'adempimento. In nessun caso esso puo'
superare i sei mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al
contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei
mesi puo' essere prorogato per una sola volta, a
richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi,
con provvedimento motivato che e' comunicato immediatamente al pubblico
ministero.
2. Copia della prescrizione e' notificata o comunicata anche al rappresentante
legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza puo' imporre specifiche misure
atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori
durante il lavoro.
4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico
ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art.
347 del codice di procedura penale.».
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non oltre sessanta giorni
dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza
verifica se la violazione e' stata eliminata secondo
le modalita' e nel termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza
ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di
trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine
fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al pubblico
ministero l'adempimento alla prescrizione, nonche' l'eventuale pagamento della
predetta somma.
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ne da' comunicazione al pubblico ministero e al
contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella
prescrizione.».
«Art. 22 (Notizie di reato non pervenute dall'organo di vigilanza). - 1. Se il
pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa
ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico
servizio diversi dall'organo di vigilanza, ne da' immediata comunicazione
all'organo di vigilanza per le determinazioni inerenti alla prescrizione che si
renda necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione.
2. Nel caso previsto dal comma
«Art. 23 (Sospensione del procedimento penale). - 1. Il procedimento per la
contravvenzione e' sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato
nel registro di cui all'art. 335 del codice di procedura penale fino al momento
in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21,
commi 2 e 3.
2. Nel caso previsto dall'art. 22, comma 1, il procedimento riprende il suo corso quando l'organo di vigilanza informa il pubblico
ministero che non ritiene di dover impartire una prescrizione, e comunque alla
scadenza del termine di cui all'art. 22, comma 2, se l'organo di vigilanza
omette di informare il pubblico ministero delle proprie determinazioni inerenti
alla prescrizione. Qualora nel predetto termine l'organo di
vigilanza informi il pubblico ministero d'aver impartito una
prescrizione, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato dal comma
1.
3. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione.
Non impedisce, inoltre, l'assunzione delle prove con incidente probatorio, ne' gli atti urgenti di indagine preliminare, ne' il
sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di
procedura penale.».
«Art. 24 (Estinzione del reato). - 1. La contravvenzione si estingue se il
contravventore adempie alla prescrizione impartita
dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento
previsto dall'art. 21, comma 2.
2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la contravvenzione e'
estinta ai sensi del comma 1.
3. L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma
che comunque risulta congruo a norma dell'art. 20, comma 1, ovvero
l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con
modalita' diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutati ai
fini dell'applicazione dell'art. 162-bis del codice penale. In tal caso, la
somma da versare e' ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la
contravvenzione commessa.».
Art. 302.
Definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell'arresto
1. Per le contravvenzioni previste dal presente decreto e punite con la
sola pena dell'arresto il giudice applica, in luogo dell'arresto, la pena
dell'ammenda in misura comunque non inferiore a 8.000 euro e non superiore a
24.000 euro, se entro la conclusione del giudizio di primo grado, risultano
eliminate tutte le irregolarita', le fonti di rischio e le eventuali
conseguenze dannose del reato.
2. La sostituzione di cui al comma 1 non e' in ogni caso
consentita:
a) quando la violazione abbia avuto un contributo causale nel verificarsi di un
infortunio sul lavoro;
b) quando il fatto e' stato commesso da soggetto che abbia gia' riportato
condanna definitiva per la violazione di norme relative alla prevenzione degli
infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di cui agli articoli 589 e 590 del
codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione delle norme relative
alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
3. Nell'ipotesi prevista al comma 1, il reato si estingue decorsi tre anni dal
passaggio in giudicato della sentenza senza che l'imputato abbia commesso
ulteriori reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero quelli di
cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione
delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In questo caso si estingue ogni effetto penale della condanna.
Nota all'art. 302:
- Per il testo dell'art. 589 del codice penale si veda nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 590 del codice penale e' il seguente:
«Art. 590 (Lesioni personali colpose). - Chiunque cagiona ad
altri per colpa una lesione personale e' punito con la reclusione fino a tre
mesi o con la multa fino a euro 309.
Se la lesione e' grave la pena e' della reclusione da uno a sei mesi o della
multa da euro
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da
tre mesi a un anno o della multa da euro
Nel caso di lesioni di piu' persone si applica la pena
che dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni commesse, aumentata
fino al triplo; ma la pena della reclusione non puo' superare gli anni cinque.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti
nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene
del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.».
Art. 303.
Circostanza attenuante
1. La pena per i reati previsti dal presente decreto e puniti con la pena
dell'arresto, anche in via alternativa, e' ridotta fino ad un terzo per il
contravventore che, entro i termini di cui all'articolo 491 del codice di
procedura penale, si adopera concretamente per la rimozione delle irregolarita'
riscontrate dagli organi di vigilanza e delle eventuali conseguenze dannose del
reato.
2. La riduzione di cui al comma 1 non si applica nei casi di definizione del
reato ai sensi dell'articolo 302.
Titolo XIII
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 304.
Abrogazioni
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, e
dall'articolo 306, comma 2, dalla data di entrata in vigore del presente
decreto legislativo sono abrogati:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, il
decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, il decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per
l'articolo 64, il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, il decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il decreto legislativo 14 agosto 1996,
n. 493, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo
19 agosto 2005, n. 187;
b) l'articolo 36-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
c) gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123;
d) ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella materia
disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con lo stesso.
2. Con uno o piu' decreti integrativi attuativi della delega prevista
dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123, si provvede
all'armonizzazione delle disposizioni del presente decreto con quelle contenute
in leggi o regolamenti che dispongono rinvii a norme del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre
disposizioni abrogate dal comma 1.
3. Fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2, laddove
disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a norme del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad
altre disposizioni abrogate dal comma 1, tali rinvii si intendono riferiti alle
corrispondenti norme del presente decreto legislativo.
Note all'art. 304:
- L'art. 64 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
- Per il testo dell'art. 1 della citata legge n. 123 del 2007, si veda nota
all'art. 1.
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 626 del 1994, si veda nota
alle premesse.
Art. 305.
Clausola finanziaria
1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 11,
commi 1 e 2, dall'esecuzione del presente decreto, ivi compreso quanto disposto
dagli articoli 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti
derivanti dal presente decreto attraverso una diversa allocazione delle
ordinarie risorse, umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione
alle medesime amministrazioni.
Art. 306.
Disposizioni finali
1. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 302, costituiscono integrazione di quelle contenute nel presente
decreto legislativo.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 28, nonche'
le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni
sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano efficaci decorsi
novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta
Ufficiale; fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni
previgenti.
3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore alla data
fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva
2004/40/CE; le disposizioni di cui al capo V del medesimo titolo VIII entrano
in vigore il 26 aprile 2010.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, sentita la commissione
consultiva permanente di cui all'articolo 6, si da' attuazione alle direttive
in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro dell'Unione
europea per le parti in cui le stesse modificano modalita' esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico previste dagli allegati al presente decreto,
nonche'da altre direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E'
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato Roma, addi' 9 aprile 2008
NAPOLITANO
Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Damiano, Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Turco, Ministro della salute
Di Pietro, Ministro delle infrastrutture
Bersani, Ministro dello sviluppo economico
Bonino, Ministro per le politiche europee
Scotti, Ministro della giustizia
De Castro, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
Amato, Ministro dell'interno
Parisi, Ministro della difesa
Fioroni, Ministro della pubblica istruzione
Ferrero, Ministro della solidarieta' sociale
Mussi, Ministro dell'universita' e della ricerca
Lanzillotta, Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali
Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Scotti
Note all'art. 306:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302
(Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di quelle generali
emanate con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1956, n. 105, supplemento
ordinario.
- Il testo dell'art. 13, primo comma, della citata direttiva 2004/40/CE, e' il
seguente:
«Art. 13 (Recepimento). - 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla
presente direttiva entro il 30 aprile 2008. Essi ne informano immediatamente
Quand